Il caso. Unità 731, il Giappone fa i conti con i suoi «Mengele»
L’Archivio nazionale del Giappone ha deciso di rendere noti i nomi di 3.607 membri dell’Unità 731 dell’esercito imperiale che negli anni precedenti la Seconda guerra mondiale e durante quelli del conflitto condusse esperimenti di guerra batteriologica su cavie umane, soprattutto prigionieri cinesi e coreani nel campo di Ping Fang, presso la città di Harbin nella Manciuria occupata. A confermarlo ai mass media è Katsuo Nishiyama, professore anziano all’Università di Scienze mediche della città di Shiga: «Per la prima volta sono stati diffusi i veri nomi di quasi tutti i membri dell’unità. Li pubblicheremo nel sito web in modo che possano esser usati a scopo di ricerca».
L’elenco, che riporta la data del primo gennaio 1945, include i nomi, i gradi e molte informazioni personali (inclusi gli indirizzi e i dati sui familiari) di 52 chirurghi, 49 ingegneri, 38 infermiere e 1.117 medici di guerra, in buona parte impiegati nel quartier generale dell’unità che aveva il nome ufficiale di Dipartimento per la prevenzione delle epidemie e la depurazione dell’acqua, dipendente dall’Armata del Kwantung, fucina di personalità e linee focali nel militarismo nazionalista nipponico dall’inizio del secolo. Ufficialmente destinato a progettare sistemi di depurazione idrica e costruito tra il 1935 e il 1936, il complesso che ospitò le attività dell’Unità 731 in 150 edifici sparsi su un’area di sei chilometri quadrati, venne affidato al comando del generale Shiro Ishii. A Ishii, che era un chirurgo, venne indicata la priorità di sviluppare germi e tossine per uso bellico.
Per anni, sotto la sua guida, sostanze tra le più tossiche allora disponibili vennero inoculate in prigionieri cinesi e coreani arrestati e condannati per spionaggio. Si calcola che tutto questo si tradusse in almeno 10 mila vittime di abusi e sofferenze disumane. I registri parlano di una media di 600 prigionieri inviati ogni anno a Ping Fang dal Kempeitai, la polizia militare giapponese, molto temuta e praticamente onnipotente. Spesso paragonato a Josef Mengele, il capitano medico delle SS che operò a Auschwitz tra il maggio 1943 e la caduta del Terzo Reich, dal 1942 Ishii condusse come l’omologo tedesco esperimenti che sembrano esulare dalle strette necessità - pur cruente - delle ricerche che gli erano state affidate, fino a diventare esempio di un 'Male insensato'. In parallelo con le attività di sperimentazione di agenti patogeni, sui loro effetti e sulla loro gestione e diffusione in ambito bellico, le testimonianze storiche rimandano anche ad aborti forzati, paralisi e attacchi cardiaci indotti, severa ipotermia e amputazioni su uomini e donne di ogni età. Inoltre, come risultato della sperimentazione delle ricerche a Ping Fang, centinaia di migliaia di cinesi furono infettati da germi diffusi su centri abitati e sui militari cinesi in combattimento.
Premiato con la nomina a capo dei servizi medici della Prima armata di stanza in Cina nel 1942, promosso responsabile della salute pubblica giapponese nel marzo 1945, Ishii sovrintese, poche settimane prima della sconfitta del Giappone, alla distruzione totale con esplosivi e fuoco dell’Unità 731. I 150 prigionieri ancora in vita vennero passati per le armi e gli ultimi operatori del sito rientrarono in Giappone dove, come buona parte dei loro 20 mila colleghi impiegati in un decennio, furono reintegrati e mai puniti. Gli orrori dell’Unità 731 sono noti e da sempre sottoposti a una stretta analisi da parte degli storici e della politica. Alcune diplomazie utilizzarono quei fatto come strumento per porre Tokyo davanti alle proprie responsabilità nei conflitti moderni in Estremo Oriente e per l’accanimento verso le popolazioni assoggettate. Responsabilità che i giapponesi faticano ancora oggi a riconoscere pienamente, ritenendo a livello comune di essere stati in maggioranza coinvolti loro malgrado nel militarismo prebellico. Un debito che nei fatti è stato tragicamente 'saldato' con la doppia devastazione nucleare.
Ufficialmente, tuttavia, molto resta secretato o passa sotto silenzio, anche in relazione al complesso rapporto con Washington. Il generale Ishii e diversi altri coinvolti nell’Unità 731 ricevettero nel 1946 l’immunità da ogni accusa dal Tribunale internazionale per l’Estremo Oriente ( Tribunale di Tokyo) avendo fornito agli Stati Uniti tutti i dati (definiti dall’allora segretario alla Sanità Usa «inestimabili ») della loro criminale attività relativi all’utilizzo di oltre 20 diversi ceppi batterici, incluso antrace, botulino e vaiolo. La morte del principale responsabile per un tumore alla gola nel 1959, secondo la figlia dopo essersi convertito al cattolicesimo, non mise fine alla ricerca più profonda della verità sull’Unità 731. Solo da 2015, tuttavia, si è concretizzata la richiesta di chiarire l’identità di tutti i protagonisti, non senza resistenze ufficiali e con negoziati anche aspri, durati fino allo scorso gennaio. Un traguardo non definitivo. Ad esempio, lo stesso gruppo guidato dal professor Nishiyama ha avviato una raccolta di firme per costringere l’Università di Kyoto a verificare la legittimità del diploma conferito a un ufficiale medico collaboratore di Ishii, che potrebbe avere basato la sua tesi di laurea proprio su esperimenti di vivisezione nell’Unità 731.