Scienza. I terremoti visti dallo SPAZIO
Il satellite cinese Cses ( China Seismo-Electromagnetic Satellite), ospiterà uno strumento di misura realizzato in Italia, nell’ambito di una collaborazione proposta ai cinesi nei primi anni 2000 da Roberto Battiston, attuale presidente dell’Agenzia spaziale italiana (Asi). Questa proposta aveva subito trovato risposte positive da parte dei responsabili del programma spaziale cinese e dell’agenzia che si occupa delle problematiche geologiche e vulcanologiche (l’equivalente del nostro Ingv): «Con l’agenzia spaziale cinese stiamo realizzando un satellite che verrà lanciato nel 2017 – conferma Battiston – e che effettuerà ricerche innovative nel settore sismico.
Non potrà prevedere i terremoti, bensì fornire nuove informazioni sulle loro caratteristiche cercando di monitorarli sfruttando le potenzialità offerte dallo spazio. Sulla terra se ne verificano un migliaio all’anno, e dallo spazio è quindi possibile raccogliere una grande statistica osservativa e effettuare studi accurati». Il progetto di ricerca intende valutare la possibilità di avere un riscontro di dati dallo spazio, oltre che dai sismografi a terra, in coincidenza con un evento sismico, ed è basato su due satelliti: il primo verrà lanciato nel 2017, il secondo nel 2019 o 2020. «Il satellite – aggiunge il presidente dell’Asi – è progettato per intercettare dallo spazio eventuali segnali prodotti nelle vicinanze di un fenomeno sismico.
Questi segnali, che possono essere per esempio di tipo elettromagnetico, potranno essere rilevati dagli apparati del satellite, particolarmente sofisticati e sensibili. Gli strumenti italiani sono stati progettati per verificare l’esistenza di segnali variabili e anomalie nel comportamento delle particelle elettromagnetiche delle fasce di van Allen, che circondano il nostro pianeta». «Noi realizziamo una parte importante del carico scientifico, mentre il satellite vero e proprio verrà realizzato dall’agenzia spaziale cinese. In particolare realizziamo un piccolo calorimetro per lo studio delle particelle ele- mentari intrappolate nelle fasce di Van Allen», aggiunge Battiston.
L’Asi finanzia la parte italiana della missione a cui partecipano l’Infn, Inaf e Ingv. I rapporti di cooperazione spaziale con la Cina sono già ben avviati, come ci conferma lo stesso presidente dell’Asi: «Riguardano vari settori: dai satelliti scientifici a quelli applicativi, dal volo umano all’esplorazione interplanetaria. Abbiamo in corso, infatti, degli studi basati sui dati raccolti dalle missioni lunari cinesi, per lo studio approfondito delle risorse lunari e dei componenti chimici delle rocce, come alluminio, ferro, zolfo, eccetera.
E questo anche grazie alla collaborazione tra università cinesi e italiane». Un altro capitolo importante della cooperazione spaziale tra Italia e Cina riguarda i satelliti scientifici. Uno di questi è già operativo: nel 2015 è stato lanciato dalla base di Jiuquan ed è il Dark Matter Particle Explorer (Dampe), primo di una serie di 5 satelliti, alla cui realizzazione ha contribuito l’Italia con l’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) e le Università di Perugia, Bari e Lecce. Dampe, primo satellite realizzato con la cooperazione Italia-Cina, effettua misure di elettroni e fotoni nello spazio, con l’obiettivo di identificare possibili tracce della materia oscura, che resta uno dei più grandi misteri della scienza ancora da svelare. In tutto il mondo, numerosi ricercatori ne studiano da tempo la natura e l’origine: «Si tratta – ha commentato l’ambasciatore d’Italia a Beijing, Ettore Sequi – di un importante risultato conseguito dalla collaborazione tecnologico-scientifica tra Italia e Cina, due paesi che considerano la ricerca tra i motori del partenariato strategico bilaterale».