Lo spettacolo. Conti, Pieraccioni e Panariello insieme per un Tour da ridere agli “amici miei”
«Se faremo noi tre il prossimo Sanremo? Ma no! E nun se po’ sta sempre insieme!». Sbottano in vernacolo toscano Giorgio Panariello, Leonardo Pieraccioni e Carlo Conti. I tre “uomini d’oro” dello spettacolo italiano hanno esaurito il 5 e 6 settembre l’Arena di Verona (una serata era dedicata ad Airc per la ricerca sul cancro) debuttando con lo show Il tour, che proseguirà per oltre venti date, tra Milano (Assago), Roma, Firenze e Livorno. Un tifo da stadio per un paio d’ore di comicità dove i tre tornano a riunirsi dopo oltre 20 anni, riproponendo alcuni sketch di Fratelli d’Italia lo spettacolo del 1993 con cui debuttarono nel cabaret, e monologhi più riflessivi sulla vita di oggi. Insomma, il sospetto che sia una prova generale per il prossimo Festival cresce... «Qualcuno pensava che fosse una semplice rimpatriata tra amici, invece è uno spettacolo molto studiato», raccontano ad Avvenire i tre artisti fiorentini, rilassati, prima di entrare nell’Arena. Si conoscono bene da quando avevano 15 anni (Panariello e Conti erano anche compagni di scuola), dai tempi della gavetta insieme nelle radio e nelle tv locali toscane sino al successo individuale. E che quello che si vede sul palco gli assomiglia molto. Pieraccioni, il regista, serve la battuta irriverente, Panariello, il teatrante, la rilancia, Carlo Conti, il conduttore tv “perbene” (dal 16 torna su Rai 1 con Tale e quale show), regge il gioco e incassa.
Conti-Panariello-Pieraccioni: come è nata l’idea della “reunion”? Conti: «Non facevamo più show insieme a causa degli impegni singoli. Tutto è nato due anni fa, quando ci siamo riuniti al Mandela Forum di Firenze per il compleanno del nostro amico Francesco Nuti. Ci siamo divertiti, e allora ci siamo dati un obiettivo».
Panariello: «Abbiamo già pronte le date del prossimo tour in programma fra 20 anni...».
Pieraccioni: «Siamo peggio dei Pooh, però siamo meno biodegradabili... Loro hanno fatto tanto per il Wwf perché avevano paura di estinguersi. Ma non si estingueranno mai perché, come i Gremlins, si riproducono: Facchinetti jr, Battaglia jr...».
Superata la soglia dei 50 anni, come siete cambiati? Pieraccioni: «Ognuno porta in scena come sono cambiate le nostre vite 20 anni dopo: la nascita di una figlia per me, di un figlio per Carlo, una macchina nuova per Giorgio... Io faccio un monologo comico sui bambini, lui sui forever young, i cinquantenni d’assalto. Ma la cosa che ci piace di più è che ci è rimasto quello spirito d’attacco all’arma bianca di allora».
Conti: «Abbiamo la stessa leggerezza e giocosità. Stare insieme fa in modo che si allentino certe tensioni che nelle carriere singole si amplificano. Loro prendono in giro la mia “mania di grandezza”: nello spettacolo immaginano che da anziano io diventi addirittura Papa. Ma è solo uno scherzo fatto con grande rispetto».
Panariello: «Cambiano i tempi e cambia anche il modo di pensare la vita per noi che siamo abituati a portare la vita in scena. Ma tra noi c’è un’empatia che ci fa tornare immediatamente indietro nel tempo».
Ognuno di voi rappresenta anche un diverso settore dello spettacolo italiano: teatro, tv e cinema.
Conti: «Sono tre mondi che interagiscono nello spettacolo. La televisione oggi è in una fase epocale, dal palinsesto fisso si passa a un modo di fruizione totalmente diversa e bisogna adeguarsi».
Pieraccioni «Il cinema non è molto cambiato, è cambiato un po’ il linguaggio, oggi influenzato dalla pubblicità e dalla televisione. Semplicemente si fanno film riusciti o non riusciti. Io ho sempre detto che sono un cabarettistista imprestato al cinema. Poi ho smesso di fare cabaret quando qualcuno ha iniziato a dire che a teatro facevo più ridere che al cinema. Ma sono due meccanismi diversi, perché a teatro c’è l’immaginazione che rende viva anche la minima battuta».
E per lei, Giorgio?
Panariello: «Mantenere l’impostazione teatrale da one man showè difficile oggi, in un mondo in cui lo spettatore fruisce dello spettacolo sul web o sul telefonino. Il teatro io spero di potere continuare a farlo ancora per tanto, finché c’è gente che ha voglia di vedere spettacoli dal vivo».
Siete molto amati dalle famiglie. Ne sentite la responsabilità?
Panariello: «Come scelgo le battute? Se fanno ridere per primo me, ci lavoro sopra. Possiamo anche essere goliardici, ma la cifra è sempre il grande rispetto per il pubblico ».
Pieraccioni: «Ognuno è il film che fa e io faccio film per un pubblico di famiglie. Comunque l’indole del guitto sta nel gioco e nel divertimento, ma il testo deve essere di qualità».
Conti: «La soddisfazione più bella per me è vedere insieme, davanti alla tv o a teatro, nonni e nipotini insieme ».
Ma da ragazzi, vi sareste mai aspettati di raggiungere questi traguardi?
Panariello: «Non ci si pensa, ma la vocazione dentro uno ce l’ha da piccolo. Quand’ero ragazzino e abitavo coi nonni, andavo nel bagno e con la spazzola al posto del microfono mi intervistavo da solo, come se fossi uno famoso. Di indole poi sono uno che non si accontenta, mi piace variare, sperimentare, raggiungere obiettivi nuovi».
Conti: «La mia più grande soddisfazione è stato licenziarmi dopo due anni che lavoravo in banca, e il giorno dopo cominciare a fare il lavoro che mi piaceva, il dj alla radio. Ma non ho mai rincorso il successo, tutto è venuto in maniera naturale, lavorando tanto con serenità. E superando il traguardo più alto di tutti, quello di formare una famiglia».
Pieraccioni: «Ma te il figlio tu quando l’ha’ fatto che sei sempre in tivù?».
Panariello: «Ma il figliolo nun l’è suo, l’è di Bonolis. Carlo, guarda caso, quando ci stai te in tv, lui non c’è...».
E la sua vocazione da ragazzo, Leonardo?
Pieraccioni: «Io quando avevo 14 anni, mentre i miei amici andavano alle feste, col mio motorino me ne scappavo a piazzale Michelangelo a Firenze e lassù improvvisavo scenette da solo. Oggi in Italia ci sono tanti giovani cantanti, attori, sceneggiatori bravi, ma manca la determinazione, il voler insistere finché qualcuno ti ascolti ».
Siete ancora legati alla vostra Toscana?
Pieraccioni: «Roma è un circolo basato su giri di potere: a tutti i provini che ho fatto là, mi hanno sempre rifiutato. Ho potuto cominciare a fare cinema, solo perché il produttore fiorentino Vittorio Cecchi Gori e sua moglie Rita Rusic sono venuti a vedermi al cabaret a Firenze e gli son piaciuto. Anche per questo continuo a vivere a Firenze, le mie radici sono lì».
Conti: «Io tutti i fine settimana torno a casa a Firenze. La provincia ti aiuta a tenere i piedi per terra, lì c’è la quotidianità ».
Panariello: «Io torno sempre a Prato, lì sto tranquillo, non mi riconosce nessuno perché son tutti cinesi…Posso avere i miei spazi, ci son tanti bei localini».
Pieraccioni: «Ocché tu alla tua età vai ancora per localini?».
Panariello: «Eccerto. Ma ti pare possibile che te e Carlo andate a dormire sempre alle dieci? Nun siete normali...».