Pallavolo. Sarah Fahr, la pantera è tornata a ruggire
Sarah Fahr, 22 anni centrale della Nazionale e delle “pantere” di Conegliano
Un anno fa Sarah Fahr tornava in campo dopo il doppio e gravissimo infortunio al ginocchio destro, la rottura del crociato durante la gara degli Europei contro la Croazia, nel settembre 2021, e la replica ad aprile 2022, a un mese dal primo ritorno, alla quinta partita: stesso infortunio. Mesi e mesi vissuti ai margini, quasi senza soluzione di continuità, per la 22enne centrale dell’Imoco Conegliano, nata in Germania da genitori tedeschi trasferitisi in Toscana quando lei era bambina, punto fermo della Nazionale fin da ragazzina. Ma l’anno che si è chiuso l’ha finalmente vissuto da protagonista, anche se proprio all’azzurro ha dovuto rinunciare lo scorso luglio, saltando gli Europei: «Durante il collegiale mi sarò allenata regolarmente forse una volta, ma sentivo che il mio corpo non riusciva a reggere l’impegno, mi stava dando segnali che dovevo cogliere e non potevo rischiare. Mi sono detta: Sarah, accetta la situazione, pensa a ciò che è stato prima e a ciò di bello che verrà dopo».
Da due infortuni così gravi, che cosa si impara?
Ad avere pazienza e ad accettare che serve tempo per tante cose. Quando ti infortuni ti dicono che tornerai più forte di prima, è un classico. All’inizio pensi che sia una frase stupida, una di quelle cose che si dicono così per dire, una banalità, ma è la realtà. Un infortunio ti mette alla prova fisicamente e mentalmente, però ti forgia.
Momenti bui?
Dopo il primo infortunio no. Non ero demoralizzata: quando giochi, sai che in questo lavoro un problema del genere può accadere, e allora ti impegni per tornare e puoi goderti i miglioramenti quando tutto fila liscio. Il secondo è stato difficile. C’è stato un periodo tra l’infortunio e l’operazione in cui vedevo tutto nero. Ma, in quei giorni, in un viaggio in treno, un incontro mi ha cambiato la prospettiva.
Racconti.
Ero in viaggio, la conversazione nata casualmente: c’era un ragazzo di fronte a me, abbiamo iniziato a parlare, gli ho raccontato quello che era accaduto, la riabilitazione, il nuovo infortunio. Non sembrava granché colpito, e lì mi ha raccontato che era nato semiparalizzato e ci aveva messo 18 anni di fisioterapia per iniziare a camminare. Ecco: magari nella vita ci sono alti e bassi che ti mettono a dura prova, ma lì ho capito che tutti i problemi vanno ricondotti alla giusta dimensione. Quell’incontro mi è servito tantissimo umanamente.
Un anno fa il rientro in campo. Com’era stato?
Uno si aspetta di rientrare ed essere subito come prima, invece no. Felicità per il ritorno a parte, gennaio 2023 l’ho vissuto abbastanza male: mi mettevo pressione per tornare ai livelli pre-infortunio, poi ho accettato che le cose arrivassero gradualmente, non subito, come invece avrei voluto. “Sarah, pazienza”: non so quante volte me l’abbia ripetuto anche il mio ragazzo. E, infatti, da febbraio è stato un crescendo.
Rientro, coppa Italia, scudetto, supercoppa, il primato in classifica odierno. Dove trova le motivazioni una squadra che vince quasi sempre?
Niente di strano, voler vincere è nel Dna di ogni sportivo. Poi a Conegliano viene più semplice: qui vieni trasportato dall’ambiente, c’è un obiettivo dopo l’altro, è una società più unica che rara. La voglia di competere qui diventa sempre voglia di vincere, perché è questo che vuole la società, e quando si raggiunge un traguardo si pensa subito al successivo. Siamo appena rientrate da una settimana di vacanza: ci serviva per staccare, ma da quando siamo rientrate in palestra abbiamo in testa già la Coppa Italia. Per vincerla.
Nel 2023 le è mancata solo la Nazionale.
Saltare l’Europeo mi è dispiaciuto, ma era giusto fermarsi, ho ascoltato i segnali. Non sarei riuscita a restare al passo. A volte bisogna rallentare.
La prossima volta in azzurro troverà Julio Velasco in panchina. Cosa si aspetta?
Non ho ancora avuto modo di conoscerlo di persona e parlarci, ma Velasco è Velasco. Con tutto ciò che ho sentito e letto su di lui, con ciò che ha ottenuto e fatto, considerando la sua importanza nel mondo del volley, sono molto curiosa di scoprire come lavora e come ci aiuterà a ottenere il massimo.
Il 2024 è anno olimpico. L’Italia può qualificarsi grazie al ranking, basta non sbracare in Nations League.
Ho avuto la fortuna di disputare i Giochi di Tokyo, e credo che un’Olimpiade sia qualcosa di magico, qualcosa tutto sommato difficile anche da descrivere, e questo nonostante nel 2021 fosse un’edizione particolare: tutto blindato, le partite a porte chiuse, i pochi spettatori che venivano da Casa Italia o dalle delegazioni delle nostre avversarie. Ma a Parigi sarà sicuramente diverso. Farò di tutto per esserci.
Come se le immagina?
Dev’essere fantastico.