Vale e Fede, si comincia con il meglio. Loro per l’oro, il resto può attendere. Vezzali e Pellegrini, femmine vincenti: professioniste dello sport, abbonate al podio. Brave e cattive, profondamente diverse: sciolte, sicure, un po’ narcise. Fossero pure simpatiche, sarebbero perfette. Ingiusto chiedere troppo: non è questa la dote che conta in un’Olimpiade. Conta che iniziano loro. Sorelle d’Italia, il podio nel destino. Vale e Fede, mondi opposti. La portabandiera emozionata e sorridente di una notte straordinaria e l’algida imbronciata che la bandiera non l’avrebbe portata nemmeno con una pistola alla tempia: troppo notturna la Cerimonia d’apertura per consentirle il sonno della giusta. Giusto così, comunque. La piscina apre presto, le priorità nella vita sono scelte personali: a volte si subiscono, ma non si discutono. Valentina Vezzali ha scelto diversamente: alfiere della squadra azzurra ieri sera alle 23.45 italiane, a letto dopo le 2, in pedana oggi alle 13.20. Senza rimpianti, si spera. Perché a fare sempre la cosa giusta Vale è abituata, come una che tiene la vita in punta e appena si muove, colpisce. Fioretto individuale femminile: non è la sua specialità. È la sua missione. E da stasera potrebbe diventare un traguardo storico. Da Sydney 2000 a Londra 2012, prima donna a vincere quattro Olimpiadi consecutive nella stessa specialità. Tanta roba. Mai vista. Tre uomini ci sono già riusciti, il danese Paul Elvstroem (vela, dal ’48 al ’60), e gli americani Al Oerter (disco, dal ’56 al ’68) e Carl Lewis (lungo, ’84-’96). Ma una femmina mai: per questo la aspetta un posto nel libro dei più grandi di sempre.Mettete insieme Kill Bill e D’Artagnan, e avrete un’idea. Da 16 anni Valentina trafigge tutto e tutti, il suo fioretto è capace di intuire, anticipare, aggredire. Non si sazia, non si ferma. Un’altra al suo posto avrebbe già lasciato, stanca della superiorità, annoiata dalla supremazia da nutrire sempre con un’applicazione feroce. «Quando perdo – spiega – piango sempre. Come prima, più di prima. Non voglio sentirmi dire che nella vita c’è altro. Anche se ho 38 anni e non sono più una ragazzina. Quando mi metto la maschera entro in una bolla, è l’unica cosa che conta in quel momento. Ho un marito e un figlio, una famiglia, voglio bene a quello che ho, ma in pedana il mio mondo si restringe a me e l’avversaria. Non riesco ad essere ipocrita e a dire che la vittoria non è tutto. Se fai sport è la sola cosa che conti». Sincera, decisa, spietata. Questo è il made in Italy in rosa che funziona. Valentina lo sa e lo dice senza modestia: «L’Italia dovrebbe prendere esempio da noi? Forse sì. Noi donne almeno siamo capaci di sognare, di avere continuità, di impegnarci ad ottenere risultati. Siamo una bella immagine del Paese». Vale e Fede. Le “lady D d’Italia”. Addio Barbie. Ragazze, mamme, signore. Non più figlie, fidanzate, mogli. Né bamboline, né bamboccione. Corpi tatuati, come la volontà. Muscoli da prestazione, ma anche da copertina. Piercing e iPod, vezzi della modernità. Pochi lamenti e rimorsi, perché il segreto per vincere è quello di non imparare mai a perdere. Federica lo sa, e in cuor suo forse un po’ trema. La rivista
Sport Illustrated che quattro anni fa a Pechino sbagliò solo di un podio il pronostico sull’Italia (disse 27 e furono 28) questa volta prevede la Pellegrini senza medaglia nei 200 stile libero e soltanto terza nei 400. Lei, la regina, scintilla sul suo sito internet in posa continua, come una fotomodella navigata e conferma che oggi scenderà in acqua solo per dare una mano alla 4X100 a passare il turno. Poi per l’eventuale finale lascerà il posto a qualche altra collega per concentrarsi sulle due gare individuali, prima i 400 e poi i 200, tutte e due a distanza ravvicinata. «È la mia terza Olimpiade - ha spiegato in un’intervista a RaiSport -, sono molto tranquilla almeno per ora. Serena, ma anche già concentrata: sono già chiusa nella mio mondo». Da Fede a Vale, altro pianeta. Senza fidanzati cambiati come le calze, senza gossip, né troppi centimetri di pelle scoperta. Ma anche senza cattiverie e scandalismi, quelli che inseguono la Pellegrini anche nelle occasioni senza colpa né motivo. Valentina Vezzali oggi è una donna compiuta. Carriera piena, vita pure. Un’altra frontiera dopo lo sport: «Vedremo, ci penserò – spiega –. Intanto non mollo. Vorrei un altro figlio, sempre se mia madre mi assiste, perché è lei che in casa mi sorregge. Ma sto bene, negli ultimi anni ho sofferto psicologicamente, ho permesso ad alcune persone di ferire il mio ego, così ho perso fiducia, perché anch’io ho le mie fragilità, però ora ho imparato che valgo, sì mi voglio più bene». Inutile scucirle un nome tra le sue avversarie. «Paura? Non se ne parla proprio. Francesi, russe, coreane, italiane. Non sottovaluto, né sopravvaluto nessuno. Il vero avversario è il mio io. La scherma cambia, tutte pensano di conoscermi, ma io sarò diversa, mi renderò irriconoscibile. Me l’hanno appena chiesto: cambieresti qualcosa della tua vita? La risposta è: niente. Però fatemi ancora vincere». Spietata, eterna, ad un passo da un record pazzesco. Donna d’Italia, infinita. Con un fioretto in mano e il mondo che l’aspetta.