Teatro. Addio a Ilaria Occhini, la bellezza "senza vanto"
È morta Ilaria Occhini, attrice di teatro cinema e tv, nata a Firenze 85 anni fa, aveva recitato con i più grandi registi da Visconti, a Ronconi, a Patroni Griffi. Creatura esile e romantica di straordinaria intensità, figlia dello scrittore Berna Occhini, moglie di Raffaele La Capria, ha vinto il David di Donatello con Mine Vaganti di Ozpetek nel 2008. Tra i tanti premi anche il nastro d'argento per Benvenuti in casa Gori del 1992. "La mia bellezza è come se fosse una cosa, una borsetta, un foulard che porto con me, non ne parlo con nessun vanto", scriveva Ilaria Occhini, l'ultima diva, una delle più note e versatili attrici italiane, nel libro autobiografico Una vita senza trucco, con cui festeggiava i 60 anni di carriera, e in cui tratteggiava il profilo della sua famiglia fuori dal comune, dei compagni di viaggio, di amici e amori che hanno attraversato la sua vita densa e appagante. La vita di una donna dal fascino senza tempo e di un'attrice tra le più intense.
"Non mi abituerò mai a pronunciare la prima battuta. Cerco di modulare, ritmare, impostare. Ma ogni volta è morire" svelava nel libro, dove raccontava che il cinema l'aveva scoperta tardi, perché dopo l'esordio televisivo negli sceneggiati Jane Eyre, L'Alfiere, Graziella, si era dedicata anima e corpo al teatro, lavorando, tra gli altri, con Luchino Visconti, Luca Ronconi e Giuseppe Patroni Griffi. Un amore totale quello per il palcoscenico, che aveva tradito negli ultimi anni con il cinema d'autore, dove le sue interpretazioni sono state premiate anche con il Pardo d'oro al Festival di Locarno per Mar Nero di Federico Biondi. Poi il David di Donatello nel 2010 per Mine vaganti. La sua è una vita fatta di sentimenti da custodire. Fin dall'amore di bambina per il nonno Giovanni Papini, un amore forte e privato, che non potrà non intrecciarsi con la storia d'Italia, con le sue pagine più buie e con i voltafaccia più offensivi del costume nostrano. E poi gli esordi della carriera, che sarà sempre segnata dalla sua bellezza folgorante.
"Forse chi la incontra non la vede neanche bella. Per me invece più bella di Ilaria non c'è. Nacque in casa mia, figliola della mia figliola, in una di quelle mattine di marzo umide e quasi bianche che il sole, ogni tanto, rallumina con prepotenza fugace. Eppure, non riuscirò mai a dire perchè Ilaria a me sembra bella...". "Il resto si trova nelle antologie di letteratura italiana - scriveva l'attrice nel libro -. "È il ritratto di me bambina che fece il nonno Papini, dove dimostrava tutto il suo amore e la sua ammirazione. Ne sono sempre stata orgogliosa. Ho voluto confrontare le sue parole con la mia foto di allora. Lo riconosco ero davvero bellina, con quel sorriso disarmante e la frangetta impertinente". Ma per una bambina cresciuta nell'ambiente letterario fiorentino e con un padre raffinato collezionista che le ha insegnato ad amare l'arte, la bellezza va trattata con riguardo e disinvoltura. Nel suo lavoro è passata con altrettanta disinvoltura dagli sceneggiati tv, che le hanno dato la notorietà, all'impegno teatrale più coraggioso.