MOSTRA A BERLINO. Uruk, cinque millenni da megalopoli
Secondo alcuni – ma l’ipotesi non è dimostrata – proprio da questo toponimo avrebbe preso nome l’Iraq. Quel che è certo è che a Uruk, circa cinquemila anni fa, i Sumeri inventarono il primo sistema di scrittura cuneiforme. E che proprio in quella città sarebbe vissuto re Gilgamesh, secondo la leggenda per due terzi divino e per un terzo umano, protagonista del primo poema epico della storia dell’umanità. Alla prima città sorta dagli albori del mondo (organizzata in gruppi sociali distinti e basata su un’efficiente divisione del lavoro) è dedicata fino all’8 settembre prossimo, presso il Pergamonmuseum di Berlino, la straordinaria mostra intitolata “Uruk. 5000 Jahre Megacity” (“Uruk. 5000 anni di megalopoli”). L’esposizione, che dal 20 ottobre al 21 aprile 2014 si trasferirà al Reiss-Engelhorn-Museen di Mannheim, presenta al pubblico centinaia di reperti e i risultati delle campagne archeologiche della Società orientalistica tedesca e dall’Istituto archeologico tedesco (Dai) iniziate prima dell’invasione statunitense in Iraq nel 2003. Un percorso che intende celebrare i cento anni dall’inizio degli scavi a Uruk, avviati negli anni Venti sotto la guida di Arnold Noldeke e proseguiti con diverse campagne tra il 1953 e il 1990. E che riunisce per la prima volta reperti conservati in varie collezioni tedesche, con l’aggiunta di prestiti provenienti musei inglesi e francesi, tra cui il British Museum di Londra e il Louvre di Parigi. Tra i pezzi più importanti in mostra: la colossale statua di Gilgamesh ritrovata nel palazzo reale di Khorsabad, la Maschera di Humbaba custodita al British Museum, tavolette d’argilla e stele con testi a caratteri cuneiformi (tra queste la celebre Lista dei re), oggetti in avorio e suppellettili. Facilitano la comprensione del sito archeologico le ricostruzioni digitali dell’impianto viario della città e di numerosi edifici. Ma qual è la storia della mitica città di Gilgamesh? E quale fu la sua importanza nel mondo antico? Fondata circa cinquemila anni fa, Uruk si trova oggi a una ventina di chilometri a est dell’Eufrate, nei pressi di Warka, Mesopotamia meridionale. All’apice del suo splendore, la città arrivò a contare una popolazione di circa ottantamila abitanti. L’abitato si estendeva su sei chilometri quadrati racchiusi da una doppia cinta di mura lunga nove chilometri. Era, a quel tempo, la più grande e popolosa città del mondo. Nel libro della Genesi Erech (quasi certamente Uruk) è indicata come la seconda città fondata dal biblico re Nimrod. I risultati degli scavi condotti dagli archeologi tedeschi permettono di definire il quadro di una “megalopoli” che aveva un sofisticato sistema politico e amministrativo. A Uruk sono state ritrovate cinquemila tavolette di argilla scritte a caratteri cuneiformi, per la gran parte riguardanti atti della pubblica amministrazione, accordi commerciali e compravendite. A differenza di altri contesti, spiega Hans Nissen, archeologo dell’Università di Berlino, «non fu la religione a determinare la nascita della scrittura. Ma essa nacque dalle necessità economiche poste dalla società del IV millennio a.C.». Solo in un secondo tempo, nel corso del III millennio a.C., verranno messi per iscritto testi religiosi o di carattere storico. La ricchezza della città, che fu faro economico e culturale del mondo antico, è testimoniata dall’impianto urbanistico, dai fasti architettonici, dai templi, dai terrazzamenti e dalle eleganti zone residenziali. Il declino di Uruk inizia con la terza dinastia di Ur, duemila anni prima di Cristo. La città venne coinvolta nelle battaglie tra Babilonesi ed Elamiti, subendo gravi distruzioni (eventi di cui si trova eco nell’epopea di Gilgamesh). Conobbe nuovo splendore nel periodo seleucide, nel III-II secolo a.C. Ritornò ad essere una centro di primario interesse sotto la dominazione dei Parti (fino al 225 d.C.), periodo che vide la nascita di nuove costruzioni, come l’imponente santuario di Eanna. Ma Uruk aveva terminato la sua lunga parabola e fu definitivamente abbandonata a partire dal V secolo d.C. Dal punto di vista archeologico, le zone di Uruk maggiormente investigate sono quelle delle due aree sacre, Eanna, dedicata ad Inanna, e Kullaba, dove si trovava il tempio di Anu. La gran parte di questi edifici è databile alla metà del IV millennio, come il Tempio Bianco e il Tempio a mosaico di coni d’argilla. Altri furono edificati alla fine del IV millennio, in epoca Tardo-Uruk, come il cosiddetto Edificio Riemchen e la Grande Corte.
Tra i ritrovamenti più importanti vi è il Vaso di Warka, realizzato da un artista sumero nella città di Uruk nel 3200 a.C. Trafugato insieme ad altri pezzi dal museo di Baghdad dopo la caduta di Saddam Hussein e poi restituito all’Iraq, è probabilmente il reperto più importante pervenutoci dall’area mesopotamica. I rilievi scolpiti sul manufatto sono suddivisi in registri sovrapposti e ci raccontano come i creatori della prima grande civiltà urbana si rapportavano nei confronti della divinità. L’evento berlinese, tra le altre cose, richiama l’attenzione di tutta la comunità internazionale su un tema quanto mai delicato e spinoso: quello della tutela del patrimonio storico e archeologico nelle aree di guerra. La zona di Warka, dove si trova l’antica Uruk, non ha subito particolari danni. Ma le attività clandestine di scavo, nonché i frequenti saccheggi che si registrano tuttora nell’area, rischiano di compromettere (per sempre) la memoria del cammino dell’uomo verso la civiltà.