Agorà

INTERVISTA. Vade retro diavolo scatenato

Roberto Beretta mercoledì 25 gennaio 2012
Il diavolo? Non è un caprone; al massimo un capro... espiatorio. Il primo fu il filosofo René Girard, dopo aver «visto Satana cadere come la folgore» (titolo di un suo noto libro del 1999), ad applicare a messer Belzebù la sua «teoria vittimaria», basata per l’appunto sul sacrificio dell’innocente che riscatta il male. Ora, tra i discepoli che l’intellettuale transalpino conta chez nous, Claudio Tarditi – ricercatore in filosofia dell’università di Torino – estrae la demonologia girardiana in apposito volume: Il diavolo, probabilmente. Ripensare Satana oggi (Lindau, pp. 120, euro 12,50); tentativo di fondare una ««demonologia razionale» e ridare cittadinanza al diavolo nel pensiero contemporaneo, sfuggendo sia allo scetticismo razionalista sia agli spauracchi del fideismo.La teoria non è semplice, professore. Vuole anzitutto spiegarla?«Ho solo tirato le fila dell’ultimo Girard, il quale reinterpreta il meccanismo mimetico vittimario in termini demonologici. La tesi principale è che le rivalità umane siano innescate da processi satanici».Che cosa succede, in pratica?«Secondo Girard tutti gli uomini desiderano qualcosa, che però viene loro suggerito da qualcun altro. Noi cioè imitiamo sempre un modello: e già tale realtà si attaglia bene al Satana seduttore, che tenta con un’immagine di successo. Però tale processo crea inevitabilmente rivalità in quanto, se desidero ciò che appartiene già ad altri, l’oggetto viene conteso tra vari rivali. Si crea dunque un ostacolo (che Girard chiama "scandalo") e si rivela un altro noto aspetto del diavolo, etimologicamente il "divisore". Non a caso, nel passo evangelico del Vade retro, a Satana viene associato proprio lo "scandalo"».È allora che scatta la violenza?«Appunto. E quando le rivalità passano a scala planetaria, spesso si autoregolano attraverso un meccanismo di espulsione, veicolando la cattiveria di tutti contro uno solo: il famoso capro espiatorio. Mi pare il coronamento del sistema satanico: la demonizzazione dell’innocente. Perché siamo tutti bravi a scagliarci contro le sette sataniche, che rappresentano una minoranza, dimenticando come a livello più profondo siamo tutti imparentati con la medesima logica».Esempi?«Beh, storicamente la caccia alle streghe. Oppure l’Olocausto e l’antisemitismo. Girard interpreta come meccanismo satanico anche il terrorismo religioso, nato dall’antagonismo tra cultura islamica e Occidente. Su scala più quotidiana, basta pensare a tanti fatti di cronaca dove la colpa ricade sull’ultimo arrivato, lo straniero, il più debole e dunque il più facile da accusare». Grazie al quale, tuttavia, si scaricano le tensioni come da una valvola di sicurezza... L’umanità deve dunque a Satana l’ordine di cui gode?«È qui che diventa evidente un altro passo evangelico: "Satana scaccia Satana" e "il suo regno è diviso in se stesso". Il diavolo si comporta come un parassita: crea conflitti, ma allorché giungono al parossismo innesca un sistema di autotutela; perché, se la società si distruggesse, anche lui perirebbe. Per resistere deve espellere se stesso».Il meccanismo viene però spezzato da Cristo, sostiene Girard.«Infatti. Il processo di decostruzione del metodo satanico ha inizio già nell’Antico Testamento, ma la vera messa fuori gioco avviene con Gesù e in particolare con la Passione; che è il primo testo scritto dal punto di vista della vittima. Per rompere il cerchio c’era bisogno di un sacrificio formalmente simile a quelli delle religioni arcaiche (nel Vangelo Caifa lo dice chiaramente: "Meglio che muoia un uomo solo piuttosto che perisca tutto il popolo") e tuttavia la vittima, col suo rifiuto di ribellarsi, lo scardina e svela che il sistema del capro espiatorio è in sé satanico».A questo punto Satana è sconfitto.«No. Si verifica il totale rovesciamento del sistema, non la sua distruzione... Anzi, il cristianesimo paradossalmente inferocisce Satana, in quanto non gli permette più di scacciare se stesso e quindi di sfogare la violenza. Nel momento in cui è vinto, il diavolo viene anche scatenato: non c’è più il sacro che prima funzionava da freno».Per questo lei scrive che il diavolo non sta negli inferi, bensì in terra?«Con la crocifissione di Cristo, Satana per restare in vita deve moltiplicare le sue azioni di rivalità continua. La terra diventa un inferno».Ne consegue però che... il cristianesimo nuoce alla pace sociale!«E si realizza l’ennesimo detto evangelico: "Sono venuto a portare la spada"... Certo, da quel punto di vista è così. Ma – dall’altro – Cristo è l’unico a offrire la possibilità di liberarsi definitivamente dal meccanismo satanico, il solo che può essere imitato senza creare rivalità, cioè senza violenza. Non per nulla a partire dalla diffusione del cristianesimo, anche se in modo lento e con molti scivoloni, si è sviluppata la cura per le vittime».Per la verità i «laici» sostengono il contrario: sono le religioni, con la loro pretesa di verità assoluta, che scatenano la violenza...«Senza dubbio Satana agisce anche nelle religioni, nel momento in cui esse si reinterpretano in termini sacrificali. Se la verità è affermata come possesso, è molto probabile che diventi arma di opposizione di altre verità... D’altra parte, sarebbe già grandissima cosa se ogni tradizione religiosa si rendesse consapevole dei propri capri espiatori».A proposito: anche altre culture religiose hanno tentato, in modi diversi, di esorcizzare il desiderio. Penso ad esempio al buddhismo o a certe fedi orientali.«In effetti Girard ammette la possibilità che le grandi religioni abbiano una radice di nonviolenza. Io non ho allargato l’analisi, ma penso che sarebbe un modo meraviglioso per fondare l’ecumenismo».Lei afferma infine che il pensiero critico è in realtà un sistema diabolico: «Satana agisce indisturbato nei recessi più profondi della nostra cultura». Addirittura?«Il nostro tipo di razionalità illuminista nasconde la logica dell’espulsione, la tradizione occidentale ha estromesso tutto ciò che era paradosso. Il cristianesimo invece, oltre alla razionalità scientifica, offre un sapere che include anche eventi che la ragione non riesce a dominare. Tra cui la violenza».