Una data destinata a cambiare la modalità del trasporto: autunno 1964. Perché in Giappone viene inaugurata l’alta velocità ferroviaria e il primo Shinkansen, treno “palla” o proiettile come venne poi fantasiosamente definito, riduce spazi e tempi di percorrenza in maniera sconvolgente per l’epoca. Quel treno veloce, che visto con i parametri attuali così veloce proprio non era essendo concepito per i 200 km/h, però ha dato il la alla tendenza di spostarsi in spazi relativamente brevi per via terra a discapito dei voli aerei. Da allora è stato un rincorrersi di Paesi che puntavano all’alta velocità. L’Europa capì da subito che si trattava di un investimento importante, rivoluzionario, e così ecco nascere linee in Italia, Francia, Spagna, Germania e, a seguire, anche in altre nazioni. Vale la pena di fare un passo indietro aprendo una parentesi sul concetto di alta velocità che è, logicamente, cambiato nel tempo. Infatti sino agli anni Ottanta si parlava, in Italia, di super rapidi con gli Etr 250, 300 e le Ale 601 che potevano raggiungere i 200 km/h. Come spesso accade siamo stati i precursori anche nel segmento dei treni veloci, basti pensare che il 20 luglio 1939 un Etr 200 percorse la vecchia Milano-Firenze a una media di 165 km/h con una punta di 203. Ma il servizio regolare commerciale resta appannaggio del treno nipponico di cui ricorrono i cinquant’anni. Questo perché il concetto di alta velocità comporta non solo la presenza del treno veloce ma di tutte le opere che servono a garantire il viaggio, l’infrastruttura particolare (ad esempio poca pendenza, poche gallerie e viadotti, raggi di curvature ridotti, poche fermate). Così fecero i giapponesi – che avevano iniziato a studiare lo sviluppo dell’alta velocità sin dagli anni Trenta – i quali misero in servizio la linea veloce Tokaido-Shinkansen nel 1964, appunto. La serie 0 di quel convoglio, dall’affascinante frontale che si ispirava ai più moderni musi degli aerei, era costruita dalla Kawasaki e arrivò a toccare i 200 km/h sulla Tokyo-Osaka. E a rileggere gli avvenimenti di quegli anni appare davvero straordinario come un Paese distrutto e umiliato dalla Seconda guerra mondiale abbia potuto mettere in moto un processo così complesso per creare un nuovo sistema di trasporto. E noi li seguiamo subito. A metà degli anni Settanta, nei tempi della prima crisi petrolifera, in Italia si realizza la direttissima Roma- Firenze che risponde a questi requisiti e permette i 250 km/h. Nel 1981 viene inaugurata la Parigi-Lione, in Francia, per i Tgv (
Train à grande vitesse) Sud-Est. Di qui in poi è stato un fiorire di nuove linee. Il treno veloce è subito un successo, piace, erode fette di mercato notevoli agli aerei. Crescono i treni veloci e crescono i record di velocità, perché i costruttori, agli inizi, puntavano a superarsi nella competizione su chi riuscisse a correre più veloce. Era una sfida tecnologica prima che un investimento su una tipologia di trasporto che sarebbe stata destinata, in pochi anni, a modificare molti scenari della mobilità. Infatti oggi, cinquant’anni dopo, in Giappone ci sono 2.664 chilometri di linee veloci, 779 in costruzione e 179 in previsione. Come dire un successo che viene da lontano e non conosce ostacoli. Ed è così nel Vecchio continente: pochi dati – gli altri li riassumiamo nella tabella a fianco – fanno capire come i Paesi europei credano tuttora in questo mezzo di trasporto. La Spagna ha 2.515 km e prevede di arrivare ad oltre 5.500; la Francia ne ha 2.036 e vuole arrivare a 5.200; la Germania ne conta su 1.352 e pensa di arrivare a 2.142. Quasi ovunque ci sono tratti veloci e chi ancora non li ha sta indirizzandosi in quella direzione, come la Polonia dove il 14 dicembre l’italianissimo Pendolino, prodotto dalla Alstom a Savigliano nel cuneese, inaugurerà una nuova era delle ferrovie polacche collegando Varsavia a Cracovia. Se ci spostiamo in Asia, tralasciando i pionieri giapponesi, ecco il mostro cinese: oltre 11.100 chilometri con l’obiettivo di arrivare a oltre 22.000. In questa classifica le Americhe appaiono indietro: gli Stati Uniti, hanno 362 chilometri e pensano di arrivare a 1.139. Lì l’aereo e l’autobus (per i meno abbienti) hanno sempre fatto la parte del leone viste le lunghe distanze da coprire. Il Brasile ipotizza 511 chilometri. Ma si dovranno aspettare anni. Ne è passato di tempo da quando – era il 1829 – George Stephenson arrivò con la sua locomotiva Rocket ai 50 km/h. E da quel record, 243 km/h, del 21 febbraio 1954, della locomotiva elettrica francese CC 7121 su binari che erano molto più piccoli, e non saldati, di quelli attualmente usati sulle linee ad alta velocità. Veri pionieri che hanno scritto la storia e ci permettono oggi comodi viaggi su lunghe distanze nel silenzio di una confortevole carrozza che scivola via a 300 km/h. Perché, come ha detto Michel Lebouef, presidente del Comitato dell’alta velocità dell’Unione internazionale delle ferrovie, «senza l’alta velocità le ferrovie non sarebbero sopravvissute, eccetto i servizi regionali».