Per lo “specialone” Josè Mourinho la storia del calcio è basata solo sui
tituli, tradotto per la nostra normalissima realtà italica: conta solo chi vince gli scudetti. Un concetto assai chiaro al presidente della Juventus Andrea Agnelli che non ha mai accettato la sentenza di Calciopoli (revoca dello scudetto 2004-2005 e non assegnato quello del 2005-2006, poi dato a tavolino all’Inter) e continua a ribadire che «i campionati vinti sul campo» dai suoi bianconeri sono 33 e non 31 come da albo d’oro. «
Vocatio ad unitatem», è l’appello del latinista del pallone Claudio Lotito che finora nel suo decennale da timoniere assoluto della Lazio non ne ha ancora vinto uno di tricolore (l’ultimo titolo laziale, stagione 1999-2000 era sotto l’egida dei Cragnotti) e pertanto ci terrebbe alla restituzione di un campionato che risale niente meno che a un secolo fa: stagione calcistica 1914-1915. Quell’anno, il diciottesimo torneo di calcio di massima serie, non ancora a girone unico (la Serie A attuale sarebbe nata nel 1929-1930), venne sospeso a causa dello scoppio della Prima guerra mondiale e al momento dello stop il Genoa era la capolista del girone settentrionale davanti a Inter e Torino che inseguivano a due punti di distanza. La Lazio vantava la stessa posizione nel girone centro-meridionale, davanti ai cugini della Roman (diventata poi AS Roma nel 1927) e al Pisa. Secondo regolamento, per l’assegnazione dello scudetto si sarebbe dovuta disputare la finalissima tra le due prime classificate dei rispettivi gironi, ma gli eventi bellici lo impedirono e così il titolo successivamente venne assegnato – d’ufficio – al Genoa che così metteva in bacheca il suo settimo scudetto. I liguri poi sarebbero saliti a nove scudetti con quelli vinti nel 1923 e nel 1924, mentre la Lazio per conquistare il suo primo titolo avrebbe dovuto attendere il 1974. Ora Lotito sull’onda emotiva della tifoseria laziale che si è mossa con tanto di petizione popolare, sottoscritta da oltre trentamila firme in Rete, chiede a gran voce il riconoscimento ex aequo con il Genoa dello scudetto del 1915. Il promotore della campagna per la “restituzione” di quello che sarebbe il terzo tricolore del club capitolino – e che pareggerebbe i conti con i cugini della Roma – è l’avvocato Gian Luca Mignogna. Il legale a nome di tutta la Lazio rivendica oltre al merito sportivo anche quello «storico e socioculturale», alla memoria di quei ragazzi della Lazio di allora che lasciarono i campi di calcio per andare a morire su quelli di battaglia della Grande Guerra. Un sacrificio a onor del vero che compirono anche diversi giocatori del Genoa, società che quanto a valore storico e socioculturale è inattaccabile, trattandosi del club calcistico più antico d’Italia: fondato nel 1893, sette anni prima della Lazio. La petizione è tuttora aperta e patron Lotito continua a ribadire che «quello scudetto è legittimo e ci è stato tolto soltanto per colpa della guerra». In effetti il 23 maggio 1915 al momento della sospensione del campionato mancava ancora un turno da disputare e il Genoa avrebbe potuto essere raggiunto dall’Inter e dal Torino. Ma non si scese più in campo e quello scudetto fu cucito sulle maglie del Grifone a guerra ampiamente conclusa, nel 1921. Possibile che in una eventuale finalissima-scudetto contro Genoa, Inter o Torino, la Lazio sul piano tecnico non ce l’avrebbe fatta a reggere il confronto, ma non esiste nessuna controprova. A questo punto anche l’Inter di Erick Thoir e il Torino di Urbano Cairo potrebbero accampare qualche diritto sullo scudetto conteso del 1915. Cairo tempo fa aveva già chiesto la revisione del torneo 1926-1927. Sul campo il Torino aveva conquistato il titolo, ma non venne concesso a causa della prima grossa combine del calcio italiano, passata alla storia come il “Caso Allemandi”. Il presunto fattaccio che vide coinvolto il difensore juventino Luigi Allemandi risale al giugno 1927, derby della Mole vinto dal Torino sui bianconeri, 2-1. Lo scandalo emerse sulle colonne del giornale “Il Tifone” a firma di Renato Farminelli, il quale scrisse del tentativo di aggiustamento non andato in porto da parte del dirigente granata dottor Nani che alla fine della partita si rifiutò di pagare quanto pattuito con Allemandi (due rate da 25mila lire ciascuna, da saldare prima e dopo il match al calciatore), in quanto lo juventino era risultato tra i migliori in campo e tutt’altro che remissivo, come da accordi, a far vincere il Torino. Risultato finale: scudetto revocato e si fece di tutto per assegnarlo al Bologna (2° classificato), che guarda caso era la squadra del cuore del gerarca fascista nonché presidente della Federcalcio Leandro Arpinati. La verità sul caso Allemandi non è mai stata pienamente accertata, così come al piccolo grande Conversano, club della provincia di Bari, non è mai stata riconosciuta la vittoria del campionato dell’Italia Libera, stagione bellica 1943-1944. Un torneo al quale sotto gli occhi degli alleati anglo-americani presero parte 37 squadre delle cinque province pugliesi, più i lucani del Matera, divise in otto gironi. Il Conversano vinse campionato e Coppa di Puglia, ma agli almanacchi non risulta. Il comune pugliese, spinto da comprensibile orgoglio per la propria compagine, ha avanzato richiesta di riconoscimento alla Figc che a sua volta ha inviato al club un attestato di benemerito per il successo conseguito, ma una commissione storica creata ad hoc ha bocciato l’eventualità dell’inserimento del Conversano nell’albo d’oro. Del resto anche i Vigili del fuoco della Spezia pur vincendo il titolo dell’Alta Italia 1943-1944, arrivando primi davanti al Grande Torino, si sono dovuti accontentare di un risarcimento parziale atteso quasi sessant’anni. La Federcalcio all’epoca stabilì che ai vigili spezzini nonostante il primato finale doveva essere assegnata una Coppa Federale al posto dello scudetto, che così rimase cucito sulle maglie granata di Valentino Mazzola e compagni i quali, cinque anni dopo, sarebbero morti nel tragico schianto aereo di Superga (4 maggio 1949). Soltanto nel 2002 la Figc ha in parte riparato con l’assegnazione di un “titolo onorifico” e un distintivo che le aquile bianconere dell’attuale Spezia Calcio del presidente Gabriele Volpi si sono potuti appuntare sulla maglia rendendo finalmente onore a quei valorosi Vigili del fuoco che fecero l’impresa.