La
rentrée del compositore greco Vangelis sulle scene discografiche, a quindici anni dall’album
Mythodea, potrebbe essere definita «spaziale». E non sarebbe in questo caso un aggettivo abusato, da agiografia o cartella stampa, visto che il centro dell’album con cui l’artista fa ritorno ai dischi (su Cd e doppio Lp Decca)
è una missione spaziale: quella della sonda Rosetta, il cui nome campeggia sulla copertina dell’inedito dell’artista classe ’43. La cavalcata sonora proposta qui da Vangelis, come spesso accaduto da autore, arrangiatore e unico esecutore (fra tastiere, piano e sintetizzatori vari), prende le mosse infatti dalla sonda battezzata nel nome della storica stele che permise di decifrare i geroglifici, e poi lanciata nello spazio nel 2004 per provare a decifrare i misteri del sistema solare.
La missione di Rosetta è stata la prima a mirare a un incontro ravvicinato con una cometa (la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, a milioni di chilometri dalla terra); partita dalla Guyana Francese Rosetta ha sorvolato più volte il nostro pianeta e Marte, prima di essere “ibernata” nello spazio profondo: per giungere alla cometa nel 2014 e spedirvi sopra il lander Philae per misurazioni scientifiche. Dal 2014 Rosetta sta seguendo la cometa, e con essa ha pure avvicinato il sole: in una missione unica che verrà chiusa fra pochi giorni. Perché non è un caso che l’opera di Vangelis, di cui alcune parti sono già state proposte live nei giorni dello sganciamento del lander, veda la luce nella sua completezza proprio ora: accade in quanto
Rosetta (il Cd) è celebrazione della riuscita missione di Rosetta (la sonda). Evangelos Papathanassiou, autodidatta come molti geni della musica (si pensi a McCartney…), ha fatto la storia delle sette note elettroniche facendone evolvere il linguaggio in un’unica e riconoscibile commistione con la tradizione, fosse essa sinfonica, operistica o più strettamente pop: tanto che i lavori più noti dell’artista sono forse i dischi prog con gli Aphrodite’s Child del grande Demis Roussos e la colonna sonora di
Momenti di gloria, che gli valse l’Oscar nel 1982. Ma durante tutto il suo percorso, in fondo, Vangelis ha approfondito una musica capace di aprire i propri orizzonti: tanto quanto accade all’uomo a confronto con lo spazio. E molti titoli di suoi brani o dischi storici (
Spiral, Heaven and hell, Sword of Orion, Mare tranquillitatis) rimandano chiaramente a un amore esplicito per lo spazio, comunque è sullo sfondo anche delle atmosfere epiche del Vangelis collaboratore di Jon Anderson degli Yes o Irene Papas, autore delle colonne sonore di
Blade runner o
1492 la conquista del paradiso, persino arrangiatore del Baglioni di
…E tu o del Cocciante di
Margherita. E del resto pure l’ultimo suo lavoro
Mythodea prendeva le mosse da una missione spaziale: in quell’occasione della Nasa su Marte. Non per nulla, dunque, quand’è stato contattato dall’Esa, l’agenzia spaziale europea artefice della missione di Rosetta, Vangelis ha visto subito l’opportunità di proseguire un itinerario fondamentale nella propria arte. «Iniziò tutto nel 2012 a Londra, quando mi chiesero se volevo parlare con un astronauta collegato dallo spazio. Io ho sempre considerato la musica in relazione all’universo, forza che trasforma il caos in armonia: quando a tre anni suonavo il piano di casa e mi chiedevano da dove venisse quella mia musica, rispondevo che veniva dallo spazio. Quindi ho accettato di parlare con André Kuipers, astronauta olandese che nei suoi sei mesi in una stazione spaziale ascoltava le mie opere. Ci siamo promessi di vederci quando fosse tornato, e quando ci siamo incontrati mi hanno proposto di scrivere per Rosetta. Ne sono rimasto affascinato, mi è sembrato di poter contribuire all’avventura spaziale europea. Ho visto ore di filmati, e oggi all’Esa mi dicono che rivederli con la mia musica dà loro i brividi di quando con gli occhi di Rosetta videro la cometa in avvicinamento».
Rosetta (il Cd) è una suite che si apre con un astratto crescendo a tratti acido (
Origins), poi spazia fra prospettive sonore inedite pure inquietanti (
Starstuff), si allarga in inattese armonie classiche (
Celestial whispers) e via via si svela metafora musicale dell’avventura della sonda: toccando i vertici emotivi in
Rosetta (semi-canzone punteggiata di sonorità orchestrali),
Perihelion (giocata in un saliscendi di ritmi e timbriche),
Elegy (quasi musica sacra con echi di Bach) e la finale
Return to the void, i cui pizzicati elettronici sottolineano epicità e mistero dell’avventura spaziale dell’uomo. «Questo lavoro l’ho composto per chi ha reso possibile Rosetta, è come un’elegia: legata anche alla mia voglia di cercare sempre una totalità di suono, la cui vibrazione vera, se ci arriviamo, contiene tutto in un unicum indivisibile. Melodia, armonia e ritmo. E ci si può arrivare anche con l’elettronica, se non ci si scorda del fattore umano e si mira a strumenti suonabili davvero, non imbarazzanti scatole di suoni. L’elettronica dovrebbe aiutare i giovani, non solo crear loro difficoltà tecniche: come l’industria del disco mirare alla creatività e non solo al profitto».