Anniversario. 150 anni dopo Toscanini è ancora sul podio
Un fotogramma del film “Toscanini: Hymn of the Nations”
Il sacerdote della musica, che esercita un potere magico su orchestre e platee. L’interprete rigoroso, esigente con musicisti e pubblico, che conosce la partitura a memoria, impone il buio in sala e cancella i bis nell’opera. L’artista impegnato, che si rifiuta di dirigere Giovinezza e per questo viene schiaffeggiato, si nega a Bayreuth dopo l’avvento di Hitler, si esilia in America, inaugura la Palestine Symphony Orchestra, embrione della filarmonica di Israele; torna in Italia nel 1946 per inaugurare la Scala ricostruita e votare repubblica. Il personaggio mediatico, per il quale nel 1937 viene allestita un’orchestra ad hoc, la Nbc. Quanti “Toscanini” ci sono? Nella sua lunga vita – dalla sua nascita, avvenuta a Parma 150 anni fa il 25 marzo 1867, alla morte avvenuta a New York il 16 gennaio 1957 – quasi 90 anni di cui 70 passati sul podio, il direttore d’orchestra italiano ha avuto un peso forse ineguagliato dentro e fuori la musica.
Al punto di diventare un mito: «E come tutti i miti si basa su verità e molta invenzione» dice Harvey Sachs. Il musicologo americano, massimo esperto di Toscanini, autore di una importante biografia uscita alla fine degli anni 70, a giugno darà alle stampe un nuovo lavoro di 900 pagine (in Italia l’anno prossimo per il Saggiatore), «basato sugli archivi della famiglia e di molti enti, nel frattempo divenuti disponibili, oltre a 1.500 lettere e un centinaio di conversazioni registrate a sua insaputa dal figlio negli ultimi anni: un documento preziosissimo, anche perché la sua memoria è stata formidabile fino alla fine». Il mito Toscanini, dunque: «Ad esempio il Toscanini domatore di orchestre e cantanti è vero fino a un certo punto.
Era duro, ma non autoritario. Ma le testimonianze di chi ha lavorato con lui sono chiare. Enrico Minetti, violino di spalla alla Scala, scrisse: “L’abbiamo ammirato, temuto e amato”. Riusciva a tirare fuori dai musicisti il massimo perché era duro prima di tutto con se stesso. Toscanini capiva che serve uno che organizzi il concetto musicale e ne imponga la visione. Ma sapeva cambiare idea. “Quando mi annoio con le mie interpretazioni“ dice nelle conversazioni, “cambio”. Per lui la musica non è una cosa immobile, ma pensava che l’inteprete ha la responsabilità di presentare in un dato momento un concetto unificato e coerente».
Come il maestro concepiva la musica e il suo modo di lavorare sono tra i capitoli della mostra di cui Sachs è curatore insieme a Franco Pulcini e che oggi apre a Milano al Museo teatrale alla Scala. Se la Scala è stato “il” teatro di Toscanini, un’ampia parte della sua vita lo vede protagonista negli Stati Uniti. «Per lui New York era un posto dove il lavoro gli era stato reso più facile. In Italia spesso aveva dovuto combattere per avere quello che voleva. Non dimentichiamo che quando vi arriva per la prima volta nel 1908, a 41 anni, era già famoso. Al Metropolitan era trattato molto bene, e lo stesso accadde alla filarmonica di New York e alla Nbc.
Era molto rispettato, si faceva di tutto per invogliarlo a restare. Poi quando era anziano c’era il fatto di essere pagato bene per lavorare senza la stessa intensità di prima. Non era avido, non capiva i soldi. L’aspetto economisco era gestito da mogli e figli. Ma senza dubbio negli Stati Uniti la vita professionale era più facile». È a New York che Toscanini si trova coinvolto in meccanismi di tipo mediatico inediti in Europa e invece già tipici oltreoceano. «Non amava le sedute di registrazione, che fissavano in modo permanente cose che per lui erano fluide. Mentre era contento delle trasmissioni radiofoniche, che raggiungevano persone lontane. Ed era un appassionato ascoltatore della radio, in un’epoca in cui si trasmettevano molte opere: e dava giudizi. Inoltre Toscanini, come testimoniano le lettere, detestava la pubblicità. Quando si trovò assediato dai fotografi fu molto irritato: perché si considerava un servo della musica. Idolatrava i compositori, considerava gli interpreti importanti ma secondari.
Se l’aspetto mediatico gli dava fastidio, d’altra parte capiva l’importanza di queste nuove forme che rendevano accessibile la musica a un pubblico più ampio». Harvey Sachs, infine, è restio a parlare di un elemento prettamente “politico” del maestro: «Il padre di Toscanini era un garibaldino, monarchico e anticlericale. Toscanini cresce con questo modo di pensare: tra il liberale e il radicale. Era anche molto nazionalista e patriottico. Per esempio durante la Prima guerra mondiale guerra aveva una posizione irredentista e interventista. Poi, quando ha visto il caos nel paese dopo la Grande guerra, nel 1919 sostiene il programma di Mussolini, che era allora ancora più a sinistra dei socialisti. Ma quando nota al direzione presa dal Fascismo, e con ancora più forza dall’assassinio di Matteotti, Toscanini si stacca e si oppone.Il suo antifascismo era quello di un convinto libertario. Credeva che tutti dovevano avere il diritto a esprimersi liberamente.
Come artista era convinto che l’arte non può esistere in un clima repressivo. Ci vuole la libertà. È per questo che nel 1929 lascia la Scala. Ed era contro ogni forma di razzismo. Non necessariamente bisogna amare tutti, diceva, ma bisogna difendere il diritto di esistere. E così difese gli ebrei in Germania. Ma non era uno che credeva in questo o in quel partito, a parte il caso del 1919, e di cui poi provò sempre vergogna».
Celebrazioni
A Milano, Parma e Bologna
Celebrazioni per i 150 di Arturo Toscanini. A Milano il Teatro alla Scala ha aperto ieri la mostra “Arturo Toscanini. La vita e il mito di un maestro immortale” a cura di Harvey Sachs e Franco Pulcini (Museo Teatrale, fino al 4 giugno). La mostra è realizzata insieme a Rizzoli, editore del volume dallo stesso titolo curato da Marco Capra. Il 25 marzo, giorno della nascita, un concerto straordinario di Riccardo Chailly con l’orchestra del Teatro alla Scala, alla presenza di Mattarella. A Parma oggi alle ore 11.00 alla Casa della Musica viene rappresentato “Toscanini sei un mito”, concerto-spettacolo dell’Orchestra regionale dell’Emilia Romagna. Il 25 si inaugurano nuovi percorsi nel museo della casa natale del direttore mentre la Fondazione Arturo Toscanini apre la nuova sede. Ancora il 25 al Teatro Comunale di Bologna un concerto straordinario diretto da Michele Mariotti.