Astronomia. C'è acqua su Marte: è una scoperta italiana
Una raffigurazione della sonda “Mars Express” (Ansa/Esa)
C’è acqua liquida su Marte. È sepolta in un lago a circa un chilometro e mezzo di profondità dalla superficie, racchiusa tra due strati di ghiaccio in prossimità del Polo Sud. Lunghe vallate, laghi e persino mari hanno lasciato le testimonianze fossili dell’esistenza dell’acqua in un lontano passato. Al giorno d’oggi invece, l’acqua è presente nell’atmosfera in percentuali piccolissime. Impossibile che piova. Qualche goccia è stata vista formarsi su una “zampa” della sonda Phoenix che atterrò in prossimità del Polo Nord nel 2008. Non è da escludere che vampate d’acqua, come fossero geyser, fuoriescano durante la primavera e l’estate da alcuni versanti di crateri, per poi evaporare immediatamente per la bassa pressione dell’atmosfera marziana. Ma invasi stabili di acqua non erano mai stati trovati. Ora invece, secondo una ricerca pubblicata su “Science” e realizzata da un gruppo di ricercatori guidato da Roberto Orosei dell’Inaf (Istituto nazionale di astrofisica), esistono le prove che un lago d’acqua con un diametro di circa 20 chilometri si trova nascosto tra i livelli di ghiaccio che ricoprono l’area polare meridionale. A questa conclusioni sono giunti analizzando i dati raccolti dalla sonda Mars Express dell’Esa (Agenzia Spaziale Europea). A bordo della navicella vi è un radar che invia onde elettromagnetiche verso la superficie marziana, le quali sono in grado di scendere in profondità, fino a una decina di chilometri. Ogni qualvolta incontrano uno strato a composizione fisica o chimica diversa una parte della loro energia viene riflessa alla sonda. L’acqua è un riflettente molto intenso e dunque si evidenzia molto bene rispetto agli altri strati, che nell’area in questione sono composti per lo più da ghiaccio. «Prima di giungere alla conclusione che là sotto vi è un lago, abbiamo escluso tutte le altre possibilità. È stato un lavoro molto difficile», spiega Orosei, che continua: «Mars Express infatti, ha una capacità di “risolvere” (ossia di mettere in luce) oggetti non inferiori ai 5-6 chilometri. In secondo luogo l’area studiata è stata sorvolata con discontinuità e per questo abbiamo dovuto raccogliere dati per almeno tre anni al fine di avere informazioni sicure». Ci si può chiedere come sia possibile che esista acqua liquida in un ambiente così estremo e freddo come lo è il Polo Sud di Marte, dove le temperature possono facilmente scendere sotto i 100°C. In realtà anche tra i ghiacci dell’Antartide, il Polo Sud terrestre, vi sono laghi e alcuni di essi sono collegati da fiumi. Il ghiaccio esercita due funzioni importanti: da un lato fa da coperta impedendo che le temperature estreme scendano fino in profondità e in secondo luogo la pressione che esercita fa sì che la temperatura di fusione dell’acqua sia inferiore agli zero gradi centigradi. Su Marte tuttavia, i due elementi non sono sufficienti a far sì che l’acqua sia liquida a un chilometro e mezzo di profondità. Ma sul Pianeta rosso c’è un altro elemento in aiuto. La grande quantità di sali di sodio, magnesio e cloro, le cui percentuali possono portare il punto di fusione dell’acqua a -74°C. «Al momento non sappiamo esattamente quanto è profondo il lago, ma pensiamo che sia dell’ordine di qualche decimetro. Ancora una volta la risoluzione di Mars Express non ci viene in aiuto», racconta Orosei. Sarebbe l’unico lago presente sotto i ghiacci del Polo Sud? «In realtà esistono indizi che dicono che potrebbero esserci altri laghi, ma i dati non ci danno la certezza assoluta». Quel lago, secondo i ricercatori, potrebbe avere qualche decina di milioni di anni, tanto è vecchia l’attuale calotta polare e se un giorno lontano proprio l’acqua liquida che scorreva sulla superficie marziana diede modo alla vita di svilupparsi non è da escludere che possa essersi mantenuta in laghi simili fino ai nostri giorni. Proprio nei laghi antartici infatti, sono state scoperte specie viventi che risalgono a centinaia di migliaia di anni fa e che oggi non sono più presenti sulla superficie terrestre. Perforare un chilometro e mezzo di ghiaccio non è un’impresa particolarmente difficile e questo potrebbe essere uno dei primi compiti degli astronauti che, se tutto andrà come programmato, dovrebbero esplorare Marte negli Anni Trenta di questo secolo.