Il numero 23 di maglia come il grande Michael Jordan, assicura, è «solo un caso , mi piaceva fin da piccolo, ma non ha un significato particolare» anche perché ai palazzetti di parquet preferisce quelli più freddi del ghiaccio. Simon Kostner, di professione attaccante, ha appena vinto con il Renon l’82° campionato italiano di hockey su ghiaccio, dopo aver sconfitto in finale per 4 gare a 2 la Val Pusteria, ma soprattutto ha aggiunto un altro trofeo al ricco palmarés di famiglia. Una bacheca impreziosita già dai 4 scudetti di papà Erwin, roccioso difensore della Nazionale anni ’80 e 3 volte tricolore con il Gardena e 1 con il Bolzano, dalle 19 medaglie della sciatrice Isolde, cugina di papà Erwin e dai tanti allori della sorella Carolina, campionessa di pattinaggio artistico. Simon, voce pacata e ferma, come la gente ladina, quella delle sue montagne, si racconta con la lucidità di un veterano: «Io e mia sorella non potevamo non diventare sportivi del ghiaccio. Papà giocava a hockey e mamma Patrizia insegnava pattinaggio, sono stati i nostri primi maestri. Ci hanno seguito sempre e se siamo arrivati in alto il merito è loro. Siamo cresciuti, anche d’estate, sulla pista di Ortisei, la prima volta che ho messo i pattini avevo quattro anni quando papà giocava col Gardena». Proprio papà Erwin ancora oggi è il suo primo tifoso: «L’ho visto giocare, ma ho ricordi molto sbiaditi. Mi ha sempre consigliato in tutte le mie decisioni anche quando giovanissimo sono andato a giocare in Germania e Finlandia. Dopo le mie gare ci sentiamo sempre e analizziamo ogni dettaglio. Vorrei qualificarmi per le Olimpiadi 2018 ed essere il terzo di famiglia dopo papà (Sarajevo ’84) e Carolina. A settembre ci sarà un pre-Olimpico con Francia, Norvegia e Kazakistan, chi vince va Pyeong-Chang 2018, tre gare di fuoco ma ci possiamo provare. Per me che sono andato via da casa a 16 anni sarebbe un sogno realizzato. Mannheim è stata una tappa fondamentale, vivevamo tutti insieme come una grande famiglia dedita all’hockey con stage in Canada e in Russia. A 17 anni sono andato in Finlandia in una lega giovanile e poi ho esordito nella Liiga, come la nostra serie A di calcio, un’emozione unica. I finlandesi non sono ostili e schivi, sono sempre pronti ad aiutarti». Simon è abituato a giocare a testa alta, non gli pesano i sacrifici fatti: «Mi ritengo fortunato perché ho sudato tanto, ma ho fatto quello che ho sempre desiderato. Non sono pentito di essere andato via di casa a 15 anni, ho conosciuto persone che avevano fatto le mie stesse scelte e sono diventato grande insieme a loro». Anche con Carolina c’è un bellissimo rapporto di grande stima e affetto: «Ci sentiamo spesso prima delle nostre gare, poi purtroppo per i rispettivi impegni non è facile assistervi di persona. La guardo in tv, dal vivo sono stato a Torino 2006. Consigli? No, io li chiedo sempre a papà e lei a mamma!». Lo scudetto appena conquistato a Renon è finora il suo traguardo più importante oltre alla Coppa Italia vinta con gli stessi colori nel 2014 2015: «Io non mi pongo mai limiti. La Nhl? Mai dire mai. Ora mi godo questo trionfo, penso alla Nazionale e soprattutto al mio lavoro di pubbliche relazioni che ho messo in piedi con un amico dopo la laurea in marketing in Finlandia ». L’ultima riflessione è sul campionato italiano e sulla possibilità che alcune squadre, fra cui il Renon, giochino la Ebel, il massimo campionato austriaco con le tedesche, ungheresi, ceche e slovene e dove c’è già Bolzano, vincitore nel 2014: « Un grande campionato, ma a me piacerebbe una bella serie A con 12 squadre, che punti sui giovani e su grandi piazze come Milano dove il palazzetto è sempre pieno di gente competente». Chissà forse prima di avere un campionato italiano di livello fa in tempo a debuttare un altro Kostner?: « No, l’altro fratello Martin si occupa di impianti sportivi».
© RIPRODUZIONE RISERVATA Fratello di Carolina, campione con Renon: «La Serie A resti in Italia» Simon Kostner