Firenze. Scoperto il testamento di Donatello
Il testo del documento
Donatello, lo scultore che inaugurò il Rinascimento, non stava particolarmente dietro ai propri affari, ma qualche piccolo investimento a suo tempo lo fece, tanto da lasciare in eredità al nipote Giovanni di Buonaiuto Lorini anche una casa data a pigione a Figline di Prato, il borgo ai piedi del Monteferrato, nel Pratese, noto per le cave di «marmo verde» o «Verde di Prato», che ha impreziosito le facciate delle chiese di Firenze e della Toscana. Il nipote, tra l’altro, aspettò ben poco, nemmeno un mese dopo la morte dello zio, a rivendere la casa alla famiglia Del Sera per 40 fiorini.
Sarebbe una storia di eredità come tante, se non fosse che alla biografia di Donatello mancava proprio un documento che testimoniasse della proprietà e del lascito. Ne fa cenno Giorgio Vasari nelle sue Vite, citando genericamente «un podere in quel di Prato» di proprietà di Donatello, ma senza precisare la località né menzionare una casa. In ogni caso, finora, non si era trovato alcun riscontro a quanto affermato dal Vasari.
Adesso, grazie a un’inchiesta di Tv Prato, condotta dal direttore Gianni Rossi, e alle ricerche della responsabile del settore Catasti dell’Archivio di Stato di Firenze, Silvia Sinibaldi, si è scoperto che il grande artista fiorentino fece addirittura testamento. Dalle ricerche è saltato fuori anche il nome del notaio, Iacopo di Francesco Mini, attivo a Firenze nel XV secolo. Al momento delle ricerche il testamento – ammesso che sia ancora conservato – non è stato scoperto nelle sterminate carte dell’Archivio di Stato. Ma la traccia di questo documento emerge chiaramente da una «Portata» del 1469, che riporta la dichiarazione fiscale del nipote dello scultore che elencando i suoi beni in qualità di contribuente a un certo punto dichiara: «Bene alienato: una casa ed uno pezzuolo di terra lavoratia e uno poco di bosco posto nel contado di Prato luogo detto Fegline, la quale casa e terra mi donò Donatello di Niccolò di Betto intagliatore dopo la morte sua. Carta fatta per Ser Iacopo di Francesco Mini Gonfalone Scala. La detta casa e terra vendei a Luca di Miniato Del Sera, abita a Prato, carta fatta per Ser Giovanni di Ser Lodovico Bertini Gonfalone Drago di Santo Spirito sotto dì 23 Gennaio 1466 per prezzo di fiorini 40». Come si legge, dunque, il nipote di Donatello riferisce che tra i suoi possedimenti ce n’è uno «donato» dallo zio dopo la sua morte e successivamente «alienato»: si tratta, appunto, della casa di Figline.
La statua di Donatello agli Uffizi - WikiCommons
La ricerca di Tv Prato, a cui hanno collaborato Lucrezia Sandri e Maurizio Tibaldi, ha preso le mosse da una vecchia monografia dedicata all’artista, l’unica a riportare la notizia biografica dell’acquisto, nel 1433, di una casa a Figline, nel Pratese. Gianni Rossi intendeva rintracciare il documento che comprovasse quella proprietà, indicato nei cosiddetti Regesti Donatelliani. Silvia Sinibaldi rintracciata la «Portata» non si è accontenta e da vera «detective della storia», si è messa sulle tracce del nominativo del nipote indicato nei regesti donatelliani, arrivando così a scoprire un’altra «Portata», quella che contiene la notizia del testamento.
È il nipote stesso, come accennato, a vendere la casa ai Del Sera come si evince da una successiva dichiarazione fiscale resa da Luca di Miniato Del Sera (anche questa raccolta nella «Portata» del 1469 conservata all’Archivio di Stato di Firenze). Allo stato attuale delle ricerche emerge, dunque, una storia diversa da quella raccontata da Vasari, che scrive delle pretese dei parenti e della decisione di Donatello di lasciare invece il podere al contadino che l’aveva sempre coltivato.
Intanto le indicazioni topografiche fin qui rintracciate permettono di ipotizzare alcune possibili localizzazioni di quella abitazione, ma mancano elementi di maggior sicurezza. È possibile che Donatello avesse acquistato la casa a Figline come un investimento, proprio negli anni in cui lavorava con Michelozzo allo straordinario pulpito del Duomo di Prato, una delle opere più rivoluzionarie degli inizi del Rinascimento, il cui cantiere si protrasse per ben dieci anni. Con tutta probabilità conosceva il paese anche per le cave del «Verde», utilizzate fin dal Mille dagli architetti toscani. Il borgo, anche oggi molto suggestivo, conserva una chiara impronta medievale, con l’antica pieve ricca di affreschi, l’annesso Museo e il grande tabernacolo di Sant’Anna Metterza affrescato da Agnolo Gaddi sulla fine del Trecento. Il paese è noto anche per l’eccidio nazista del 6 settembre 1944: 29 partigiani furono impiccati dalle truppe tedesche in ritirata.
Tv Prato ha dato la notizia dell’importante scoperta con un breve documentario mandato in onda questa sera nel bel mezzo della diretta in occasione delle celebrazioni per la Natività di Maria. L’8 settembre per la città toscana, che conserva la reliquia della Sacra Cintola, è la festa cittadina per eccellenza, la chiamano Madonna della Fiera e il centro pulsante delle manifestazioni è proprio la piazza del Duomo sui si affaccia il pulpito capolavoro di Donatello e dal quale, in particolari occasioni, avviene l’ostensione della preziosa reliquia mariana conservata all’interno della Cattedrale.