Cinema. “Soul”: l'ultimo film della Disney Pixar è l'odissea di un'anima
Un'immagine di "Soul", ultimo film uscito dalla Disney-Pixar
Con Monster & Co. ci aveva raccontato i meccanismi che regolano le paure infantili, con Up aveva indagato gli stati d’animo della vecchiaia, con Inside Out era entrato nella mente di una ragazzina per fotografarne le emozioni più profonde. Questa volta Pete Docter si spinge oltre e racconta la commovente odissea di un’anima che prematuramente staccatasi da corpo, tenta in tutti i modi di rientrarci.
Protagonista di Soul, film Disney Pixar che ieri ha aperto tra gli applausi la 15esima edizione della Festa di Roma in programma fino a sabato 24 ottobre, è l’afroamericano Joe Gardner, un insegnante di musica di scuola media a New York che ha una passione per il jazz e vuole più di ogni altra cosa diventare un pianista professionista. Quell’impiego sicuro è infatti solo temporaneo, in attesa di un ingaggio artistico che però non arriva mai. Quando la celebre Dorothea Williams lo invita a unirsi al quartetto che ogni sera si esibisce in un club, il momento che aspettava da una vita sembra finalmente arrivato. Ma un piccolo passo falso lo porterà dalle strade della città della Grande Mela alle soglie dell’Aldilà e poi all’Ante-Mondo, un luogo fantastico dove le nuove anime non ancora nate ricevono le rispettive personalità prima di andare sulla Terra.
Il povero Joe, al quale viene affidato il compito di completare la formazione di un nascituro, non può accettare però l’idea di essere quasi morto e, determinato a ritornare alla propria vita, si allea con 22, un’anima precoce che non ha mai capito il fascino dell’esperienza umana e si ostina a rimanere in quel limbo. Joe diventa involontariamente il nuovo mentore della piccola ribelle che potrebbe aiutarlo a tornare sulla Terra in tempo per il grande evento che lo attende. Ma qualcosa va storto durante il viaggio così che 22 finisce nel corpo di Joe mentre quest’ultimo occupa quello di un gatto. L’assurda situazione consentirà però a entrambi di scoprire il significato più profondo dell’esistenza umana, ciò che ci rende unici e speciali, la scintilla capace di far nascere le grandi passioni, ma anche la bellezza del godere ogni minuto delle piccole cose apparentemente insignificanti della nostra vita.
«Tutto ha avuto inizio con la nascita dei miei figli, ora adulti: nell’istante in cui sono venuti al mondo avevano già la loro personalità», racconta il regista, che ha incontrato il pubblico in streaming insieme al co-regista e cosceneggiatore Kemp Powers e alla produttrice Dana Murray. «Da dove era arrivata? Mi chiedevo. Nella nostra storia tutti nascono con un’anima, e queste anime non arrivano impreparate, ma dotate da caratteristiche e interessi ben precisi».
Ma la formazione di chi non è ancora nato è solo uno dei temi affrontati da Soul, che si interroga su cosa renda la vita degna di essere vissuta. «L’idea del film è nata 5 anni fa – dice ancora Docter – quando ho cominciato a riflettere sul fatto che siamo così presi dalle nostre faccende da non accorgerci più di quello che ci circonda, delle piccole gioie quotidiane alle quali rinunciamo in nome delle grandi passioni. Volevo allora sottolineare l’importanza del rallentare, del fermarsi a osservare quello che ci circonda per riconnetterci con la natura e con noi stessi, chiedendosi se quello che stiamo facendo è davvero quello che volevamo fare e che ci rende felici. La pandemia in un certo senso ci ha costretto a fare questo».
La pandemia è anche la ragione che ha spinto la Disney ad annunciare l’arrivo del film direttamente su piattaforma, senza passare dalla sala, scatenando forti polemiche tra gli esercenti. «L’obiettivo è quello di far vedere il film a più persone possibile in piena sicurezza. Soul è nato per il grande schermo, ma bisogna prendere atto della situazione».
Ricchissimo di riferimenti e citazioni, estremamente denso e stratificato, il film, il primo della Pixar che vede protagonisti degli afroamericani, si muove tra una New York “jazzentrica”, caotica e materica, e un luogo delle anime astratto, quasi trasparente, dove i personaggi sono solo delle linee che si trasformano muovendosi. Un contrasto efficacissimo che conferma non solo la capacità visionaria di Docter, ma anche l’interesse della Pixar a sperimentare linguaggi e stili sempre nuovi.
Se il look del film è parzialmente ispirato alle opere dell’artista e fumettista satirico inglese Ronald Searle e l’animazione del classico Disney del 1961, La Carica dei 101, tra le influenze non manca il nostro Osvaldo Cavandoli. «Me lo ha fatto conoscere un cartoonista italiano e l’idea delle linee ha ispirato i personaggi dell’Ante-Mondo, che hanno il compito di rendere comprensibile la complessità dell’Universo».
Jon Batiste, cantante, compositore, autore di canzoni e direttore d’orchestra, ha prodotto la parte jazz della colonna sonora che restituisce la grinta newyorkese e ha “prestato” le sue mani dalle dita lunghissime a Joe quando suona il pianoforte. Mentre Trent Reznor e Atticus Ross dei Nine Inch Nails si sono occupati delle musiche del mondo delle anime creando un’affascinante e inedita commistione sonora.