Agorà

Mondiali di sci. In pista haitiane, libanesi e keniane: tipe da spiaggia sulle nevi

Mario Nicoliello domenica 19 febbraio 2017

Da sinistra a destra: la slalomista libanese Letitia El Khoury, l’haitiana Celine Marti e la maltese Elise Pellegrin.

Allegra, «ciao» in romancio, l’idioma del Cantone dei Grigioni. Così il pubblico saluta le eroine dello slalom nel parterre della Suvretta. L’applauso è per tutte. Non solo per le big, ma anche per il resto della compagnia, donne che sciano per divertirsi o per un ideale più elevato del profitto. Il sabato delle porte strette è un festival per 94 atlete di 52 Paesi, roba mai vista in Coppa del mondo dove girano una ventina di nazioni. Ai Mondiali tutto il globo ha diritto di partecipare, così due ore dopo l’esibizione della prima sciatrice giunge al traguardo l’haitiana Celine Marti e il pubblico le riserva un applauso simile a quello dedicato a Mikaela Shiffrin. La yankee, pettorale uno, è in testa a metà gara. La caribica, pettorale 94, conclude al 73° posto, staccata di 40 secondi dalla leader, ma per lei, trentasettenne dalla storia particolare, è comunque festa. Nata a Port au Prince, è stata adottata a 7 mesi da una famiglia svizzera, così è cresciuta a Ginevra, dove di professione è caporale della polizia. Nel tempo libero fa il pompiere e la maestra di sci, ma è ancora legata al suo Paese d’origine tanto che ha adottato una bambina nata nella sua stessa terra. «È stata un’esperienza emozionante.

Sono al Mondiale in mezzo a tante campionesse e rappresento il mio Paese». L’operazione Mondiale di Celine è scattata un anno fa, quando il businessman haitiano Jean Pierre Roy - presente in Svizzera ma non qualificato per lo slalom odierno - lanciò il progetto “Ski for Haiti” per mostrare l’immagine felice di una terra distrutta da terremoto e tsunami. «Ho incontrato Celine a marzo, abbiamo parlato e ci siamo dati sei mesi per riflettere. A settembre abbiamo deciso di fare sul serio», osserva l’allenatore di Haiti, il francese Thierry Montil-let, cugino di quella Carole vincitrice dell’oro in discesa ai Giochi di Salt Lake City 2002: «Celine scia da quando era piccola, ma è da questo autunno che si sta allenando con intensità tra Francia e Svizzera. Se continua di questo passo la qualificazione per i Giochi di Pyeongchang non è impossibile». A fine gara Celine chiacchiera in francese con la collega maltese Elise Pellegrin, ventiseienne alla terza esperienza iridata, dopo essere stata anche la portabandiera di Malta ai Giochi di Soci: «Sono nata e vivo in Francia, ma rappresento il Paese di mio nonno. Sono l’unica maltese negli sport invernali ». A chiudere il trittico francofono la ventenne libanese Letitia El Khoury, all’esordio in un Mondiale: «Gareggiare con le sciatrici più forti è indescrivibile».

La star delle peones delle nevi è la keniana Sabrina Simader, che tagliato il traguardo scatena l’urlo della mamma Sandra, la sua allenatrice: «Migliora di gara in gara, ancora un passo in avanti e l’anno prossimo si può volare in Corea». Sabrina è nata a Mombasa, ma si è trasferita a 3 anni in Austria con la madre. «Sono cresciuta sulle montagne vicino a Schladming, quindi per me sciare è normale. Non ho mai pensato di correre, mi diverto con gli sci e partecipare al primo Mondiale è stato un sogno. Peccato non aver stretto la mano a Shiffrin e Vonn, che ho visto solo da lontano». L’altro Mondiale non distribuisce fiori, ma rende felici le protagoniste, esultanti per una manche portata a termine nonostante i distacchi siderali. «Sono al quinto campionato e ho fatto anche due Olimpiadi. Il mio obiettivo era entrare nelle 60 e ci sono riuscita al pelo», spiega la sorridente greca Sophia Ralli, che si è esibita anche al pomeriggio perché al Mondiale accedono alla seconda manche in sessanta, il doppio rispetto alle Gare di Coppa. La ventinovenne di Salonicco è stata l’ultima a lasciare il cancelletto di partenza, ma si è piazzata al penultimo posto, battendo l’ucraina Olha Knish, quarantanovesima a 17 secondi dalla Shiffrin: «Ho faticato tanto, ma sono state quattro discese soddisfacenti».

Per poter disputare la prova iridata le sciatrici di seconda fascia devono infatti affrontare una fatica doppia rispetto alle più forti, cimentandosi anche in due manche di qualificazione a Zuoz, 18 chilometri da St. Moritz. Lavoro supplementare che viene premiato con una simbolica premiazione la sera della vigilia, prima dell’estrazione dei pettorali. Così anche quelle dell’altro mondo ricevono l’ovazione dei tifosi nel Kulm Park, teatro nel 1948 delle gare olimpiche di pattinaggio e adesso trasformato in Medal Plaza. Oro, argento e bronzo: quali sconosciuti per chi scia per raccontare un giorno ai nipoti di aver disputato un Mondiale. Sulla neve e non in acqua come alcune nazioni di provenienza farebbero pensare. D’altronde in inverno il lago di St. Moritz si trasforma in una pista ghiacciata, dove ci si sdraia per abbronzarsi e respirare il glamour di questo angolo di Engadina. Tra i turisti anche il principe messicano Hubertus von Hohenlohe, incapace di qualificarsi allo slalom odierno. A 58 anni il nipote di Agnelli deve inchinarsi ai giovani sciatori che avanzano. Anche dall’altro mondo.