Venezia. L’habemus Papam alla Sorrentino
«Io sono la contraddizione, come Dio uno e trino, la Madonna, vergine e madre, l’uomo, buono e cattivo». Il giovane papa Pio XIII svela sin dalle prime battute la linea del premio Oscar Paolo Sorrentino nel suo debutto alla regia televisiva con The young Pope, la nuova serie Sky, Hbo, Canal +. Con protagonista il primo immaginario Papa americano, duro e fragile, giovane ma tradizionalista, che prega ma non si sa se crede in Dio. Lo scopo dichiarato è quello di spiazzare. La serie andrà in onda in prima tv su Sky Atlantic in Italia dal 21 ottobre e poi nel Regno Unito, Germania, Irlanda, Austria e Francia. I primi due episodi di 55 minuti l’uno sono stati mostrati in anteprima mondiale ieri alla 73ª Mostra del cinema di Venezia, presenti lo stesso Sorrentino, anche autore del soggetto e sceneggiatore, e Jude Law che presta il volto e il fisico a Lenny Belardo, un aitante quanto tormentato Papa attorniato da Diane Keaton, suor Mary, e da tanti bravi attori italiani a partire da Silvio Orlando, l’antagonista, il potente segretario di Stato cardinale Angelo Voiello.
«I segni evidenti della presenza di Dio, i segni evidenti dell’assenza di Dio. Come si cerca la fede e come si perde la fede – scrive nelle note di regia Sorrentino –. Il duello interiore tra le responsabilità del capo della Chiesa cattolica e le miserie del semplice uomo che il destino (o lo Spirito Santo) ha voluto come Pontefice». Insomma, per semplificare, il regista dà un colpo al cerchio e uno alla botte in quest’opera televisiva, anche se occorrerà vedere l’evoluzione della storia in tutte le 10 puntate per valutarla appieno.
«Spero che in Vaticano abbiano la pazienza di vedere la serie fino in fondo – ha detto ieri a Venezia –. È un lavoro che affronta con curiosità e onestà, senza sterili provocazioni o pregiudizi, fin dove può, le contraddizioni, le difficoltà e le cose affascinanti della Chiesa». Se gli si domanda quali siano queste ultime, però, svicola: «I lati positivi della Chiesa sono talmente tanti che in mezz’ora non si possono raccontare». Quello che viene raccontato, invece, è una sorta di “thriller” incentrato sul potere temporale e spirituale, dove si parte dal solito cliché di una “cupola” di cardinali bolsi e maneggioni, convinti di poter manovrare il giovane capo della Chiesa, che si rivelerà invece decisio- nista e accentratore, vendicativo e scaltro, ironico e incomprensibile.
Un uomo che considera i riti l’unico modo «per mantenere l’ordine terreno» ma che andrà alla ricerca di collaboratori fidati tra persone oneste e di fede. Pare innamorato della Chiesa ma è capace di far tradire il segreto della confessione a un frate per raggiungere i suoi scopi. Come i polpettoni di Dan Brown insegnano, i cupi intrighi ambientati in Vaticano funzionano a livello commerciale (ma la stampa a Venezia è stata tiepida).
Aggiungeteci un regista da Oscar per- dipiù italiano e la confezione export è fatta. Solo che, a differenza dei thriller americani su lotte di alta finanza e mistery in salsa porporata, l’italico Sorrentino ha un pregio: tenta di affrontare la questione della fede e della ricerca di Dio. Anche se i personaggi sinora visti si dimostrano ruvidi e più legati alla terra che al Cielo. La serie si apre con una “sorrentinata”, un sogno sospeso al ralenty in cui il Papa parla alla folla predicando amore e libertà, ma cominciando a sragionare su aborto, matrimoni gay, anticoncezionali, eutanasia.
Un furbo coup de theatre. Il giovane Papa, eletto a sorpresa a discapito del suo mentore, il tradizionalista cardinale Spencer, si sveglia e comincia a mostrarsi quello che è: una contraddizione vivente. Impone rapporti formali ai collaboratori e fuma in continuazione, prega Dio ma odia la diplomazia a rischio di traumatizzare i fedeli. Tanto da far pensare di correre ai ripari il cardinale Voiello, intrigante e affarista, tifoso del Napoli capace di strappare sorrisi senza però essere una macchietta, anzi spiazzando anche lui con insospettate aperture all’amore per il prossimo. Anche se promette risvolti noir. Alla fine, però, Lenny-Pio XIII si rivela un uomo con seri problemi affettivi. Abbandonato in un istituto dai genitori a sette anni, ricerca la figura materna nella volitiva suor Mary (Diane Keaton) che lo ha cresciuto e che diventa la sua segretaria, e dimostra tutte le sue fragilità.
Fino a decidere di non mostrare il volto alla folla «per essere irraggiungibile come una rockstar» e gridare nel primo durissimo discorso in piazza San Pietro: «Occupatevi di Dio, io non mi occuperò di voi» negando il suo ruolo di guida. Ma che senso ha proporre oggi una immagine di Chiesa totalmente opposta a quella reale, umana e ricca di misericordia di papa Francesco? «Ho proposto un Papa diametralmente opposto a quello attuale, perché potrebbe accadere che ne arrivi uno così – risponde il regista È illusorio credere che la Chiesa abbia avviato un lungo cammino verso il cambiamento e l’apertura». Ecco, un pregiudizio Sorrentino, purtroppo dimostra di averlo.