L'artista. Scifoni: oggi Lapo in tv, poi riporto san Francesco a teatro
L’attore Giovanni Scifoni sarà Lapo Fineschi nella serie di Canale 5 “Fosca Innocenti”
Giovanni, «i’ vorrei che tu e Lapo ed io...». Sintesi dantesca per un percorso d’artista con la “A” maiuscola: quello di Giovanni Scifoni, talento romano, classe 1976, uno dei volti più riconoscibili e rassicuranti del piccolo schermo. Popolarità e stima certificata anche dal fisiologico grande seguito social che ha questo eterno giovane, padre di tre figli, nato nell’ex quartiere poppolare della Ferratella, in una famiglia dove è il quarto di sei fratelli. E questo consenso diffuso, Scifoni l’ha avuto in dono sin dagli esordi televisivi nella fiction Mio figlio in cui per padre aveva il compianto Lando Buzzanca: «Uomo e attore burrascoso , ma sincero -ricorda . Ho litigato spesso con Lando che però mi voleva bene e mi trattava alla pari, quando ero solo un pischello alla sua prima esperienza». Sono passati diciotto anni da quel grande successo e venti dal debutto al cinema ne La meglio gioventù di Marco Tullio Giordana, «in cui facevo Berto». Una gavetta intensa, con inizi teatrali al fianco di mostri sacri come Paolo Poli «un universo popolato di bellezza e da una disperata geniale allegria», e poi, non sul palco, ma sempre in una serie tv, l’incontro sul set de L’ultimo papa re di Luca Manfredi, con Gigi Proietti: «Un punto di riferimento per tutti noi attori romani a cui ha lasciato una lezione fondamentale: bisogna lavorare tanto e duramente per trasformare il peso della cultura teatrale in quella straordinaria semplicità che solo Gigi sapeva portare in scena». Tre grandi insegnamenti che l’hanno reso un artista completo, capace di cambiare continuamente registro: serie televisive, cinema, conduzione di Beati voi per Tv2000, passando per la scrittura ( Senza offendere nessuno - Chi non si schiera è perdutoMondadori - ) con ritorno necessario al teatro, dove è sicuramente la più autorevole “voce cattolica”, testimoniata da spettacoli di profondissima leggerezza e pregni di spiritualità come Le ultime sette parole di Cristo, Guai a voi ricchi, Ago (sulle confessioni di sant’Agostino) Santo Piacere (con cui riparte in turnèe per la regia del paroliere e cantautore Vincenzo Incenzo («artista unico nel suo genere», sottolinea Scifoni) Anche i santi hanno i brufoli e Mani bucate (sulla figura di san Francesco).
Tanta roba! Direbbe uno dei suo fan millennial di Doc nelle tue mani (in cui è Enrico Sandri). Ma il pretesto per fare il punto su vent’anni di questa carriera eclettica e senza soste, ce la offre la seconda stagione di Fosca Innocenti, la serie in onda domani in prima serata su Canale 5, in cui Scifoni veste i panni dello “stropicciato” Lapo Fineschi...
Già, sono Lapo: un artista , uno scultore. E come tutti gli artisti che circolano da noi, specie nel mondo degli attori, è figlio di ricchi che vive in una condizione di agio e da gran viziato. In quanto, tale gioca con la vita, la sua e soprattutto quella degli altri, che in virtù del suo status tutto gli è dovuto. È un cinico Lapo che ascolta solo se stesso e il cui vero mestiere è quello di provocare e di creare sconquasso nell’esistenza della sua ex fidanzata, Fosca (Vanessa Incontrada) e minarne la stabilità della relazione con Cosimo (Francesco Arca).
Lapo ha poco del suo san Francesco di Mani bucate, ammirato la passata stagione al Teatro Oscar di Milano e di cui molti spettatori incantati attendono la ripresa.
Quel lavoro è frutto di materiale su san Francesco che ho raccolto nel tempo e che mi servirà per comporre un’opera nuova e definitiva in occasione degli 800 anni del Presepe vivente di Greccio che cadrà a Natale 2023. Quindi l’appuntamento è già fissato, resta solo da mettere a fuoco quegli aspetti inediti del Poverello di Assisi che scopro continuamente nel mio incessante percorso di ricerca.
Qual è la scoperta più sorprendente che ha fatto sul “Giullare di Dio”?
Un aspetto che mi piace molto di san Francesco e su cui vorrei calcare la mano nello spettacolo teatrale è la “grande tentazione” e l’incredibile atto di umiltà che compie alla fine della sua vita quando, unico caso di Santo nella storia, si dimette da capo dell’ordine che lui stesso aveva fondato. Nel momento in cui è amatissimo e seguito da migliaia di uomini e donne che accorrono da tutta Europa per farsi francescani, san Francesco che fa? Va in crisi con i suoi confratelli, è roso dal dubbio se stia facendo davvero la volontà di Dio o semplicemente assecondando la propria vanità e così muore rinunciando alla “leadership” dell’ordine.
Nella versione più laica della scelta di san Francesco, viene in mente Pier Paolo Pasolini che disse: «La mia indipendenza è la mia forza, ma l’indipendenza genera anche la mia debolezza»...
Pasolini è la figura di intellettuale più importante che ha generato la nostra cultura. Lo leggo da sempre e quello pasoliniano ritengo sia il pensiero più forte, più lucido e più sincero di tutto il ‘900: la sua incredibile attualità risiede nella capacità che ha avuto di non scrivere mai nulla che fosse ideologico.
L’ideologia dominante a lei ha fatto denunciare che «viviamo in un tempo in cui ci si deve quasi vergognare ad essere cattolici».
Vero e questa è una “condanna ideologica”. Noi cattolici siamo stati a lungo il pensiero dominante, ma la società è cambiata radicalmente. Un tempo il mondo dipendeva da Dio, oggi il mondo lo comprendi solo attraverso la “religione della tecnica”. Restano nella nostra cultura elementi cristiani che ci proteggono, ma il cristianesimo è innegabile che agli occhi dei laici viva una stagione museale, e secondo loro è inutile al cospetto della modernità.
Ma l’anomalia è che poi molti laici e agnostici riconoscono papa Francesco come loro leader universale.
Laici e agnostici riconoscono papa Francesco loro leader solo dopo aver portato il suo pensiero in lavanderia per smacchiarlo di ogni traccia escatologica. Può darsi che la loro sia una forma aggiornata di cristianesimo, magari funziona pure, chissà...
Ciò che ha funzionato e colpito l’attore e l’uomo Scifoni è La lettera agli sposi di papa Francesco, su cui lei ha scritto una pagina significativa su Avvenire dello scorso febbraio. La lettera agli sposi la rileggo ogni volta che ho bisogno di ritrovare quell’unione fondante con mia moglie. Spesso commettiamo l’errore di parlare alla persona amata come se fosse il commercialista, dimenticandoci che la magia del matrimonio risiede nel miracolo quotidiano dell’emozionarsi ancora, anche quando si sta insieme da tanto tempo. Il pericolo di disunirsi è sempre dietro l’angolo… Come se ne esce? Fermandosi un secondo, mettendosi al fianco della propria donna, pregare con lei, magari anche forzandosi un po’. E poi, come insegna papa Francesco: «Litigate quanto volete, ma non andate a dormire senza fare la pace».
A proposito: come sta reagendo ai normalissimi e familiari litigi «ad alto volume » la vostra vicina di casa Caterina? Beh, Caterina è sempre “armata” di scopa che batte dal piano di sotto, ogni volta che i toni si alzano - sorride divertito - . L’alto volume dipende dal fatto che io normalmente ho un tono eccitato e quando litigo divento un dinosauro. La verità, è che non si litiga mai bene come con la propria moglie e con i nostri figli. Io fin da piccolo sono cresciuto con la paura della violenza fisica e ho imparato ad abbozzare fuori, mentre in famiglia, sentendomi protetto e certo che nessuno mi picchierà, alzo la voce e litigo amabilmente... Anche per la “gioia” di Caterina.