Musica e cultura. Da Pino Daniele a Gragnaniello, tutte le voci di Napoli
Gli eredi a colpi di dubA partire dalla metà degli anni Novanta, gruppi come gli Almamegretta, i 24 Grana, i 99 Posse hanno insieme rotto e aperto a nuove sonorità il corpo della tradizione napoletana. La “rivoluzione” è stata in qualche modo preparata da formazioni storiche degli anni Settanta come La Nuova Compagna di canto popolare , i Musica nova di Eugenio Bennato (ex NCCP poi approdato al progetto Taranta Power), gli E’ zezi, la formazione di Napoli centrale. Il recupero di materiali, spesso sotterranei, della tradizione si sposa la rivendicazioni marcatamente sociali e politiche. In particolare, nella Compagnia di canto popolare questo lavoro di recupero si fonde a una dimensione “teatrale”, nel quale il corpo, da sempre al centro della rappresentazione napoletana (da Pulcinella a Totò), ritrova la sua dimensione espressiva, debordante, carnevalesca. Nella produzione degli Almamegretta è prepotente il richiamo all’identità, a una napoletaneità non più schiacciata su abusati cliché. Il sud è chiamato a una nuova insorgenza (“Sud insist cha resist”), a una non supina accettazione del presente (“Genta mia genta generosa/ non v’arrenit cambiat tutt’ e cos”), a una vitale e disperata affermazione identitaria (“tenimm sangue e anima/ o tenimm verament stu sangh’ e anima”). Il racconto su Napoli – una Napoli violenta e solare, irredenta e generosa – avviene attraverso il racconto di vite marginale come in O bbuon e o malament, nella bellissima e cruda 47 , nella città ripiegata nei suoi vicoli (“Per rint e vicoli addo non trase o mare”). La ridefinizione identitaria preme su narrazioni consolidate, arriva a rovesciare la storia, come in Figli di Annibale (“Se conosci la tua storia/ sai da dove viene/ il colore del sangue che ti scorre nelle vene”).Dagli Almamegretta si è staccato Raiz per intraprendere una carriera solista tra le più interessanti del panorama musicale napoletano. Ancora il rifiuto di ogni compromesso: ” Arrevuotate arrepigliate chiesta è a vita toja/ tu non t’arrennere”. Il percorso intrapreso da Raiz testimonia un’inquietudine e una ricerca instancabile, un’erranza tra codici, lingue, culture. Raiz non solo si è ricongiunto con gli Almamegretta, ma si accompagna con i baresi Radicanto – gruppi tra i più raffinati della musica italiana- , con il chitarrista Fausto Mesolella, ex Avion Travel.
Anche i 24 Grana – orfani della voce di Francesco di Bella uscito recentemente dal gruppo - partono dalla tradizione per violarla, per spingerla oltre i suoi confini. Come nell’antica O’ cardillo (interpretata tra gli altri anche da Sergio Bruni), Vesuvio (degli e Zezi), o il Canto dello scugnizzo (di Bennato). L’universo sonoro della tradizione è piegato all’impasto acido di reggae e punk. Anche l’amore, tema onnipresente nella tradizione, trova cittadinanza nel repertorio dei 24 Grana come nella bellissima Kevlar: “Quanta speranza s’arape ‘a matina/ quanno ‘a matina s’arape cu te/ quanno nu juorno ‘è colori ne è chino/tanta è ‘a speranza che trovo co’ me” . Più schiacciata su forme di militanza politica è la produzione dei 99 Posse che vivono la loro stagione migliore con l’intreccio di voci di Meg e Luca Zulù Persico. Lucariello, Co’sang, Clementino, Ciccio Merolla esplorano nuove forme di sonorità privilegiando le ossessive scansioni del rap. A cavallo tra i patrimoni musicali campani e pugliesi, si muove Eugenio Bennato. Sua la Brigante se more, sorta di inno, di appello alla resistenza, attraverso la riscoperta della figura del brigante, emblema di una rivolta fallita e trasfigurata nel presente. In Sponda sud il ricordo di un’Italia minore si sposa ai ritmi della taranta e a incursioni nel mondo sonoro mediorientale e africano. Teresa de Sio in Amén ritrova l’invocazione, il tu dato ai santi, una religiosità abituata alla convivenza con il sacro e rivissuta ancora una volta in chiave di rivolta: “Oi Maro nun dice Amén”. Lo stesso Tu ritorna in un brano interpretato da La moresca, Oje Maronne fance chiovere. Più vicini a sonorità di stampo americano i Foja e gli 'A67. Enzo Avitabile – a cui Jonathan Demme ha dedicato un film documentario – unisce l’immersione nella tradizione con sonorità tipicamente africane.La lode del creatoDi Enzo Gragnaniello è il bellissimo canto Stu criato: “E figl/ e figl song è Dio/ e nun se tocca nient e chelle ca e’ stato criato”.