Agorà

Mantova. Valerio: siamo noi il radar che guida ChatGpt

Gianni Santamaria sabato 9 settembre 2023

L’uomo deve sempre più confrontarsi con il mondo della intelligenza artificiale

I libri come «antidoto» alla velocità della tecnologia, come opera collettiva dietro la quale c’è il lavoro di tante persone, perché «nessuno è broadcaster di se stesso» e anche come «gesto di democrazia». Il rapporto tra parola scritta, tecnologia e religione, vista più che altro come mito o pensiero magico, è stato al centro dell’intervento a Mantova della scrittrice e matematica Chiara Valerio. Sotto la tenda Sordello l’autrice ha iniziato dai miti greci. Da Prometeo e il suo furto della prima tecnologia, il fuoco. Rubato a dèi che non praticavano la lettura. Da allora tecnologia, intesa come miglioramento delle possibilità umane, e riti religiosi, secondo l’autrice, sono andati di pari passo. Riti che sono espressione di una memoria, di un desiderio che si è delineato nella catena del tempo in cui sono scanditi, con la creazione da parte dell’uomo delle successioni matematiche. Più recentemente la cibernetica ha cercato dispositivi che correggessero e migliorassero altri dispostivi, come i radar per le traiettorie balistiche dei missili. Ma anche per restituire all’uomo la sua integrità fisiologica, si pensi agli arti meccanici.
Molti sono stati i riferimenti alla letteratura che Valerio ha nesso in campo. Da Proust, per il quale nella ripetizione c’è il senso della realtà, a Solaris di Stanislaw Lem. La base spaziale – nella quale ciascun ricercatore vive nella sua cella e il protagonista vi ritrova la moglie morta – «fa quello che fa l’IA, ci riporta la nostra memoria, personale e di specie. Sul passato è molto precisa, perché ha più informazioni che sul presente e sul futuro». Perché l’IA siamo noi. «È umana? Sì», ribadisce la scrittrice e matematica che sul tema lo scorso anno ha pubblicato con Einaudi La tecnologia è religione libro scritto prima dell’avvento della versione libera di ChatGpt. La cui novità sta nel fatto che «per la prima volta siamo noi, anche perché siamo vanitosi, che correggiamo la macchina. E quando sarà precisissima, sarà perché l’abbiamo fatto noi». Siamo noi il radar che condurrà questa macchina. Al fatto che la macchina sia umana, Valerio aggiunge un «purtroppo». Umana, troppo umana, si direbbe. E anche i pericoli che qualcuno vi ravvisa, dipingendo questa tecnologia come disumana, sono dovuti alla natura stessa dell’uomo. Le fake news? «Perché non dovrebbero esserci se le dicerie sono quello che da sempre noi produciamo». Scriverà libri al posto degli scrittori o farà fotografie al posto dei fotografi? «Sarà così ed è una realtà che dobbiamo accettare. Ci estingueremo per mancanza di fantasia». Tutto ciò fa sì che l’approccio verso gli oggetti sia il consumo. E che sia il telefonino oggi a guidarci, come deposito a cui abbiamo delegato la nostra memoria e ce la restituisce sotto forma di «possibilità di essere stati felici che proviamo quando ad esempio rivediamo delle foto che un social ci ripropone». Tutto ciò cancella quanto aveva scritto Natalia Ginzburg, secondo la quale la memoria è la riproposizione di tutti i momenti, quelli felici e quelli infelici. Oggi «una nuvola di cookie fa sì che troviamo solo ciò che abbiamo già cercato».
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