Il Governo tende la mano alle oltre cento televisioni locali che rischiano di essere spente nelle prossime settimane. E, attraverso il sottosegretario con la delega alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli, apre spiragli per «cancellare gli errori che hanno caratterizzato il passaggio dalla tv analogica a quella digitale in questo comparto fondamentale per il panorama informativo italiano e per il pluralismo».Di fronte al diktat imposto alle tv di dover restituire entro la fine dell’anno i canali che permettono loro di trasmettere ma che creano interferenze con le stazioni oltre confine,
Giacomelli annuncia «la possibilità di mettere in campo frequenze non assegnate» fra cui quelle dell’ex beauty contest. Sia le frequenze rimaste in mano allo Stato dopo l’asta della scorsa primavera, sia quelle mai entrate in alcuna gara potranno finire alle televisioni locali per continuare ad andare in onda. Lo chiedevano da tempo le associazioni di categoria. «Stiamo lavorando con Bruxelles per poter utilizzare anche le frequenze che erano inibite per la procedura di infrazione aperta dall’Unione Europea e che, invece, noi vorremmo concedere in questo frangente», fa sapere il sottosegretario che ha un passato da dirigente televisivo. Una svolta che rappresenta una sorta di rivoluzione per l’intero settore delle telecomunicazioni italiane. Il
beauty contest è il "concorso" per assegnare le sei frequenze nazionali rimaste libere con il passaggio al digitale terrestre. Prima doveva essere un'assegnazione gratuita; poi sono state tre sono state messe all'asta, ma una è stata affidata: perché soltanto Cairo ha scelto di partecipare alla gara.Non solo. Giacomelli ipotizza anche uno slittamento dell’ultimatum dato alle reti locali per restituire le frequenze: il 31 dicembre. È stabilito che le emittenti debbano liberare i canali per quella data, altrimenti scatterà il blocco degli impianti.
«Non ci saranno misure coatte – dice il sottosegretario –. Alle tv e alle loro associazioni lanciamo una sfida: vogliamo fare insieme un percorso virtuoso nei tempi che saranno necessari. Se occorrerà qualche settimana in più, la concederemo. Purché non si tratti di una dilazione per far sì che tutto resti com’è oggi».Giacomelli fa un passo indietro per spiegare come si è arrivati alla “teleghigliottina”. «Non siamo noi a mettere in pericolo le emittenti locali. Anzi, tentiamo di salvarle. Perché le tv sono in bilico per le scelte adottate negli anni precedenti.
Quando c’è stato l’avvento del digitale terrestre, si è optato per una nuova saturazione dello spettro e sono state usate frequenze che l’Italia non poteva impiegare». Il riferimento è alla scelta di concedere nel 2012 alle tv locali settantasei canali che l’Unione internazionale delle telecomunicazioni (Itu) di Ginevra ha riservato a Slovenia, Croazia, Francia, Malta, Svizzera e San Marino. Con il risultato che oggi i segnali delle nostre reti si sovrappongono a quelli delle emittenti dei Paesi vicini e tendono a oscurare i loro programmi. «Di fatto – prosegue Giacomelli – si è voluto proteggere il duopolio caricandone il peso sulle spalle dell’emittenza locale. E adesso siamo al paradosso che nessuna delle nostre frequenze è riconosciuta a livello internazionale».Di sicuro le frequenze sotto accusa dovranno essere lasciate. «Sono state identificate con chiarezza quelle che creano interferenze e che perciò non vanno usate – afferma il sottosegretario –. È un lavoro compiuto dall’Agcom con cui abbiamo un’ottima collaborazione. Per questo
abbiamo scelto di favorire ogni iniziativa che consenta alle emittenti di liberare volontariamente le frequenze senza che abbiano gravi problemi: ad esempio, incentivando gli accordi per il trasporto sulle frequenze di altre tv o creando realtà consortili. Inoltre il Governo è impegnato a trovare risorse aggiuntive per gli indennizzi» alle reti che dismetteranno i canali.A questa strategia si accompagna la volontà di «assegnare nuove frequenze e facilitare una riorganizzazione autonoma degli operatori», aggiunge Giacomelli. L’obiettivo finale ha più volti. «Puntiamo, da un lato, a far rientrare l’Italia nella legalità internazionale iscrivendo tutte le nostre frequenze a Ginevra ed eliminando la Penisola dalla lista nera degli osservati speciali. Dall’altro, desideriamo che le tv locali abbiano la certezza di poter operare in tranquillità. Ormai non è più possibile far finta di niente o procedere con un’altra invenzione all’italiana per tirare a campare. Sarebbe l’ennesimo macigno sulle emittenti locali e sulle migliaia di lavoratori che animano queste televisioni».