Agorà

Tendenze. Tutti pazzi per il biathlon

Mario Nicoliello sabato 26 gennaio 2019

Per farsi contagiare dalla biathlon-mania occorre salire fino ai 1.600 metri di Anterselva, lembo estremo della Val Pusteria al confine con l’Austria. Qui, a due passi dal lago ghiacciato, sorge uno stadio avveniristico del fondo più tiro, teatro ogni anno della Coppa del Mondo, arena dei Mondiali ogni quindicennio (i prossimi nel 2020) e palcoscenico pronto per le Olimpiadi del 2026 in caso di successo della candidatura tricolore. In quattro giorni l’intera vallata è invasa da 65mila spettatori paganti (prezzo medio del biglietto a 25 euro), protagonisti di uno show dentro e fuori la pista, il cui giro d’affari è stimato in 2 milioni di euro.

Numeri pazzeschi, atmosfera da brividi, strutture all’avanguardia (la sala stampa inaugurata quest’anno non ha eguali nel circo bianco), eppure lungo lo stivale il fenomeno è rimasto sempre nell’ombra. Ma adesso qualcosa si muove. «Durante la gara gli incoraggiamenti in italiano sono numerosi, mentre in passato sentivi soltanto urla in tedesco», spiega l’azzurro Dominik Windisch, decimo ieri nella sprint. Gli fa eco il collega Lukas Hofer, ottavo: «È bello vedere tanti tifosi che tifano per noi, l’attenzione sta crescendo grazie anche ai risultati delle ragazze. Spero che la passione aumenti ulteriormente in futuro». Ma la sintesi più efficace è del direttore tecnico azzurro Fabrizio Curtaz: «La popolarità sta aumentando, ma siamo ancora piccolini, quindi occorre continuare a fare risultati».

Proprio i successi di Dorothea Wierer e Lisa Vittozzi, “le gemelle diverse” del biathlon azzurro come le ha definite il magazine della Federazione Internazionale, hanno catapultato il biathlon agli onori delle cronache nostrane. Doro e Lisa, oggi al via dell’inseguimento, occupano le prime posizioni della classifica di Coppa del Mondo. Due azzurre in cima al mondo, un fenomeno eccezionale considerando che la nostra base è composta da non più di trecento atleti sparsi nella decina di strutture omologate: sei tra Alto Adige e Friuli, una in Valtellina, due in Valle d’Aosta e una in Piemonte.

La necessità del porto d’armi è il principale limite al reclutamento, perché i bambini sparano ad aria compressa, ma quando si passa alle categorie giovanili si usa la carabina a fuoco calibro 22 e di conseguenza per i minorenni è indispensabile che uno dei genitori abbia il permesso. Nonostante i numeri ristretti, gli azzurri si sono tolti più di qualche soddisfazione negli anni Ottanta e Novanta, ma quei podi olimpici e mondiali non hanno avuto alcuna cassa di risonanza, col biath- lon oscurato dal cugino sci di fondo. Nell’ultimo decennio il lento, ma graduale sorpasso, col fondo impantanatosi in una strada senza uscita – urgono correttivi nei format di gara, altrimenti c’è il rischio estinzione – e il biathlon divenuta la disciplina più spettacolare del panorama invernale, grazie a gare incerte fino alla fine, colpi di scena dietro l’angolo e tempi di svolgimento ristretti. Ingredienti ideali per una ricetta d’appeal per le tv, capaci di riversare quattrini nel settore e attirare numerosi sponsor. Soprattutto di matrice teutonica, considerato che dalla Baviera in su questo sport è una religione. In Italia non c’è copertura in chiaro, ma la Rai si sta muovendo per acquistare per la prossima stagione i diritti sia per la Coppa che per i Mondiali. Intanto a marzo la tv di Stato spedirà un inviato alla rassegna iridata di Östersund, in Svezia, segno tangibile di un cambiamento di attenzione.

La crescita recente della squadra italiana era cominciata col bronzo olimpico nella staffetta mista a Soci 2014 e si era cementificata con i due podi di Pyeongchang 2018, ad opera di Windisch e del quartetto misto: «Dire che potevamo ancora migliorare dopo l’anno scorso era difficile, invece siamo stati capaci di un altro saltino», chiosa Curtaz. Oltre ai risultati per catturare l’attenzione dei non addetti ai lavori occorreva un volto mediatico, che il biathlon tricolore ha trovato in Dorothea Wierer: più bella che brava, si diceva quando l’altoatesina raccoglieva meno rispetto a quanto seminato. La faccia sorridente e il fisico mozzafiato di Doro hanno scardinato i confini della disciplina, ma per debordare si è dovuto attendere il salto di qualità di Lisa Vittozzi. Il fatto che una ragazza di Sappada, quindi non di lingua tedesca, abbia trionfato in Coppa del Mondo ha rilanciato il biathlon su una prospettiva nazionale, portando la disciplina anche nel Tg1 delle 20.

È bastato questo per far entrare nel mondo incantato degli sci stretti e della carabina anche il distratto pubblico italiano, che nel week-end costituisce il 18% degli spettatori giunti ad Anterselva: una fetta mai raggiunta prima. In Alto Adige Wierer e Vittozzi sono giunte sulle ali dell’entusiasmo, diventando le eroine del pubblico proveniente da mezza Europa. Tendone con cibo, musica e danze diurne a bordo pista, villaggio per gli spettacoli serali più a valle. Una kermesse resa possibile dal lavoro dei venti impiegati del comitato organizzatore e dagli oltre mille volontari, tanti dei quali impegnati nel trasporto dalla stazione di Valdaora fino in quota. Una salita facile in autobus, ma difficile in bicicletta, che a maggio sarà teatro di un arrivo di tappa del Giro d’Italia. Per siglare il gemellaggio tra biathlon e ciclismo il Trofeo Senza Fine ha fatto capolino sulla neve, mentre Gilberto Simoni e Dorothea Wierer hanno dato vita a una sfida ibrida con sci e pedali. Ha vinto Doro, la regina indiscussa della valle del biathlon.