Stadio. Fa discutere il no di Roma. Ma il calcio non può più aspettare
Il progetto del nuovo Stadio di Roma con le torri di Libeskind e il parco fluviale
Il parere negativo del Comune di Roma alla costruzione del nuovo stadio giallorosso ha riaperto una delle questioni più problematiche del calcio italiano: la difficoltà a realizzare impianti moderni di proprietà dei club. La reazione di Trigoria dimostra che per un club di vertice, abituato a competere a livello internazionale, la misura è colma. Il “no” della giunta guidata da Virginia Raggi ha provocato la reazione di Luciano Spalletti con la sua irruzione nella diretta di Sky Sport: «Roma ha bisogno del suo stadio. Famo ’sto stadio». Una posizione che chiaramente rispecchia la volontà della società di Pallotta. Non a caso l’uscita dell’allenatore è stata immediatamente rilanciata sui social network da altri tesserati giallorossi, dal capitano Francesco Totti all’ad Umberto Gandini. Raramente si era vista una mobilitazione del genere. È lo specchio di una situazione di non ritorno: il calcio italiano ha bisogno di nuove infrastrutture.
Altrimenti il gap con il resto d’Europa è destinato ad aumentare. Francia, Spagna, Germania, Inghilterra, ma anche Polonia, Portogallo, Svizzera e Austria, per citare alcuni Paesi fuori dai top 5, hanno stadi più moderni. Nel frattempo gli spettatori continuano inesorabilmente a calare. Anche se in questa stagione la diminuzione è quasi impercettibile. Dopo 23 giornate la media è di circa 21.600 tifosi a partita (da recuperare Bologna-Milan e Crotone-Juventus). Nello scorso campionato, la media alla 4a di ritorno era pari a 22.102. Cinquecento persone in meno ogni fine settimana, 50 su ogni campo. Non è molto, ma la tendenza spinge sempre verso il basso.
Anche per questo motivo non è facile continuare a digerire le opposizioni ai nuovi progetti. Questo stallo della politica verso gli in- vestimenti sportivi - che segue la bocciatura dei 5 Stelle romani della candidatura di Roma alle Olimpiadi 2024 - può aver indotto i vertici dello sport italiano a gettare un sasso nello stagno in corrispondenza del rinnovo delle cariche delle Leghe professionistiche e della Figc, in programma in queste settimane. Non a caso, fioriscono scenari alternativi: da Abodi possibile sostituto di Tavecchio in via Allegri a Veltroni papabile successore di Beretta in via Rosellini. I rapporti tra club e politica su questo punto non sono agevoli. Le istituzioni vedono sempre il rischio di speculazione dietro i progetti in materia di stadi di grandi club. Qualche proprietario ha favorito questa convinzione nel recente passato.
Così alle società virtuose tocca muoversi in ordine sparso, prescindendo da una cornice normativa. La Juventus ci è riuscita con l’operazione Stadium, diventato un talismano calcistico. Un accordo ad ampio raggio tra Comune di Torino e Credito Sportivo sull’onda delle Olimpiadi invernali 2006. I detrattori hanno sempre sostenuto che i bianconeri hanno sfruttato l’occasione irripetibile offerta dai Giochi di Torino. Ma in realtà qualcuno ci era riuscito già prima: la Reggiana a metà anni Novanta.
E qualcuno ce l’ha fatta dopo, come l’Udinese che ha trasformato in un gioiellino il Friuli, grazie al diritto di concessione a 99 anni dell’area. Il Sassuolo di Squinzi ha percorso una strada intermedia, rinnovando il Mapei Stadium di Reggio Emilia nei limiti del possibile. Altre provinciali si sono mosse. L’Atalanta ha ammodernato l’Azzurri d’Italia, in particolare nel settore della tribuna centrale. Il primo pensiero va soprattutto alle cosiddette zone ospitalità, occupate da sponsor e partner commerciali. I bergamaschi sono in lizza per l’acquisto dello stadio dal Comune. La giunta Pisapia aveva proposto un patto analogo a Inter e Milan: comprare San Siro per disporne in totale libertà. Suning ha piani ambiziosissimi per il Meazza in linea con il modo di muoversi di Zhang Jindong, estremamente risoluto. Il gruppo di Nanchino può eseguire senza problemi il progetto di ammodernamento da 120/130 milioni voluto già da Thohir. Impossibile però decidere cosa fare fino a quando non sarà chiaro il destino societario del Milan che due anni fa si era avventurato nel velleitario progetto di uno stadio al Portello, poi naufragato con tanto di causa tra Fiera Milano e club rossonero. Vicino all’obiettivo di un nuovo stadio il Frosinone che spera di sfoggiarlo nella massima divisione nella prossima stagione, se arriverà la promozione. Quasi ogni società di Serie A ha il suo studio di fattibilità nel cassetto.
Numerosi tentativi anche in Serie B e Lega Pro. Ma solo pochi trovano la chiave giusta per concretizzare questo desiderio. Ma ormai non è più possibile rinviare. Anche per questo motivo la reazione della Roma è stata vibrante. All’Olimpico il tema spettatori è particolarmente sentito. È necessario fare qualche passo in avanti verso l’unico futuro possibile per un club di vertice in questa fase calcistica internazionale.