Teatro. Gabriele Vacis: «Guerra, lezioni dalla storia»
I violoncellisti diretti da Giovanni Sollima in un momento, Gabriele Vacis, Stefania Rocca e Valeria Solarino in “Tucidide. Atene contro Melo”
La scelta tra assoggettarsi al dominio del più forte rinunciando alla propria libertà o lottare pur sapendo di essere distrutti. Se il nostro pensiero va immediatamente al conflitto tra Russia e Ucraina in realtà stiamo parlando della Grecia del 416 a.C. Domani sera Alessandro Baricco presenterà in prima assoluta al Festival dei Due Mondi di Spoleto il suo nuovo spettacolo, Tucidide. Atene contro Melo, di cui è autore e regista. Gabriele Vacis sarà in scena come voce narrante, affiancato dalle attrici Stefania Rocca e Valeria Solarino e accompagnato dai 100 Cellos, ensemble di 90 violoncellisti fondato e diretto da Enrico Melozzi e Giovanni Sollima, il quale ha composto anche le musiche originali. La vicenda accadde durante la Guerra del Peloponneso, che per più di trent’anni vide scontrarsi Ateniesi e Spartani: una delegazione di ambasciatori ateniesi si presentarono sull’isola di Melo, alleata di Atene ma colpevole di voler diventare neutrale. Tucidide racconta i serrati negoziati tra le due parti prima dell’assedio e della distruzione dell’isola. Lo spettacolo di Baricco farà rivivere l’episodio come anticipa ad Avvenire il regista e qui narratore Gabriele Vacis.
Vacis, il parallelo con la situazione attuale fra Russia e Ucraina pare evidente.
La differenza è che i greci si parlano. Qui invece non si stanno neanche parlando, ed è ancora più difficile. Anche se, pur parlandosi, la situazione fra ateniesi e Melii non si risolverà. I Melii, alleati di Atene, vogliono prendere le distanze dall’unione con gli ateniesi nella guerra contro Sparta e diventare neutrali. Però Atene è una grande potenza e non può permettersi neanche di perdere una piccola parte come è quest’isola. Siamo nel cuore della questione: che cosa possono fare le grandi potenze, ma anche cosa non possono fare.
Come viene raccontato in scena?
Io sono la voce narrante, Silvia Rocca dà voce ai diplomatici dei Melii e Valeria Solarino a quelli degli ateniesi. Ma fuori c’è la guerra e alle spalle degli ambasciatori c’è l’esercito, rappresentato da questi 90 violoncellisti guidati da Giovanni Sollima. Il violoncello dà l’impressione di essere un’arma con l’armatura. Le parole dei dialoghi sono di Tucidide, Baricco ha scritto una serie di commenti che rendono evidente il fatto che stiamo parlando di noi.
La diplomazia del V secolo avanti Cristo che parole usava?
E’ una tenzone molto violenta a parole, non si risparmiano niente, ognuno gioca le proprie carte per fare valere il proprio punto di vista, non se le mandano a dire. Vi sono momenti in cui paiono aprirsi degli spiragli, ma resta l’impedimento degli ateniesi di poter concedere qualunque cosa ai loro alleati. Gli ateniesi sono di fronte alla loro necessità, l’ananke: non possono fare un passo indietro.
Cosa la colpisce della scrittura e del pensiero di Tucidide, il padre della storiografia moderna?
E’ sorprendente il fatto che 2500 anni fa Tucidide abbia avuto la straordinaria capacità di far diventare teatro un incontro diplomatico, che è scritto a battute. Il pensiero di Tucidide va nell’ordine della valorizzazione della storiografia: secondo lui quello che ci è accaduto, se lo conosciamo, può aiutarci a migliorare e a non ripetere gli errori. Anche adesso, se possiamo fare qualcosa, è rivolgere lo sguardo al passato per vedere le soluzioni.
Negli ultimi anni lei si è occupato molto dei classici greci. Ultimamente sto lavorando solo coi ragazzi di Pem (Potenziali Evocati Multimedia-li), una compagnia nata nel 2021 che ha sede a Settimo Torinese composta dagli ex allievi scuola per attori dello Stabile di Torino che io ho diretto per tre anni. Sono tutti poco più che ventenni e mi piace molto lavorare con loro, siamo all’inizio, non abbiamo alcun finanziamento e io ho ricominciato da capo. Abbiamo messo in scena il Prometeo per l’Olimpico Vicenza, poi lo Stabile di Torino ci ha chiesto Antigone e i suoi fratelli sulle guerre fratricide. Adesso ci hanno riconfermati all’Olimpico il 21 e 22 settembre con i Sette a Tebe sempre di Eschilo.
In questi lavori ritorna il tema della guerra.
Nella prossima stagione dello Stabile torinese andranno in scena questi tre lavori sotto il titolo Trittico della guerra: i ragazzi dimostrano grande sensibilità e collegano il tema della guerra alla sopravvivenza del pianeta. Facciamo moltissime prove aperte nelle scuole, anche quelle di periferia, ed è incredibile come i ragazzi delle superiori abbiano una voglia pazza di parlare di politica. Non delle primarie o del Mes, ma sono appassionati se devono parlare di giustizia, fraternità, eguaglianza.
Gabriele Vacis, lei e Marco Paolini siete stati i pionieri del teatro di narrazione in Italia. Ora dopo 30 anni rimetterete in scena Il racconto del Vajont.
Allora stavamo facendo la nostra ricerca, c’erano anche altri, come Marco Baliani a cui in parte ci siamo ispirati. Con Marco Paolini sul Vajont abbiamo pensato di fare una cosa molto diretta, non volevamo assolutamente farlo nei teatri, ma nei centri sociali, nelle aule dei consigli comunali. All’inizio ci preoccupava mettere in scena un attore solo che ti raccontava per tre ore una storia: qualcuno reggerà a questa maratona? Fu una sorpresa l’interesse che suscitava questo spettacolo nato nel 1993 fino al successo in tv nel 1997. Per una volta era un modo di porsi nei confronti del mondo e il giornalismo veniva influenzato dal teatro. Adesso a 30 anni da quello spettacolo e a 60 anni dalla tragedia del Vajont, abbiamo fatto una riduzione del testo insieme a Marco Martinelli per l’even- to Vajont2023: lo si farà in 100 teatri italiani in contemporanea la sera del 9 ottobre, anniversario del disastro. A Torino saremo al Teatro Gobetti coi ragazzi del Pem, Paolini lo porterà al Piccolo, nel resto d’Italia lo metteranno in scena compagnie e gruppi di cittadini. Ci piaceva l’idea di un evento civile che coinvolgesse le persone. Il futuro del teatro non è l’intrattenimento, perché lo fa meglio Netflix. Se ho voglia di fare un’esperienza vado a teatro, perché il teatro non è sostituibile.