Tecnologia. La tv del futuro? Si arrotola e dialoga con gli spettatori
Uno degli esperimenti televisivi dell'Nhk, la tv di Stato giapponese
La tv del futuro nasce nel caos di Tokyo, fra il groviglio di strade di una capitale di 13 milioni di abitanti che di fatto non ha periferie. A mezz’ora di auto dall’incrocio di Shibuya, simbolo della metropoli, fra le casette circondate dagli alberi di ciliegio, un palazzo bianco di quattordici piani affiancato da quattro dependance svetta con le sue antenne e parabole. È la fabbrica dove si progetta il domani della televisione. Che sarà arrotolabile, che dialogherà con lo spettatore, che potrà colorare i film in bianco e nero, che tradurrà in tempo reale ogni trasmissione con il linguaggio dei segni, che sarà in 3D ma senza bisogno degli occhialetti e soprattutto che avrà una nitidezza di gran lunga superiore a quella del cinema e tale da rasentare la perfezione dell’occhio. Fantascienza? No, progetti allo studio della Nhk, l’emittente di Stato giapponese.
All’ingresso il logo che entra nelle case del Paese e compare sugli schermi indica chi sia il padrone di casa. La sigla somiglia alla scritta di un fumetto manga: ma qui siamo nella patria dei disegni popolari e tutto è concesso, anche alla principale stazione nazionale. Sotto, prima in ideogrammi e poi in inglese, il cartello: “Laboratori di ricerca scientifica e tecnologica”. Perché la Rai nipponica è probabilmente la rete pubblica che più di ogni altra al mondo investe sull’hi-tech. Quando si supera la grande porta a vetri, l’hall è un caleidoscopio di schermi. E di fumetti che spiegano come sarà la televisione ormai dietro l’angolo.
Una volta varcati i tornelli, la sensazione è un’altra: sembra di muoversi fra i reparti di un ospedale più che in un atelier ultramoderno. Lunghi corridoi, marcati dal grigio, scandiscono i piani. Nessun rumore. Al massimo qualche sussurro. Ma in Giappone il silenzio è tratto comune ovunque. E fra queste stanze si sperimenta l’avvenire. Lo si immagina e lo si crea. Come il televisore avvolgibile, ad esempio. Somiglia a un poster ma non è di carta. A toccarlo sembra di sfiorare un tappetino del mouse. E si può inserire in un tubo come fosse un manifesto. «Abbiamo scelto di usare la plastica – spiega il senior manager Masaru Miyazaki –. Le immagini saranno nitidissime. E soprattutto la vera svolta sarà legata al peso: per adesso, esperimenti simili hanno portato a produrre schermi ancora ponderosi. La nostra sfida è di avere supporti leggerissimi, quasi fossero cartelloni». I tempi? «Non facciamo previsioni. Siamo ancora a una fase embrionale».
Ben più avanzata è la tv che dialoga. Non c’entrano i social o i cellulari con cui inviare giudizi in diretta. La conversazione fra chi guarda e lo schermo è mediata da un robot. Ma non dite che è un assistente vocale. «Non serve tanto a comandare il televisore – chiarisce Miyazaki –. È un “amico” che vuole tenere compagnia al pubblico». Volto giallo e corpo bianco, muove le braccia. E chiacchiera su quanto viene trasmesso. Se va in onda un programma di cucina, può chiedere: «Ti piace il piatto che si sta preparando?». E poi: «Hai gli ingredienti?». A collegare i dispositivi è una rete wireless che si avvale degli input inviati dall’emittente per far parlare l’androide (che ancora non ha un nome). «Avrà anche un suo linguaggio corporeo e potrà offrire informazioni aggiuntive. Non solo. È un esempio di televisione ibrida destinata a sostituire i sottotitoli», rivela Junpei Yoshioka, referente comunicazione dell’Nhk. Certo, l’idea che un “Goldrake” connesso allo schermo possa essere il surrogato di un gruppo di ascolto è tutta giapponese. «La nostra è una società segnata dalla solitudine e da relazioni interpersonali ridotte ai minimi termini – spiega Shizuka Therese Yasuda, docente alla Nihon University di Tokyo –. Allora anche un robot può aiutare a superare l’isolamento, soprattutto degli anziani». L’intelligenza artificiale contagia anche i vecchi film che diventano a colori grazie a un innovativo procedimento digitale che riconosce oggetti e figure e li colora automaticamente perché «sono stati immagazzinati 8 milioni di immagini da 20 milioni di programmi tv», racconta il senior manager delle pubbliche relazioni, Masahiro Nakamura.
Comunque, per l’Nhk il fiore all’occhiello è la “super tv” racchiusa nella sigla 8K. Si tratta della televisione più definita che oggi esista. Di fatto moltiplica per quattro la qualità del 4K che è già presente nelle nostre case. L’emittente di Stato nipponica l’ha già superata da un pezzo e ha lanciato lo scorso dicembre il primo canale satellitare della “super tv” che si aggiunge ai suoi dieci fra radiofonici e televisivi. «Ci piace chiamarla la tv di nuova generazione», afferma Yoshioka. Nella sala che presenta l’8K uno schermo di 85 pollici (uno dei pochissimi in vendita a oltre 10mila euro) mostra un documentario sul Louvre girato a Parigi da una troupe arrivata direttamente dall’Asia. Il video è talmente definito che sembra di camminare veramente fra i corridoi del museo o di percepire le forme morbide della Nike di Samotracia. Passano dieci minuti e il canale propone un concerto jazz da New York: ventidue altoparlanti riproducono la musica che avvolge lo spettatore. «Puntiamo sul realismo estremo non solo per quanto riguarda le immagini ma anche per l’audio», osserva Miyazaki.
La “super tv” entrerà nel pacchetto che l’Nhk sta mettendo a punto in vista delle Olimpiadi di Tokyo nel 2020. Già durante i Giochi di Londra del 2012 la tv giapponese aveva trasmesso alcuni eventi in 8K. «Ma sarà il prossimo anno quello che sancirà un’autentica rivoluzione televisiva», spiegano nei laboratori. Faranno parte del kit olimpico anche un nuovo “ultra rallenty”, sofisticato rallentatore per centellinare i momenti salienti di una sfida. E la traduzione di tutte le telecronache nel linguaggio dei segni per i non udenti. Anche in questo caso è stato scelto un manga. In un’ala del centro di ricerca la conduttrice (digitale) è già realtà: o meglio, è un cartone animato in perenne movimento che riproduce ogni parola nel Lis. «Per rendere i gesti più precisi possibile ci siamo avvalsi di sensori applicati all’uomo. E in questo modo sono stati memorizzati oltre 9mila vocaboli», fa sapere Miyazaki.
Impossibile invece utilizzare durante le Olimpiadi il nuovo 3D che l’Nhk sta testando. Troppo complesso gestire una parete di microtelecamere che “cattura” le azioni e le invia su uno schermo ad altissima risoluzione che ricrea la profondità su una superficie piatta. Così come è ancora ipotetica la holo-tv, vale a dire l’olografia televisiva che fa uscire il video dal televisore riproducendolo in tre dimensioni in mezzo al soggiorno. «Per adesso è un’esperienza prematura – conclude Yoshioka –. Però ci arriveremo».