Anniversario. I cento anni di Save the Children: il Papa e la lady alleati per i bimbi
Una pagina pubblicata dal Daily Mirror negli anni 20 sulla campagna fondi di Save the Children (Save the Children)
Il Papa che plaude alle iniziative benefiche di una ong, laica e diretta da una donna, non può stupire nessuno, soprattutto nell’epoca di papa Francesco. La cosa assume tutt’altro sapore se il Pontefice in questione è Benedetto XV, il Papa che cento anni fa nella lettera ai «capi dei popoli belligeranti» del 1° agosto 1917, aveva chiesto la «cessazione di questa lotta tremenda, la quale, ogni giorno più, apparisce inutile strage». E fu proprio Benedetto XV a incoraggiare e sostenere, con due encicliche e generose offerte, la nascita di Save the Children, l’organizzazione non governativa nata con lo scopo di salvare i bambini che, in Germania, Austria, Ungheria, morivano come mosche per mancanza di cibo e medicine.
Una strage di innocenti ignorata dai Paesi vincitori, che non mostravano alcuna solidarietà per “i figli dei nemici”. Così Eglantyne Jebb, combattiva donna inglese, decide di spendere la sua vita per dare vita a quella che oggi è una “multinazionale” della solidarietà che soccorre i bambini a ogni latitudine: quelli che muoiono di bombe o colera in Yemen, quelli a rischio devianza delle periferie urbane d’Italia.
A raccontare l’inedita alleanza tra un Papa cattolico e una donna anglicana è Raffaela Milano, direttore dei Programmi Italia-Europa di Save the Children, nel libro I figli dei nemici , sottotitolo “Eglantyne Jebb, storia della rivoluzionaria che fondò Save The Children ”, edito da Rizzoli (pagine 240, euro 19,00).
Lady Jebb prova innanzitutto a coinvolgere la Chiesa d’Inghilterra, ma l’arcivescovo di Canterbury la ignora. La signora riprende carta e penna e nel 1919 scrive al Papa dei cattolici. Così una mattina Benedetto XV nella corrispondenza trova la lettera di questa perfetta sconosciuta. Ma il Papa che ha personalmente organizzato una macchina di soccorsi per un milione di persone colpite dalla guerra, capisce al volo il dramma di cui le scrive la signora inglese. Tanto che presto promuoverà, il 24 novembre, una prima grande colletta nelle chiese.
Lo fa con l’enciclica Paterno Iam Diu : «Ci giunge notizia che quelle popolose regioni [dell’Europa centrale, ndr ) (...)] soffrono di tale penuria di alimenti e di vestiario, quale appena è dato immaginare. Frattanto – scrive il Papa – è compromessa e distrutta la salute delle persone più deboli e in primo luogo dei fanciulli». Benedetto XV prosegue dicendo che «furono alquanto alleviate queste Nostre angosce quando Ci fu annunciato che uomini di nobile sentire si erano riuniti in associazioni col proposito di "salvare i fanciulli"». E lancia una grande colletta: «Prescriviamo che nelle Vostre rispettive diocesi, nel giorno 28 del prossimo mese di dicembre, festiva solennità dei Santi Innocenti, ordiniate pubbliche preghiere e raccogliate le offerte dei fedeli». Entrando nel merito di ciò che serve: «Denaro, anche alimenti e medicine, vesti e indumenti».
L’anno successivo sarà la volta di un’altra encliclica, la Annus Iam Plenus del 1° dicembre 1920, in cui Benedetto XV plaude all’organizzazione benefica: «Non possiamo omettere di tributare pubblica lode alla società chiamata "Save The Children fund" (Salviamo il fanciullo), perché non tralasciò alcuna premura e diligenza per raccogliere, denaro, vestiti e alimenti». Il Papa rinnova la colletta «per il giorno 28 di questo mese», raccomandando di «trasmettere con diligenza le offerte così raccolte sia a Noi, sia alla citata società "Save The Children Fund"». Poi aggiunge: «Allo scopo di promuovere a liberalità con l’esempio Nostro, dopo di avere esortato i fedeli con la parola, destiniamo a questa santissima opera di carità l’offerta di 100.000 lire italiane». Rapportata ai nostri giorni, una cifra che equivale a circa 100.000 euro.
La stima di Benedetto XV verso lady Jebb si è rafforzata con l’incontro personale in cui l’instancabile inglese ha gli illustrato la tragedia dei "figli dei nemici". È lei stessa a raccontare l’incontro, con un tocco di humour molto british. La signora arriva Roma col dottor Hector Munro, che ha lavorato a Vienna e Budapest per la neonata Save the Children. Eglantyne arriva in Vaticano col capo velato da un pizzo nero, come da protocollo. Le udienze che precedono la sua si sono protratte più del dovuto e il prelato che le precede per recuperare il ritardo, «con mio assoluto stupore ha cominciato a correre a gambe levate. Indossava una veste viola svolazzante» che lo faceva assomigliare a «una palla viola che rimbalzava lungo il corridoi». Eglantyne, una mano in testa per non perdere il velo, parte di corsa anche lei.
Quando arriva affannata al cospetto del Pontefice, si inginocchia, ma Benedetto le prende le mani e la fa sedere. I venti minuti previsti diventeranno due ore e un quarto: in francese Jebbe e Munro raccontano al Papa dei medici ungheresi che non hanno i mezzi per curare i bambini e li fasciano con la carta. Del cibo che manca, delle autoclavi ferme senza carbone. Delle madri che non hanno più latte per i neonati. Dei bambini che muoiono di fame, «per piaghe da decubito» o «per una sola corrente d’aria». Il Papa è turbato. Poi parla: «Penso di dovere sostenere questo movimento». Il dottor Munro timidamente ricorda a Benedetto che l’associazione non ha un referente cattolico: «Non è assolutamente un problema – taglia corto il Papa – in un caso come questo».
Le encicliche del Papa avranno un forte impatto: le nazioni cattoliche - specie Italia e Irlanda - si mobilitano, la Chiesa anglicana torna sui suoi passi e si unisce alle collette. Eglantyne Jebb sottolinea che inserire il nome di Save the Children in un’enciclica è del tutto inedito: «Se sono ben informata, non è mai stato compiuto per un’organizzazione non appartenente al mondo cattolico».
«Benedetto ed Eglantyne, così diversi per carattere e storia personale – afferma Raffaela Milano – vedono con chiarezza che, in campo umanitario, non è il momento di far prevalere un’appartenenza sull’altra, religiosa o associativa che sia, ma è indispensabile unire le forze. Benedetto varca con il suo appello i consueti confini dell’associazionismo cattolico e invita le associazioni a consegnare i fondi raccolti a un’organizzazione non confessionale che, come se non bastasse, è nelle mani di una donna». E probabilmente proprio la "benedizione" e il sostegno del Papa sarà la spinta che farà decollare Save the Children, che trasferisce la sede da Londra a Ginevra e diventa internazionale.