Terra forte come il suo nome il Seprio. Estesa dal Ticino e le brughiere della Malpensa fin dentro il labirinto di colli e di boschi tra Varese e Como, è stata culla di civiltà preistoriche, roccaforte longobarda, contado potente in epoca medievale, scrigno umanista e ora è uno dei pilastri dell’economia italiana. Qui anche la gente è forte e caparbia.Vanta origini nell’età del ferro (Golasecca è qui a pochi passi) Castelseprio, l’antico centro amministrativo dell’intero territorio.
Castrum Severum per i romani,
Sibrium per bizantini e longobardi, è oggi un affascinante sito archeologico con i resti degli edifici sparsi in una radura assediata dalla foresta. Di parte imperiale, nel Medioevo entrò in conflitto con le mire egemoniche di Milano, che la assalì più volte. Nonostante il territorio fosse stato sottomesso nel 1183, la rocca fu conquistata solo nel 1287. La furia milanese la condannò alla
damnatio memoriae: «Castel Seprio – proclamò Ottone Visconti – sia distrutto e resti distrutto in perpetuo affinché nessuno ardisca o presuma di abitare su questo monte». Le rovine suggeriscono ancora l’importanza della città: le mura, i quartieri residenziali, la chiesa esagonale di San Paolo e soprattutto il grande complesso della basilica di San Giovanni, di cui sopravvivono i muri perimetrali e l’abside, comprensivo anche di battistero, torre campanaria, cimitero e cisterna.Castelseprio è nota soprattutto però per gli affreschi di Santa Maria
foris portas. Posta, come dice il titolo stesso, all’esterno della cerchia muraria, fu risparmiata dai milanesi. Nel 1944 vi fu scoperto per caso uno straordinario ciclo di dipinti che costituisce un enigma della storia dell’arte. Si tratta infatti di pitture collegabili, per lo stile realista e magniloquente e la conoscenza della prospettiva, alla migliore tradizione tardoantica. Le immagini, che rappresentano l’infanzia di Cristo come è narrata nei Vangeli apocrifi, sono prive di confronti in Italia. Molte sono state le ipotesi sull’artista (forse proveniente da Costantinopoli) e sulla datazione, con oscillazioni tra il V e il X secolo. Alcuni esami fisici e chimici sul materiale edile dell’abside spingono a una datazione intorno alla metà del IX secolo. Tarda e per questo ancora più interessante.Altre importanti vestigia del Seprio medievale si possono trovare a Gornate Olona, nel cui territorio cade il monastero di Torba, o ad Arsago Seprio, con la romanica basilica di San Vittore (IX-XII secolo) affiancata da un superbo battistero ottagonale.La stagione rinascimentale porta il nome di Branda Castiglioni. Nato nel 1350 a Milano da famiglia nobile, Branda preferì alla primogenitura l’abito ecclesiastico. Fu nunzio apostolico in Germania, Boemia e soprattutto in Ungheria. Nel 1411 venne nominato cardinale. Amico dei Medici, a Firenze nel 1425 conobbe Masolino da Panicale, impegnato con Masaccio negli affreschi della Cappella Brancacci. Il cardinale volle il pittore a Castiglione Olona, feudo di famiglia, dando vita a un progetto di riforma urbanistica e culturale. Il piccolo borgo divenne così il primo e precoce centro dell’Umanesimo toscano in Lombardia.A Castiglione Olona tutto parla di Branda. A partire dalla Collegiata, consacrata nel 1425, che fu fatta erigere dal cardinale ancora in forme gotiche. La decorazione dell’abside fu però affidata a Masolino che intorno al 1428 vi dipinse le
Storie della Vergine. Qui è anche la tomba di Castiglioni, morto nel 1443. Attiguo è il cosiddetto Battistero (in realtà una cappella), alle cui pareti è il capolavoro della maturità di Masolino. Datati 1435, gli affreschi raffigurano le
Storie del Battista in cui l’artista ritrova la freschezza perduta a Firenze nel confronto ingombrante con Masaccio. Sembra invece trasportata direttamente da Firenze la chiesa di Villa, giù nel borgo, improntata ai moduli di Brunelleschi (a partire dalla sacrestia vecchia di san Lorenzo), tanto che c’è chi sospetta persino l’intervento diretto del grande architetto. Brunelleschiani sono anche gli affreschi del senese Vecchietta nel palazzo di famiglia.Il Seprio, specie nella pianura verso il Ticino, è oggi una delle aree più industrializzate della Lombardia. Non ha però dimenticato la sua vocazione culturale. Gallarate ad esempio promuove da 60 anni un importante premio per le arti visive da cui è nato il Maga, il museo di arte contemporanea. Così come si prolunga lo spirito mecenatistico in imprenditori che coniugano industria e arte. È il caso ad esempio di Giovanni Orsini, titolare di una delle aziende leader del tessile di lusso. E che nelle sale e nel parco di Villa Buttafava, a Cassano Magnago, ha allestito un’importante collezione di arte concettuale, dalla poesia visiva a Fluxus, con opere di artisti come Ben Patterson, Geoffrey Hendricks, Giuseppe Chiari, Giuliano Mauri, William Xerra. Gente tosta, questa del Seprio.