Cinema. Quando il super eroe è sordo
Se volevano sovvertire ci sono riusciti, fin dal ricevimento pre spettacolo. Sordi gli attori, sordo il pubblico, sorda e silenziosissima la folla in abito lungo che aspetta in coda di entrare nello storico The Space Cinema Odeon, accanto al Duomo di Milano, per l’anteprima mondiale di Sign Gene, il primo film i cui protagonisti, supereroi sordi (sullo schermo e nella vita) sono i buoni che salvano il mondo dalla gang dei cattivi, tra superpoteri, lotte marziali ed effetti speciali. Sono passati trent’anni da quel Figli di un dio minore – titolo ormai entrato nel linguaggio comune – in cui William Hurt duettava con l’intensissima attrice sorda Marlee Matlin, cenerentola disabile in un mondo di abili. Ma qui è tutta un’altra storia e i “fuori norma” siamo noi, i pochi udenti in sala ad aver bisogno dei sottotitoli per capire qualcosa di un film tutto recitato con la comunicazione visuale, per di più in tre lingue, la Lis (Lingua italiana dei segni), la Jsl (quella giapponese) e la Asl (quella americana)...
Già, perché il profano potrebbe pensare che i sordi di tutto il mondo “gesticolino” e si comprendano alla stessa maniera, mentre le lingue dei segni (Ls) sono veri idiomi ognuno diverso dal-l’altro, proprio come i linguaggi verbali. Per questo i sottotitoli servono anche ai tanti sordi stranieri che affollano la platea. Del resto è stato un po’ tutto speciale anche alla presentazione all’Odeon di Milano, fin dal momento in cui nella splendida sala liberty ha fatto il suo ingresso tra i flash Emilio Insolera, produttore, regista e protagonista del film, al braccio della moglie Carola Wisny, attrice e modella norvegese. L’applauso è stato silenzioso, fatto di mani alzate che si agitano come ali di farfalla.
Classe 1979, nato a Buenos Aires da genitori italiani sordi, laureato in linguistica e film a Washington e in comunicazione alla Sapienza di Roma, Insolera è sordo dalla nascita come Carola e come la loro bambina di due anni. Coautore del primo dizionario della Ls italiana in formato multimediale, è ormai considerato un attivista della comunità visuale. «Ho cominciato a costruire il mio film quando sono stato in Giappone e ho incontrato Hiroshi Vava, il coprotagonista. Insieme abbiamo iniziato a sognare e a scrivere questa storia», ha raccontato al pubblico muovendo le mani. Accanto a lui due interpreti Ls hanno fatto altrettanto, traducendo per i sordi giapponesi e per quelli americani. Il silenzio era interrotto solo da un’interprete che ha tradotto vocalmente per noi.
«Ho cominciato nel 2008 e ho speso in tutto 25mila euro, pur girando le varie scene tra Italia, Giappone e Stati Uniti. La passione è stata la nostra forza». Tra gli attori c’è anche il fratello, Humberto Insolera, anche lui sordo, che non nasconde l’emozione: «È stato un lavoro durissimo, potete immaginare gli ostacoli, ma il sogno è diventato realtà e dimostra che le persone sorde possono tutto. Qui in sala questa sera ci sono tanti imprenditori sordi, c’è un amico che gestisce persino un bar...». Si coglie che oltre un film c’è molto di più, c’è l’attivismo di chi vuole riscattare generazioni di persone vissute in una bolla di silenzio e incomprensione, dimenticate o guardate con diffidenza.
Non chiamateli “non udenti”, odiano le ipocrisie e il compatimento, tant’è che la trama del film, fin troppo scarna, rappresenta la lotta tra eroi sordi, i cui superpoteri derivano proprio dalla Lingua dei segni, e una banda di pericolosi mutanti sordi giapponesi. Come dice il titolo, gli eroi sono portatori del “Sign Gene”, una mutazione genetica che solo alcuni individui possiedono e che li rende invincibili. In stile 007, lavorano per l’agenzia di intelligence americana QIA, affiliata al Pentagono e composta tutta da agenti sordi mutanti. Inviati a Osaka per combattere la gang che vorrebbe lo sterminio dei “Sign Gene”, trionferanno grazie alle armi scatenate dall’unico vero grande potere: la Lingua dei Segni.
«È un esperimento unico nel suo genere», ha commentato l’Ente nazionale sordi all’annuncio del film, che sarà proiettato dalla UCI Cinemas il 14 settembre in varie sale, ed è certamente così, anche perché – ha spiegato Insolera – «dal regista al cast internazionale, tutti sono di famiglia sorda da generazioni, mentre di solito l’industria cinematografica affida questi ruoli a interpreti udenti, che finiscono per essere cattivi imitatori della Ls: come se si chiedesse a un attore italiano di recitare in giapponese storpiando la lingua». Il maggior merito di Sign Gene, insomma, è di squarciare il velo che separa gli udenti dal mondo misterioso e affascinante dei sordi, proprio come è avvenuto nella platea dell’Odeon al momento della festa, tutta unita da quel brindare in silenzio, da quel parlare animatamente senza voce, da quel gioire mimato in cui noi – incapaci di comunicare – eravamo i soli esclusi, unici dis/abili, muti come pesci in una società abilissima e aliena. Sì, se voleva sovvertire, Insolera ha fatto centro. Quanto al film, piacerà ai più giovani, avvezzi al linguaggio rapido e psichedelico dei videogiochi o dei cartoons giapponesi, dove l’effetto speciale conta più di una trama e la battaglia tra titani più della poesia.