Spazio. Artemis-1 sulla rampa di lancio: è conto alla rovescia per il ritorno alla Luna
Artemis-1 pronto sulla rampa di lancio del Kennnedy Space Center in Florida
Questa volta, pare che tutto sia pronto. E quella che è definita tecnicamente “finestra di lancio”, tra il 29 agosto e il 5 settembre, pare essere davvero quella della volta buona. Non vi saranno astronauti, per ovvie ragioni di sicurezza, in questo primo lancio del Programma Artemis.
È il progetto spaziale che dovrà riportare gli astronauti sulla Luna entro la fine del 2025 (o inizio 2026) con la missione numero 3 di questo programma che non a caso porta il nome mitologico di Artemide, personificazione della Luna crescente e sorella di Apollo, la divinità che aveva dato il proprio nome alla grande epopea spaziale e lunare anni 60 e 70. Ma questa volta, già dal primo allunaggio di Artemis-3, sulla Luna sbarcherà la prima donna. Poi, anche se non ancora ufficiale, con il secondo sbarco di Artemis-5, che già sfrutterà la completata stazione cislunare Gateway Lunar Platform, ricca di cooperazione internazionale, di Europa e di Italia, ecco sbarcare il primo astronauta di colore e il primo canadese. Il Canada infatti assieme all’Europa è la nazione che partecipa maggiormente al Programma Artemis.
E infine, con il terzo sbarco, toccherà a buon diritto al primo europeo. L’Italia ha due astronauti ora in servizio attivo (Luca Parmitano e Samantha Cristoforetti) ma un altro (o un’altra) astronauta potrebbe aggiungersi con la nuova selezione europea che verrà annunciata entro novembre.
Il grande razzo SLS (Space Launch System) è già pronto da luglio sulla piattaforma 39-B del Kennedy Space Center con in cima la capsula Orion, e il suo modulo di servizio Esm-1, realizzato dall’Agenzia Spaziale Europea. Le tre date per il lancio dipendono dalle diverse “finestre” a disposizione, cioè quegli intervalli di tempo durante cui un veicolo deve essere lanciato per raggiungere la destinazione nel minor tempo possibile. Il 29 agosto la finestra di lancio disponibile dal Kennedy Space Center in Florida si aprirebbe intorno alle 14.33 (ora italiana), per una durata totale di due ore. Se la missione partisse in questa prima data, terminerebbe 42 giorni dopo con relativo ammaraggio il 10 ottobre. Mentre il 2 settembre la finestra di lancio di due ore inizierebbe alle 18.48 (ora italiana), per poi concludersi 39 giorni dopo, l’11 ottobre. Per ultimo, il 5 settembre la finestra di lancio di un’ora e mezza si aprirà alle 23.12 (ora italiana), così che la missione si concluda 42 giorni dopo, il 17 ottobre. La missione durerà molto più di un volo Apollo, che andava da 8 a 13 giorni, ma sino a 42, poiché la navicella verrà inviata oltre l’orbita lunare, a una distanza che supererà i 400mila chilometri e si concluderà poi con un ammaraggio vecchia maniera nel Pacifico.
Quest’anno ha segnato il 53° anniversario da quell’ormai lontano 20 luglio 1969, quando Neil Armstrong e Buzz Aldrin, due dei tre astronauti della missione Apollo 11, mossero i primi passi sul suolo lunare, e in prossimità dei 50 anni dall’ultimo sbarco, quello del dicembre 1972 con Gene Cernan e Jack Schmitt dell’Apollo 17. Questa volta, però, l’intento è restarci. «Quando siamo partiti dalla Luna sapevamo che non vi saremmo tornati subito – ci disse una volta Eugene Cernan – ma mai e poi mai avremmo pensato che dovessero passare decenni».
Dopo la missione di Cernan e Schmitt tra le montagne lunari di Littrow, le missioni con astronauti si sono concentrate nell’orbita terrestre. Lunghe permanenze, sino a 14 mesi (da parte russa) e fino a 12 (da parte statunitense) per fare dello spazio un grande laboratorio scientifico in grado di produrre nuovi farmaci e materiali innovativi. E magari studiare gli effetti dell’assenza di peso in vista di future missioni a Marte.
Poi, nel 1989 George Bush senior annuncia il ritorno alla Luna e l’obiettivo Marte, ma di fatto non viene varato alcun programma. Nel frattem- po gli Space Shuttle costruiscono e completano nel 2011 la Stazione Spaziale Internazionale (ISS), che orbita attorno alla Terra a 400 chilometri d’altezza. Bush figlio annuncia poi il programma Constellation ma l’Amministrazione Obama nel 2010 prima lo ridimensiona quasi del tutto e poi lo ri-approva in buona parte, convinto da personaggi come Neil Armstrong e lo stesso Cernan. Sarò sulle ceneri di Constellation che prenderà il via il Programma Artemis.
L’Italia è stata tra i primi firmatari degli Artemis Accords a ottobre del 2020. Il programma impiegherà, infatti, moduli per l’equipaggio e servizi di telecomunicazione di produzione dell’industria di settore italiana, che avrà un ruolo cruciale nella realizzazione del modulo di servizio europeo (Esm), del modulo automatico logistico lunare e del modulo human landing (allunaggio con uomini). Per l’Italia, Leonardo realizza per i diversi moduli di servizio Esm i pannelli fotovoltaici e le unità di controllo e distribuzione della potenza, sistemi progettati per garantire l’alimentazione di tutta l’elettronica di bordo e il benessere degli astronauti diretti verso la Luna. Inoltre, attraverso la sua partecipata Thales Alenia Space, sviluppa e fornisce sistemi fondamentali per l’Esm, tra cui protezione strutturale e micro-meteorica, controllo termico e stoccaggio e distribuzione dei materiali di consumo.
Il programma con cui la Nasa punta a riportare gli esseri umani sulla Luna getterà le basi per una presenza a lungo termine sulla superficie del satellite, dove convaliderà anche i sistemi abitativi nello spazio profondo, indispensabili per le future missioni su Marte. Per il futuro, inoltre, attraverso l’Esa, l’Italia parteciperà alla realizzazione del modulo abitativo I-Hab per il Lunar Gateway, progetto guidato da Thales Alenia Space. L’azienda, sempre attraverso l’Esa, è anche coinvolta nel progetto per sviluppare un sistema per la produzione di ossigeno direttamente sulla Luna utilizzando l’elettrolisi del sale fuso per estrarre ossigeno dalla “regolite” (terreno lunare). Tutto questo contribuirà al progetto più ampio di abitare sulla Luna in case made in Italy.