Agorà

Ricerca. Tv, se il dolore fa disinformazione

Roberto I. Zanini mercoledì 25 marzo 2015
I morti ammazzati e le loro prurigini sessuali; i familiari e i loro amanti, il loro dolore, la loro rabbia, i loro pianti, le loro morbosità; le interviste ai presunti assassini; gli amici, gli avvocati e il loro protagonismo mediatico; illazioni irriverenti, sospetti infamanti, microfoni e telecamere che violano ogni diritto alla privacy; particolari esclusivi che vengono smentiti dai fatti; ricostruzioni di grandi esperti (a morto ancora caldo) che si rivelano destituite di fondamento; il sistematico gioco delle parti fra innocentisti e colpevolisti; la ricostruzione degli eventi come se si trattasse di una fiction e non di vero sangue innocente. Tutto questo e altro ancora (tante volte condito da approssimazione) è quel genere televisivo che viene comunemente chiamato tv del dolore. Impazza sulle nostre reti generaliste con una media di tre ore di trasmissione al giorno: per buona parte in fascia protetta e con la frequente violazione dei codici deontologici.Una corposa indagine dell’Osservatorio di Pavia, su richiesta dell’Ordine dei giornalisti, ne indaga la quantità, le modalità e, sotto certi aspetti, la qualità. Un lavoro che prende in considerazione i tre mesi televisivi dal 15 settembre al 15 dicembre 2014 relativamente alle tre principali reti Rai, alle tre Mediaset e a La7, con particolare riguardo ai talk show, programmi giornalistici e di approfondimento. Sono state così evidenziate circa trecento ore di trasmissioni centrate su fatti di cronaca nera e su soli sei canali, considerando che nel periodo considerato i programmi di La7 non si sono occupati di queste cose. Il 70% è concentrato su Raiuno e Canale5, in particolare in quattro trasmissioni: Storie vere, La vita in diretta, Mattino Cinque, Pomeriggio Cinque. Le due reti che seguono sono Raitre e Rete4.Gli elementi di criticità considerati dall’indagine sono stati sette: a) raffigurazione strumentale del dolore; b) drammatizzazione e spettacolorarizzazione del dolore anche attraverso una vera e propria serializzazione; c) eccesso di pathos nel racconto; d) narrazione empatica ed emotiva; e) messa in scena di un processo virtuale con accusa, difesa e protagonismo di periti e testimoni; f) accanimento mediatico con eccessi inquisitori e incuranza delle sensibilità di protagonisti e spettatori; g) commistione fra informazione e intrattenimento.Sulla base di questo schema interpretativo, secondo gli analisti dell’Osservatorio di Pavia, le trasmissioni con maggiori criticità sono risultate Mattino Cinque, Pomeriggio Cinque/Domenica live, Storie Vere e Chi l’ha visto? Con criticità intermedie La vita in diretta, Quarto grado, Amore criminale. Molto meno problematiche Uno mattina e I fatti vostri. Riguardo ad alcuni di questi programmi come Chi l’ha visto? si è però parallelamente evidenziata la professionalità e sobrietà della maggioranza dei servizi, la proposta di immagini e scene di dolore contenuto, il corretto atteggiamento con i familiari in studio. Per altre come I fatti vostri è stata rilevata la delicatezza e il rispetto (tali da depotenziare ogni elemento di criticità) con i quali vengono condotte le interviste.In questo contesto, che il presidente dell’Ordine dei giornalisti Enzo Iacopino (ha presentato ieri mattina l’indagine a Roma assieme al presidente dell’Osservatorio di Pavia Stefano Mosti) ha definito «di diffusa violazione dei codici deontologici e delle regole imposte dalle Autorità di controllo», emergono ulteriori e forse più gravi evidenze. Prima fra tutte la parzialità degli argomenti. Il 57% del tempo totale delle suddette trasmissioni è stato dedicato ai due casi di Loris Stival ed Elena Ceste. Se si aggiunge il caso di Yara Gambirasio su Canale5 tocchiamo l’80% e su Raiuno sfioriamo il 70. Tre soli casi ai quali si aggiunge più marginalmente quello di Roberta Ragusa, mentre Chi l’ha visto? ha dedicato spazio anche al “pruriginoso” caso Piscaglia, a quelli «tutti illazioni» del caso Ragusa e al caso Gilberta Palleschi. In sostanza si tratta di pochissimi eventi e tutti relativi a omicidi, scomparse, donne e minori. Altri reati e problematiche sociali serie e diffuse, ma evidentemente non di moda, meno mediatiche e non serializzabili, ricevono scarso interesse. Dai dati risulta così che il problema della pirateria stradale ha ottenuto al massimo il 2,1% dello spazio su Raiuno e lo 0 su Raitre, Rete4 e Italia1. Ancora meno i casi legati al disagio, alla povertà, alla malattia, a incidenti e calamità naturali. Chi guarda solo le trasmissioni di Italia1, inoltre, approfondisce nel 71,7% solo casi di abusi e maltrattamenti. Insomma, «è stato passato ogni limite» ed «è ora di cambiare atteggiamento» aggiunge Iacopino, prodigo di esempi: dalla “intervista” tutta illazioni del 23 novembre, fatta da Barbara D’Urso a un presunto amante di una delle vittime sopra citate; al “grande criminologo” che sul caso Loris, a corpo appena ritrovato, aveva già «la sua verità, poi smentita dai fatti». Proprio per denunciare questa cattiva informazione Iacopino sarà a un convegno organizzato sabato 28 a Santa Croce in Camerina, il paese di Loris, col sindaco e con Augusta Iannini vice presidente dell’Autorità Garante della privacy.