Agorà

INCONTRO CL REGISTA. Vacis, sei figlie in cerca di un padre

Sabina Leonetti lunedì 3 settembre 2012
​Ola, Annachiara, Simona, Irina, Ales sandra , Rosaria. Sei giovani donne si incontrano in uno dei tanti crocevia del presente. Uno di quei non luoghi che frequentiamo senza vederli. Aeroporti, autogrill, ipermercati. Le ragazze vengono da paesi diversi, hanno storie diverse. E intrecciano frammenti di storie con una memoria comune. Sono le protagoniste de La parola padre on cui Gabriele Vacis fa tappa ad Andria nel’ambito del Festival Castel dei Mondi per poi riprendere la tournée in ottobre da Bari. Da dove nasce l’idea di quest’opera teatrale?Da una serie di seminari in giro per l’Europa in cui Koreja, che produce, ha selezionato un gruppo di attori macedoni, polacchi, bulgari. Si tratta di giovani donne dai 25 ai 28 anni, con una memoria d’infanzia molto differente da quella italiana, a cui ho chiesto di raccontare il rapporto con i loro padri.Che tipo di padre ci raccontano le giovani donne?Io ho una figlia della loro età, la nostra generazione non ha conosciuto la guerra, ma il benessere e non sa essere autoritaria. I nativi digitali sono molto diversi. Per me la famiglia era una prigione, per i giovani d’oggi è un rifugio. Ci comportiamo allo stesso modo, usiamo il pc, internet, facebook, ma è radicale la differenza. Loro non hanno conosciuto il dolore, quello vero, e questo fa sentire in colpa le giovani dell’est. Mi riferisco a un dolore collettivo di cui fare esperienza diretta. Ecco abbiamo bisogno di non omettere la conoscenza del dolore, abbiamo il dovere di tramandare. La cultura ha questo dovere.Dal testo emerge una sorta di nostalgia comunista?Per certi versi è ironica, e in Croazia dove siamo stati in tour di recente è stato accolto bene il messaggio. Teniamo presente la situazione macedone oggi, il rapporto con l’Europa non è idilliaco, diversi conflitti etnici in atto, per quanto i macedoni siano greci. Tito – raccontano Irina e Simona – garantiva la salvaguardia dei rapporti di amicizia, mentre essere discendente di Alessandro Magno non lo consente. Anche gli oggetti del comunismo come le lavatrici funzionavano alla perfezione ritengono i giovani polacchi. Nazionalismi e secessioni hanno influito pesantemente sulla nostra vita.Lei ci ricorda che la parola “padre” ha la stessa radice semantica della parola “patria”.Esattamente. La patria è il posto dove noi tutti viviamo e forgiamo relazioni. Ma con i social network questa idea è mutata, l’appartenenza, i legami, il senso della distanza e della comunità.