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Tecnologie nucleari . Il Giappone punta sui suoi impianti e ne sperimenta di nuovi

Davide Re lunedì 29 maggio 2023

Tecnici sudcoreani ispezionano la centrale nucleare di Fukushima Dai-Ichi in Giappone

Un team di ricercatori ed esperti provenienti dalla Corea del Sud, su autorizzazione del governo di Tokyo, si è recato nei giorni scorsi alla centrale nucleare di Fukushima Dai-Ichi, danneggiata dallo tsunami del 2011 e fautrice assieme a Cernobyl del più grande disastro atomico dell’industria civile, per condurre un sopralluogo indipendente in vista dell'imminente rilascio in mare delle acque radioattive immagazzinate nella centrale.

L’ispezione era stata concordata tra il primo ministro giapponese Fumio Kishida e il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol nel loro vertice dello scorso 7 maggio ed è parte integrante delle reciproche concessioni tra i due paesi che hanno consentito la chiusura delle storiche contese e il riavvio delle normali relazioni diplomatiche e commerciali. "Confidiamo che questa ispezione possa contribuire ad una migliore relazione e a rafforzare la fiducia reciproca, oltre che per tranquillizzare i nostri partner esteri sulla sicurezza della procedura di rilascio in mare delle acque trattate", ha detto in proposito il ministro dell'Industria giapponese Yasutoshi Nishimura.

Anche perché a partire dal 2013, a due anni di distanza dal disastro nucleare e dopo il varo di un ambizioso piano per la sicurezza degli impianti, il Giappone, anche per necessità, era tornato ad investire pesantemente nell’industria atomica, riattivando ben 50 reattori. A fine febbraio 2012, un anno prima, invece, erano in funzione in Giappone solo 3 dei 51 reattori presenti nel Paese. Tutti gli altri non erano in condizione di funzionare o temporaneamente spenti per le procedure di manutenzione e ricarica del combustibile. Molti impianti non riuscivano però a superare gli stress test di sicurezza, diventati legge, pensati poco dopo l’incidente, dall’allora governo guidato dall’ex premier Naoto Kan, poi applicati dal suo successore Yoshihiko Noda.

Così pochi giorni fa, a sottolineare l’importanza dell’uso dell’energia atomica a scopi civile, la Japan's Nuclear Regulation Authority (Nra), autorità giapponese di regolamentazione del nucleare, ha approvato il rapporto di valutazione in cui si conclude che il reattore veloce sperimentale Joyo della Japan Atomic Energy Agency (Jaea) soddisfa i nuovi standard normativi per il riavvio. Secondo i programmi della Jaea il reattore Joyo, che si trova nella città di Oarai, nella prefettura orientale di Ibaraki - che per raffreddare il nocciolo impiega il sodio, metallo liquido altamente reattivo con l'aria e che presenta un alto rischio di incendiabilità – potrà rientrare in funzione entro il 2024. Avviato per la prima volta nel 1977, Joyo, che ad oggi è l'unico reattore veloce del Giappone, era stato spento nel 2007 per problematiche connesse alle apparecchiature.

Intanto da quella linea di confine che divide la tecnologia nucleare in bellica o per uso civile arriva una pessima notizia. Il dipartimento dell'Energia degli Stati Uniti (DOE) sta progettando un piccolo reattore di prova che dovrebbe essere alimentato da una grande quantità di uranio adatto alla fabbricazione di armi, secondo quanto riportato da Science e Physics Today.

L'esperimento servirebbe a raccogliere dati per un nuovo tipo di reattore sviluppato da TerraPower e Southern Company Services. Ma l'uso di uranio altamente arricchito (HEU) contravverrebbe alla politica statunitense volta a rimuovere l’HEU dai reattori civili di tutto il mondo per evitare che venga trasformato in bombe. La decisione è "scoraggiante", ha affermato Edwin Lyman, fisico e direttore per la sicurezza nucleare presso la Union of Concerned Scientists, sentito dalla rivista Science. "Quando gli Stati Uniti predicano la non proliferazione, dovrebbero mettere in pratica ciò che dicono".

Il nuovo Molten Chloride Reactor Experiment (MCRE) differirebbe notevolmente dai reattori di potenza convenzionali e potrebbe generare scorie radioattive meno longeve. Ma avrebbe bisogno di combustibile con un maggiore arricchimento, che genererebbe più neutroni. Il MCRE dovrebbe funzionare con HEU arricchito a più del 90 per cento.

"Questo è centinaia di volte più di quanto usano alcuni reattori di ricerca e abbastanza per fare dozzine di bombe", stima Alan Kuperman, scienziato politico della University of Texas, negli Stati Uniti. Il DOE dovrebbe coprire 90 milioni di dollari del costo di 113 milioni di dollari del MCRE . Negli anni '50 e '60, gli Stati Uniti hanno contribuito a costruire reattori di ricerca in tutto il mondo, fornendo HEU per molti di essi. Negli anni '70, hanno cambiato rotta e hanno guidato gli sforzi per rimuovere l'HEU da quei reattori e rimpatriarlo. Secondo l'Agenzia internazionale per l'energia atomica, dei 171 reattori di ricerca che funzionavano con HEU, 71 sono passati a combustibile a basso arricchimento e 28 sono stati chiusi, sebbene cinque reattori di ricerca statunitensi utilizzino ancora HEU.