Sanremo. Appello al Paese reale: lasciamo parlare la musica
i Negrita sul red carpet di Sanremo (Ansa)
Appello al Paese reale: ci rivolgiamo ai 10-20 milioni di italiani spiaggiati sul divano davanti alla tv per il Festival di Sanremo – ogni prima serata, da martedì a sabato – se potete, concentratevi soltanto sulla musica e sul grande “circo Baglioni” di Rai 1.
L’utente medio spende, paga e pretende, e quindi chiede solo di assistere a uno spettacolo che si annuncia “popolar internazionale” (pur senza ospiti stranieri). Autarchia morettiana. Parole, parole cantate da mine vaganti (rapper&trapper) da Amici degli amici con o senza l’XFactor o da stanchi refrain di star affermate, spesso replicanti, in cerca di nuova visibilità o di riscatto.
Perché Sanremo è Sanremo, e lo sa il supernerd di genio Rovazzi come il consumatissimo nonno nazionalpopolare Baudo. Sono solo canzonette, lo sappiamo da prima di Edoardo Bennato, ma vanno bene Ancora , come si sgolava l’altro Edoardo, l’occhialuto De Crescenzo. Se stiamo insieme davanti a questo spettacolone –ormai solo televisivo - da quasi settant’anni (siamo arrivati all’edizione di Sanremo69) ci sarà un perché?
In attesa che riappaia Cocciante (viene all’Ariston), ognuno trovi il suo di perché, il motivo giusto per accettare tutta questa musica che gira intorno a un video luminoso in HD. Luci a Sanremo. Nel Paese reale da un anno in qua tante cose sono cambiate e quasi mai in meglio. Difficile cantare come Meta-Moro (i vincitori chiacchierati di Sanremo 2018) Non mi avete fatto niente. Le ferite ci sono e le cicatrici si vedono, mentre già scorrono, fiumi di parole , e molte di queste non saranno lo specchio del Paese reale. Però per Sincerità almeno lo spazio di queste poche serate tentiamo la via delle innocenti evasioni. Proviamo a non sentirci i soliti Uomini soli , abbandonati nel nostro deserto quotidiano, costretti come Elisa a lanciare un disperato Ascoltami. Ascoltiamo la musica sanremese.
Ascoltiamoci seduti attorno a un tavolo, in famiglia, per quello che in fondo è l’ultimo “Natale” laico italiano. Siamo in Eurovisione e allora a Bruxelles (ma soprattutto a Berlino) sappiano che oltre alla pizza e al mandolino in Italia c’è di più… anche se per cinque giorni ci aggrappiamo alla sana tradizione e al cantar leggero. Cellulari spenti, proviamo a dare un voto semplice e democratico all’ugola del cuore, a un nipote di Volare o a Il Volo. Pardon, cancellate l’ultimo invito, questo è un conflitto di interesse. Proviamo a non cercare a tutti i costi il buio (intrighi, complotti, arsenico e vecchi merletti) oltre le siepi fiorite di Sanremo, in caso contrario indaghiamo rapidi e con trasparenza.
Ma soprattutto, e questo è il vero appello al Paese reale, lasciamo fuori dalla porta dell’Ariston la politica, specie quella dura e cruda. Gaberiana utopia? Proviamoci almeno a fare entrare quella che fra’ Baglioni predica come il trionfo dell’ «armonia» che inizia dal golfo mistico dell’orchestra. Basta con le canzoni stonate dal palchetto dei comizi elettorali e gli ululati dei finti Dulcamara senza elisir salvaPaese, specie quelli che indossano tutte le divise e le maglie, per poi non sentirne nessuna addosso sulla propria pelle e tanto meno vicine al cuore.
Non fate entrare il “nulla che avanza” prepotente, razzista e anti-migranti. E chi salirà sul palco non vada oltre il sacrosanto diritto di satira, ma non si illuda che questo vuoto in cui viviamo si possa riempire con una grassa risata. Guardiamo con occhio estetico e non ideologico (basta con il retrò destra-sinistra o l’acclarato gialloverde dominante), allo show messo in piedi dal “dirottatore” artistico Claudio Baglioni. Accoccolati ad ascoltare il mare musicale, leggeri per cinque notti di note , consapevoli, come voleva la dolce “Mimì” Martini che non finisce mica il cielo...