La polvere e gli altari, con la prima a prendersi i titoli del rammarico e i secondi a regalare un sorriso tirato, perché se non altro qualcosa da festeggiare c’è: in due giorni, Paolo Lorenzi ha vinto il suo primo torneo in carriera a Kitzbühel, quindi Fabio Fognini si è regalato il quarto trionfo personale trionfo, sulla terra rossa di Umago (Croazia), per un’Italia capace di vincere due Atp in una settimana. Messe così, sembrerebbero magnifiche sorti e progressive, quelle del tennis tricolore, ma il contesto racconta invece di un’Italia che, giusto la settimana precedente, aveva gettato alle ortiche una possibile semifinale di Davis con in campo gli stessi protagonisti. E in più l’anagrafe non gioca con gli azzurri: l’exploit di Lorenzi è giunto a 35 anni, Fognini ne ha 29 giocati con troppe lune storte. E dietro di loro? Seppi ha 32 anni, Bolelli 31, il 27enne Fabbiano non è mai andato oltre la posizione numero 98 (oggi è 113esimo) e Cecchinato, classe 1990, ha ben altri problemi in questo momento, con la squalifica di 18 mesi appena comminatagli dal tribunale della Fit. E se tra le donne va un po’ meglio, è il domani a lasciare perplessi: dove e quando si è perso, esattamente, questo tennis italiano incapace di rinnovarsi e rilanciare?Forse alla Davis Junior di quattro anni fa, o forse semplicemente sta scontando l’invecchiamento generale del tennis internazionale, oltre alla mancanza di un campione trascinante o anche solo di qualche giovane di grande talento, capace di mettersi in mostra prima dei 25 anni. Già accade ormai raramente a livello mondiale; figurarsi tra gli italiani: il tennis invecchia, e non è più sport per giovanissimi o teenager. L’ultimo è stato Rafa Nadal, Parigi 2005: aveva appena compiuto 19 anni quando vinse il suo primo Slam dopo avere strappato ad André Agassi il primato delle vittorie consecutive (24) prima di compiere i vent’anni. Tra le donne poi, bisogna andare ancora più indietro, al 1999, quando Martina Hingins, a 19 anni, vinse il suo ultimo Open di Francia, lei cristallino esemplare di ragazza prodigio, campionessa di precocità che si ritirò - in realtà fu la prima di innumerevoli volte - nel 2003, appena ventiduenne. Adesso, tanto tra gli uomini quanto fra le donne, casomai a quell’età si comincia ad entrare fra i primi 25 delle classifiche Atp e Wta, mentre per vincere c’è ancora da aspettare, in un gioco che ha rivoluzionato in poco tempo l’anagrafe dei successi spostando più in là il tempo dei trionfi.Erano, il primo Nadal e la Hingins, gli epigoni dei vari Becker, Chang e Agassi o di Monica Seles, a loro volta degni eredi dei fenomeni di uno sport tradizionalmente giovane, in cui tecnica, talento e freschezza erano la base di una storia di successo. Ora non più. Il talento è la ciliegina sulla torta, ma gli ingredienti sono diversi: lavorare la palla, domarla, è quasi impossibile per questioni di velocità e profondità, mentre sono la forza fisica, l’elasticità muscolare e la tenuta mentale gli aspetti necessari per reggere i ritmi della stagione e di avversari che, anche grazie al progresso tecnologico, sono sempre più competitivi. L’atletismo davanti al talento, ed è logica conseguenza che gli atleti più giovani, per struttura fisica e mancanza di esperienza, difettino in ciò che è ora fondamentale. Così, nei ranking, è un tennis per veterani. In quello Atp, tra i primi venti al mondo ci sono appena quattro ragazzi al di sotto dei 25 anni, il 19enne Zverev, Thiem, Kyrgios e Tomic. Va un po’ meglio tra le donne, nel ranking Wta, dove sarà pur vero che l’unica under 20 nei primi venti posti è la 19enne Belinda Bencic, ma se non altro sotto i 25 anni ci sono altre cinque ragazze, fra cui la spagnola Garbine Muguruza (classe 1993, ottima terza e vincitrice dell’ultimo Roland Garros). Se non altro, talvolta negli Slam femminili qualche ragazza poco più che ventenne riesce ancora a ribaltare i pronostici generazionali, come accadde ad esempio alla Sharapova. Succede, ma è raro, così come tra gli uomini fu un notevole exploit il trionfo di Djokovic, ventunenne nel 2008, agli Austalian Open, perché le grandi vittorie del serbo, con continuità, sono giunte solo dal 2011 in avanti.Djokovic, Murray, Federer, Nadal e Wawrinka rappresentano la top 5 maschile e vanno dai 29 ai 34 anni, mentre la Wta è dominata da Serena Williams, anni 35 il prossimo settembre, fresca vincitrice, per la settima volta, sull’erba di Wimbledon. Sin qui i marziani, ma a ben guardare anche scorrendo le classifiche a ritroso il concetto non cambia. Ma, se è vero che gli atleti oggi sono più longevi, è vero anche che i ritmi stagionali fanno di tutto per deteriorarne il fisico e la resistenza e che solo quelli con il killer instinct possono reggere ottanta gare con naturalezza. Quelli appunto come Djokovic, come Serena Williams o come il suo coetaneo Federer (è notizia dell’ultima ora il suo forfait ai Giochi di Rio), sempiterna leggenda e totem di un tennis in cui il ricambio generazionale, oggi, appare ben più complicato rispetto al passato.