Il caso. Tolkien di destra, Tolkien di sinistra... o forse solo grande scrittore
Una sala della mostra "Tolkien. Uomo, professore, autore" alla Galleria nazionale di Roma
«Le scarpette da ginnastica o da tennis / Hanno ancora un gusto un po' di destra / Ma portarle tutte sporche e un po' slacciate / È da scemi più che di sinistra». L’ironia di Giorgio Gaber e del suo Destra-Sinistra può venire in soccorso in questi giorni in cui l’apertura a Roma della mostra “Tolkien. Uomo, professore, autore”, alla Galleria nazionale nell’anno del cinquantenario della morte, diventa pretesto per rispolverare antiche diatribe sulla collocazione politica dell’autore del Signore degli Anelli.
Diatribe che vedono schierarsi da un lato coloro che in Tolkien vogliono vedere (solo) un conservatore antimoderno, e dall’altro quelli che controbattono esaltandone (solo) i tratti pacifisti ed ecologisti. Finché la disputa rimane gaberianamente leggera, si potrebbe continuare il gioco a lungo: e se la Compagnia dell’Anello fosse un brillante esempio di società multietnica, capace di riuscire là dove i singoli popoli “in purezza” falliscono? E se invece sottolineassimo come alla fine a sciogliere i nodi sia non il gruppo, ma il singolo, il prescelto? E via dilettandosi.
Il gioco della torre non passa mai di moda e può divertire, ma quando diventa il gioco serio della critica e della storia letteraria, allora meglio farsi guidare da Tolkien stesso: come ricordava in queste pagine Francesco Marzella nell’articolo pubblicato in occasione dell’anniversario (lo trovate QUI), il grande studioso della letteratura inglese antica invitava a gustarsi i racconti per quello che sono, a commuoversi di fronte alla potenza del mito, senza cercare di dissezionarlo – per poi magari prendersene solo qualche pezzo. Parlava del Beowulf, ma senza ancora saperlo parlava anche di se stesso.