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IDEE. Severino, quale metafisica?

Leonardo Messinese mercoledì 30 maggio 2012
​Il rapporto di Emanuele Severino con la metafisica è estremamente complesso e per quanto esso sia divenuto certamente "critico" - e, anzi, sia proprio questo aspetto ad assumere spesso il rilievo maggiore - nondimeno è necessario indagarlo più a fondo, per mostrare quale sia il tipo di legame che continua a sussistere tra Severino e la tradizione metafisica nella quale un tempo egli si era riconosciuto.Il pensiero di Severino costituisce una vicenda singolare nel panorama filosofico contemporaneo. Per spiegare ciò che intendo sostenere, mi affido ad alcune penetranti espressioni del suo maestro. Gustavo Bontadini vedeva il significato principale della presenza di Severino, al cospetto di quello che chiamava «l’attuale deserto filosofico», nel fatto che questi rivendicava la pretesa - a suo avviso lodevole - di riferirsi al piano della «totalità dell’essere» in termini di <+corsivo>incontrovertibilità<+tondo>. Bontadini operava un rilevo aggiuntivo, osservando come questa assoluta radicalità teoretica di Severino costituisse un unicum rispetto a tutte le altre obiezioni correnti, anche di carattere filosofico, portate nei confronti della religione, le quali «sono, tematicamente o implicitamente, doxastiche».Già da questi rilievi emerge con chiarezza che con il pensiero di Severino, in virtù del riferimento alla «totalità dell’essere», siamo in presenza di un vero e proprio sapere metafisico; nello stesso tempo si deve notare che la posizione del filosofo bresciano si costituisce pure come una critica di ciò che è stata storicamente la metafisica nel suo insieme, per quanto si debba certamente distinguere tra una metafisica della trascendenza e una metafisica dell’immanenza. Severino, infatti, dopo il vigoroso invito a valorizzare la tradizione metafisica che va da Parmenide a Leibniz, successivamente ha ritenuto che il pensiero metafisico, affermando la provenienza delle cose dal nulla, sia all’origine dell’attuale dominio dell’Apparato tecnologico nella vita dell’uomo contemporaneo. Si potrebbe dire, quindi, che mentre per la direzione fondamentale della filosofia odierna la pretesa della metafisica di pervenire all’Assoluto è considerata eccessiva, per Severino - invece - la metafisica è ancora troppo poco, in quanto non sarebbe in grado di vedere la dimensione di assolutezza che appartiene a ogni ente.È precisamente questo il nodo problematico che è dinanzi agli occhi quando ci si confronta con Severino sul tema della verità fondamentale con la quale è chiamato a cimentarsi il pensiero filosofico, rilevando in particolare che l’arco di pensiero che risulta decisivo per discutere con Severino sulla metafisica resta quello che ha ai suoi estremi <+corsivo>La struttura originaria (1958) - opera sulla quale proprio "Avvenire" è tornato di recente dopo la ripubblicazione del volume per i tipi dell’editrice La Scuola - e Ritornare a Parmenide (1964). In effetti - come ha bene osservato di recente Gennaro Sasso - il pensiero di Severino pur allargandosi fino alla considerazione dell’isolamento dell’uomo occidentale dal «destino della verità», conserva esso stesso con la tradizione filosofica dell’Occidente, cioè con la metafisica, la tesi della considerazione unitaria dell’essere (cfr. G. Sasso, Il logo, la morte, Bibliopolis, Napoli 2010, pp. 112-113). Questo induce a ritenere come non sia fuori luogo impostare e condurre la discussione con Severino, in riferimento alla «verità dell’essere», ponendo al centro il tema di una determinazione più adeguata della «differenza» tra l’essere e gli enti e orientandola nella direzione di una rinnovata discussione circa la trascendenza di Dio nei confronti del mondo, valorizzando così un pensiero che si ispiri alla filosofia classica. Sasso, però, nella valutazione globale del pensiero di Severino, ritiene di cogliere un’opposizione interna tra una teoresi che è di tipo esplicitamente immanentistico (cfr. ivi, pp. 113-114) e la sotterranea presenza di un pensiero metafisico (cfr. ivi, pp. 112-113) e anche religioso (cfr. ivi, pp. 155-156). La dottrina metafisica e quella religiosa, a loro volta - tale sempre il suo parere - conterrebbero un irriducibile dualismo. Da parte mia, invece, ritenendo che il pensiero metafisico culminante nella dottrina della creazione contenga in sé il superamento del «dualismo» tra Dio e il mondo, sono portato a insistere su ciò che tiene tuttora legato Severino al suo pensiero metafisico «originario» e a giudicare questo in modo positivo.