L’ uomo invisibile batte Superman. Lo annienta. Lo tramortisce. E lo priva delle sue sette maglie gialle che lo avevano fatto diventare agli occhi del mondo davvero un super eroe. Benedetto Roberti mette spalle al muro Lance Armstrong, l’uomo invincibile, l’uomo della speranza, l’uomo che ha saputo combattere il cancro e tornare più forte di prima. Non è un fumetto, ma cronaca di questi giorni. Una storia che non ha ancora scritto la parola fine, ma che potrebbe aver scritto la fine di questo “superuomo” che ora è spalle al muro. Tra qualche giorno, giovedì prossimo, il texano di Austin parlerà in tivù per raccontare la sua versione, la sua verità. Tra pochissimo anche il pm di Padova chiuderà ufficialmente la sua benemerita inchiesta e il modo dello sport, non solo quello del ciclismo, trema. Armstrong-Ferrari-Roberti: è sicuramente questo l’asse sul quale poggia l’inchiesta antidoping più importante e sconvolgente della storia dello sport. Migliaia di pagine dattiloscritte, documenti, verbali e intercettazioni telefoniche e ambientali, rogatorie internazionali: dalla Svizzera al Principato di Monaco, passando per la Spagna. Seguendo la pista Ferrari, Roberti si è trovato davanti a degli elementi che hanno portato, di fatto, all’apertura dell’inchiesta americana della Usada contro il sette volte vincitore del Tour, ma alla fine ha trovato molto di più. «I dirigenti delle Federazioni sanno tutto, più di quello che vogliono farci credere – spiega Roberti –. È vero, non è facile organizzare una buona lotta al doping, ma sarebbe già sufficiente emarginare le mele marce, quelle che sanno fare sport solo con l’aiutino».
È appassionato di ciclismo? Molto. A 17 anni sono stato letteralmente catturato dal fascino delle due ruote. Ho corso anche qualche Gran Fondo, oggi però faccio solo passeggiate.
Facendo le Gran Fondo, quindi, avrà visto chissà quante cose che non andavano… Diciamo che mi sono fatto proprio una bella cultura in materia. Il mondo amatoriale è di gran lunga peggiore di quello professionistico. Sarebbe da fermare in blocco, fanno cose inaudite, con una facilità e una semplicità che fanno rabbrividire solo al pensiero. Ho visto tantissime persone che si fanno le supposte di cortisone poco prima del via, lì sulla linea di partenza, davanti a tutti. E partecipanti che si iniettano con naturalezza sostanze di ogni tipo. Non parliamo poi delle gare sotto l’egida della consulta Udace: sarebbero tutte da chiudere. Il problema è che nel ciclismo regna la più assoluta stupidità, non l’ignoranza. E la stupidità è molto peggio dell’ignoranza. C’è un problema di sottocultura generale. Mi creda, è una cosa aberrante. Ma lo sa che c’era un direttore sportivo che frequentava il Sert perché tossicodipendente e per il mondo del ciclismo che ne era al corrente, tutto questo era normale?.
Che idea si è fatto? Che non si può combattere il doping solo con la repressione. Il problema è cambiare le teste, fare cultura, ricreare un senso di responsabilità.
Ma sulla vicenda Alex Schwazer, il Coni sarebbe stato scavalcato. Non sapevano nulla, la Wada sì.Questo non lo so. Alla Wada sono stati trasmessi alcuni aspetti della mia indagine solo due mesi fa, in quanto organo superiore della Nado e, quindi, sopra anche al Coni. Si tratta pertanto di una polemica infondata. Io non ho tempo di preoccuparmi di queste beghe da bar. I miei interlocutori sono stati e sono l’Interpol e la Wada, organismi sovranazionali, con i quali collaboro da oltre due anni e che hanno a Lione un vero e proprio ufficio mondiale dell’antidoping, a cui si sono rivolti, poi, gli investigatori americani.
Ma come è messo il calcio? Sono sicuramente più organizzati, diciamo anche più furbi. C’è un’attrezzatura umana e di sistema migliore. Certo, qualche sospetto ce l’ho anche per loro, perché vedo che ci sono calciatori che da un anno all’altro aumentano in maniera considerevole le loro masse muscolari. Ci sono ragazzi che hanno muscolature armoniose e dopo una sola estate si ripresentano che sembrano omini di gomma. E, soprattutto, sono soggetti a continui infortuni e non si reggono più in piedi. Il calcio ha avuto tanti casi analoghi, anche recenti. Non sono io a dirlo, ma a distanza di tempo sono stati gli stessi calciatori ad ammettere di aver fatto ricorso al doping, perché oggi il calcio è sì sport di abilità, ma anche e soprattutto di corsa: chi arriva prima sul pallone ha la meglio. Ma i club di calcio possono disporre di centri specializzati, di strutture qualificate per ridurre al minimo i rischi.
Questo non toglie che si possa fare ricorso a pratiche illecite… Però non escono scandali….
Non escono perché non si va ad indagare… Non è esattamente così. O, meglio, noi facciamo la nostra parte, ma probabilmente le Federazioni non so se fanno altrettanto.
Togliere tutti e sette i Tour ad Armstrong dopo così tanti anni, ha senso? Non trova che sia una decisione un po’ ipocrita? Ci dovrebbe essere la prescrizione, dopo otto anni…. L’Uci dovrebbe togliere la licenza a team manager come Bjarne Riis, che è un reo confesso. Invece, non solo non gli hanno tolto il Tour che ha vinto nel ’96, ma è lì che lavora come se niente fosse.
Ma su chi cadrebbero le maggiori responsabilità? Le famiglie non sono esenti da colpe. Famiglie che non sanno nemmeno cosa sia un’alimentazione corretta e imbottiscono i loro ragazzini di hamburger e Red Bull. Ma lo sa che questa bevanda che va tanto di moda tra i giovani è una vera bomba? Non è doping, questo no, ma è carica di caffeina, taurina e vitamine di ogni tipo. Ci sono ragazzi che nel loro valigino hanno aghi a farfalla, flebo, siringhe pronte. Borracce contenenti Coca Cola, caffeina, contramal e teofilina. La teofilina e la caffeina combinate assieme sono altamente nocive per la salute. Le ho fatte analizzare recentemente dall’ospedale di medicina legale di Padova: i risultati mi hanno confermato la loro tossicità.
Insomma, il quadro è desolante… Molto. Le dico solo che quest’anno hanno varato una eritropoietina cinese, di cui non conosco il nome, che è assolutamente invisibile ai controlli antidoping ed è stata la vera regina dei Giochi di Londra. Pare che ne abbiano fatto ricorso un po’ tutti. Il Cio e la Wada ne sono a conoscenza: lo sport è malato. Tutto lo sport. Insomma, cerchiamo di vivere la favola bella dello sport, ma la storia che tutti voi siete costretti a raccontare è molto diversa dalla realtà. E per il momento è solo un grande inganno.