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Venezia. Il Leone d'oro va ad Almodóvar. Ma la vera sorpresa è "Vermiglio"

Alessandra De Luca sabato 7 settembre 2024

Pedro Almodóvar con il Leone d'Oro

Con il suo primo film in lingua inglese il regista spagnolo Pedro Almodóvar vince il Leone d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia, salutato con una standing ovation della sala. Interpretato da Tilda Swinton e Julianne Moore, The Room Next Door, melodramma raggelato ed essenziale che conduce il cineasta in territori nuovi, racconta gli ultimi giorni di vita di una donna, malata terminale di cancro, che sceglie di mettere fine ai suoi giorni con la complicità di un’amica. Un film pro eutanasia che nelle parole del regista è un inno alla vita, la celebrazione di un’amicizia e una riflessione sulla forza necessaria a stare accanto a chi soffre, senza giudicare.
Ma la cerimonia di premiazione di questa sera ha visto un’Italia in festa: il Gran Premio della Giuria è andato infatti a Vermiglio, opera seconda di Maura Delpero, ambientato in una piccola comunità montana del Trentino nell’ultimo anno della Seconda guerra mondiale che non fa scoppiare bombe in quei territori, ma apre ferite profonde in una famiglia colpita da una tragedia. Il film sarà nelle nostre sale il 19 settembre con Lucky Red. «Questo film è nato da un sogno e non sapevo che sarebbe finito con un altro sogno», ha detto la regista.

Se Vincent Lindon, miglior attore per il il francese Jouer avec le feu di Delphine e Muriel Culin, si era piazzato subito tra i favoriti grazie alla sua intensa interpretazione nei panni di un padre che fa i conti con un figlio plagiato da un gruppo neonazista e colpevole di omicidio, incomprensibile la Coppa Volpi a Nicole Kidman per Babygirl, improbabile thriller erotico firmato da Halina Reijn che a dispetto la curiosità suscitata da tema – una donna di successo si lascia travolgere dai propri inconfessabili desideri – si è rivelato una storia inaspettatamente banale e a tratti involontariamente comica. Purtroppo l’attrice, arrivata a Venezia per ritirare il premio, è dovuta ripartire prima della cerimonia di chiusura, raggiunta in giornata dalla terribile notizia della morte di sua madre.
Il Leone d’argento per la migliore regia va a Brady Corbet con lo straripante The Brutalist (tre ore e mezza) che affida ad Adrien Brody il ruolo del visionario e talentuoso architetto ebreo Laszlo Toth, emigrato dall’Ungheria negli stati Uniti nel 1947 e costretto a lavorare duramente in povertà prima di firmare un contratto con un ricco industriale che commissionandogli la costruzione di un grande edificio modernista cambierà il corso dei successivi trent’anni della sua vita, facendogli scoprire però il rovescio della medaglia. Più interessante nella prima parte, meno coerente nella seconda, il film-monstre girato in 70mm ha richiesto dieci anni di lavoro.
La migliore sceneggiatura è quella di Murilo Hauser e Heitor Lorega per uno dei film più amati di questa edizione, Ainda estou aqui (“Sono ancora qui”) del brasiliano Walter Salles una storia di coraggio, dignità e resilienza che racconta del rapimento e dell’assassinio di Rubens Paiva, ex deputato laburista, una delle tante vittime della dittatura instaurata nel Paese all’indomani del colpo di stato del 1964.
Il Premio Speciale della Giuria è stato assegnato ad April della georgiana Dea Kulumbegashvili, cupa storia di maternità e aborto nelle comunità rurali del Paese, mentre il premio Marcello Mastroianni a un giovane emergente va a Paul Kircher per il film Leurs Enfants apres eux di Ludovic e Zoran Boukherma, romanzo di formazione ed educazione sentimentale di un giovane inquieto ed emarginato.
Premi per l’Italia anche nella sezione Orizzonti dove un assai commosso Francesco Gheghi, protagonista di Familia di Francesco Costabile, storia vera di Luigi Celeste che uccise il padre per difendere la madre vittima per anni di violenze domestiche, ha vinto come miglior attore. Il miglior film è The New Year that Never Came di Bogdan Muresanu che racconta la Romania sull’orlo della rivoluzione contro il regime di Ceausescu, mentre il premio per la regia va a Familiar Touch di Sarah Friedland (che ha dichiarato la sua solidarietà al popolo palestinese), storia di un’ottantenne nella sua transizione alla vita in una casa di cura, che ha vinto anche per la migliore opera prima e per l’interpretazione di Kathleen Chalfant. Il Premio Speciale è per One of Those Days When Hemme Dies del turco Murat Firatoglu e quello per la sceneggiatura per il palestinese Scandar Copti, che ha scritto e diretto Happy Holidays.