Tutto come previsto, anche se c’è stato l’imprevisto. Nel breve e veloce circuito cittadino di Napoli che ha inaugurato il Giro d’Italia l’inglese Mark Cavendish ha ritrovato la sua famigerata accelerata e ha lasciato Elia Viviani a sbattere il pugno contro il manubrio, quel pugno che a un paio di metri dal traguardo era pronto ad alzare al cielo.È stata una volata anomala, a ranghi ristrettissimi, per una caduta a meno di due chilometri dall’arrivo che ha tagliato in due il gruppo lasciando davanti una decina di corridori e a terra i nostri Chicchi, Gavazzi e Belletti.Lo sprint regala a Cavendish la maglia rosa e, ancora più importante per lui, spezza la crisi di astinenza da vittoria e butta alle ortiche tutte le paure accumulate nelle ultime settimane. L’ex campione del mondo ha dimostrato di saper fare ancora tutto da solo, senza il tanto reclamato aiuto dei compagni di squadra: nei chilometri finali si è ritrovato accanto un solo gregario che si è rivelato superfluo e lo ha perfino danneggiato, anche se involontariamente (a 200 metri dall’arrivo gli è caduta la catena e ha smesso di pedalare costringendo Cavendish a uno sforzo supplementare per recuperare i metri persi dagli avversari).Di solito le lezioni arrivano dalle sconfitte, in questo caso l’inglese dovrebbe fare tesoro della vittoria, riflettere sulle sue frenesie da “prima donna”, che vuole tutti intorno a sé. È vero che è il più forte velocista del mondo e che meriterebbe un gruppo interamente votato a lui, ma una grande squadra non può permettersi di “vivere” solo di volate, puntando tutto su un solo corridore come ha fatto la Omega-Quick Step al Giro d’Italia di quest’anno. Le squadre devono avere qualcuno da mostrare in televisione (quindi in “prima linea”) anche nelle tappe di montagna o nelle lunghe frazioni intermedie.Se vuole tutti per sé “Cannonball” può sempre rinunciare a qualche zero sull’ingaggio e accasarsi in un club minore.Un bravo velocista deve essere capace di trovare un “buco” dove infilarsi in volata, anche senza l’aiuto dei compagni, e questo Cavendish lo sa fare benissimo, anzi è il migliore. Ma per diventare davvero il più grande gli basterebbe ritrovare un po’ di umiltà, con essa arriverebbe anche la serenità. Quella serenità che, a suon di piazzamenti, ha smarrito Elia Viviani. Forse, in queste occasioni, uno psicologo aiuterebbe di più di un preparatore atletico. Anche se uno psicologo rischierebbe di diventare matto a confrontarsi con questi atleti capaci di sgomitare a 50 all’ora.La volata della prima tappa del Giro è stata da manuale, si dovrebbe studiare nelle scuole di ciclismo se ce ne fossero. Le riprese televisive – soprattutto dall’elicottero - regalano particolari straordinari degli sprint, sui quali bisognerebbe soffermarsi per cogliere fino in fondo l’essenza di questa disciplina. Oggi la sana follia del ciclismo trasferisce la carovana nell’isola di Ischia per disputare la cronometro a squadre. Un’operazione difficile e gravosa, ma straordinaria e suggestiva dal punto di vista dello spettacolo, sia tecnico che paesaggistico.Wiggins e Nibali cominceranno capitalizzare il tempo in funzione maglia rosa: per ora si tratterà solo di secondi, ma saranno importantissimi per il morale. La sky, dell’inglese, è una corazzata adatta a spianare qualsiasi terreno, ma la Cannondale dell’italiano può reggerne benissimo il passo. Le favorite, comunque, sono la Garmin di Hesjedal, il vincitore del Giro dello scorso anno, e la Omega-Quick Step di Cavendish, il team è campione del mondo della specialità (il titolo è stato assegnato per la prima volta nel 2012) e ha una maglia rosa da difendere.