Agorà

Mostra del cinema. Venezia, premi cattolici al cinese «Behemoth» e a «Marguerite»

Luca Pellegrini domenica 13 settembre 2015
La Cina del lavoro e dello sfruttamento che stravolge uomo e natura; l’innocenza che vince l’ipocrisia parlando il linguaggio universale dell’amore; la terza età come momento di coesione sociale. Nei premi di ispirazione cattolica consegnati ieri alla Mostra del Cinema si guarda all’umanità: tre film che parlano con forza allo spettatore. La Giuria del “Premio Signis” ha deciso di assegnare il suo riconoscimento a un film cinese di potente visionarietà e impressionante costruzione cinematografica, Behemoth di Zhao Liang. «Un film secco e lucido – afferma il giurato Massimo Giraldi – che sta vicino alle sofferenze di un gruppo di lavoratori in una Mongolia sconosciuta, abbandonati a sé stessi. Un film di grandi contenuti, anche filosofici e non solo sociali, una denuncia forte rivolta contro quei governi che smembrano la natura. Doloroso assistere alle fasi del cambiamento forzato cui tutti, uomini e donne, sono sottoposti. Un film non ideologico, che sta dalla parte dell’essere umano. Abbiamo sentito l’eco dell’ultima Enciclica del Papa sulla bellezza del Creato e i pericoli che essa corre».  Il “Premio padre Nazareno Taddei”, istituito in memoria del gesuita studioso di cinema, è andato allo splendido Marguerite di Xavier Giannoli. «Sono molto felice per la scelta di questo film francese – precisa Anselma Dell’Olio, presidente della giuria –, un ritratto raffinato di una cantante stonata che è prima di tutto una donna generosissima, mai amareggiata, capace sempre di guardare il mondo con occhi innocenti, fino al punto di conquistare anche i cinici e quelli che la vorrebbero deridere. Una donna piena di amore».  Motiva la scelta della giuria del “Premio Civitas Vitae” – assegnato a un regista capace di veicolare un’immagine al di fuori degli schemi della longevità – Federico Pontiggia: «Abbiamo premiato Pecore in erba di Alberto Caviglia, di cui abbiamo apprezzato la fusione, la sincronia e la sinergia tra il mockumentary – un genere poco diffuso in Italia, ovvero il falso documentario – e il paradosso. Il protagonista è un antisemita quasi per elezione, che scompare. Viene costruito un falso documentario su questa falsa scomparsa che ci aiuta a capire quali siano i falsi problemi. Scopriamo che come gli ebrei non sono un problema per la società occidentale, così gli anziani non lo dovrebbero mai essere». Il “Premio Interfilm”, invece, assegnato dall’Associazione internazionale protestante cinema al film che meglio riesce a promuovere il dialogo interreligioso, è stato attribuito quest’anno all’iraniano Wednesday, May 9 di Vahid Jalilvand. La motivazione: «Con la sua supplica per la compassione, la carità e l’altruismo sullo sfondo della cultura islamica, quest’opera mostra l’universalità dei valori umani e incoraggia il dialogo interreligioso partendo dalle questioni etiche e non dogmatiche». Mentre a Non essere cattivo del compianto Claudio Caligari è andato il “Premio Gianni Astrei” dell’Associazione Fiuggi Family Festival, «un film vero e duro che racconta la periferia con uno sguardo pieno di rispetto senza compiacersi del male e senza abusare della tenerezza che una giovane vita, morente o nascente, può generare».