Il dibattito. Il maestro Tempera: «Sanremo all'aperto o concertone»
Tempesta, libeccio che sferza sulla riviera canora, e i naufraghi del Festival domandano timidamente alle sirene della Rai: Sanremo sì o Sanremo no, a marzo? I nostromi del Cda della Rai riuniti a poppa risponderanno in seduta plenaria giovedì 28 gennaio. Il Codacons non ne vuole sapere: «senza sicurezza e salute pubblica garantita» questo Festival non sa’ da fare (dal 2 al 6 marzo, come stabilito), ha tuonato il presidente Carlo Rienzi. Noi, qui, perplessi e acquattati in coperta ci chiediamo se sia davvero necessario un Festival a tutti i costi.
«Si potrebbe rimediare con un Sanremo senza le riprese della Rai», dice ironico il maestro Vince Tempera che metà dei suoi 75 anni li ha trascorsi, in direzione d’orchestra, calcando le tavole dell’Ariston. «Nel 1975 il Festival condotto da Mike Bongiorno e Sabina Ciuffini si fece lo stesso, la Rai non lo trasmise e nessuno ricordo che ne sentì la mancanza », racconta la memoria storica sanremese. Quell’edizione del ’75 a telecamere spente la vinse la “dimenticatissima” Gilda, al secolo Rosangela Scalabrino, classe 1950, con l’altrettanto remota canzone Ragazza del sud. Al 2° posto, ex aequo, si piazzarono altre due donne: Angela Luce e Rosanna Fratello. «Io allora lavoravo per le grandi case discografiche che disertarono il Festival non inviando i propri artisti di punta». Neppure Amadeus (deciso a farlo, a patto che tutte le istituzioni diano il benestare comune) avrebbe affrontato quel Sanremo con in gara Le volpi blu, Le nuove erbe, Franco e le piccole donne o gli Eva 2000 che prima che un settimanale popolare è stato un gruppo del “Festival senza Rai”. Ma Rai 1 sì sa, è la condicio sine qua non per un Sanremo 2021. «E invece no, anche senza la tv sarebbe possibile organizzare la gara – continua Tempera – . Gli artisti ormai vivono, esistono e vendono la loro musica solo grazie alla Rete e alla presenza sui social.
Di fatto, non mi pare che in questi giorni tra di loro ci sia stato nessuno che abbia alzato la voce o gridato allo scandalo per l’eventuale slittamento». I cantanti in effetti se ne stanno anche loro in coperta, attendono comunicazioni di servizio quanto i giornalisti che al momento vengono dati come i grandi assenti. Dagli oltre 1200, il quorum largo della tradizionale sala stampa sanremese, scenderebbero a meno di cento eletti. «E questo invece è un problema, perché i giornalisti da regolamento, contano in sede di votazione, così come è sempre stato indispensabile il pubblico in sala».
Al momento il pubblico è bandito: il Dpcm prevede la chiusura dei teatri fino a nuovo ordine governativo. E se l’Ariston dovesse riaprire i battenti, la prima a minacciare guerra è l’attrice e regista Emma Dante che ha già proclamato: «Allora riapriamo anche noi». E come darle torto? «Infatti, non c’è stata una prima della Scala con pubblico, quindi perché accordare un simile privilegio a Sanremo?», sottolinea il maestro Tempera. La risposta in questo caso è lapalissiana: per via degli sponsor, anzi dello sponsor quasi unico ( Tim) che non ha nessun interesse a far salire i cantanti sul palco a maggio. Le tariffe telefoniche in quel mese sì sa sono più basse, meglio marzo. E poi anche la Rai, ormai da tempo chiude il palinsesto a maggio, e poi tutti al mare. E noi stiamo andando ancora più a largo davanti al mare ligure, con altri dubbi e senza scialuppe di salvataggio.
Ma almeno l’offerta artistica si salva? «È un cast che, a parte Orietta Berti o veterani come Renga e Arisa, Amadeus ha messo in piedi puntando sul seguito dei ragazzini, scaricando Spotify. Al grande pubblico tanti dei nomi in gara risulteranno anonimi ma posso assicurare che invece c’è gente dentro con 10-50 milioni followers». Insomma un Festival, idoneo, come tutto il resto che passa ora, ma in Rete e in streaming. Dall’isola degli indecisi viene da pensare: ma ha ancora un senso Sanremo? «Pe le nuove generazioni, a cui si rivolge, non ha alcun senso – dice il maestro Tempera – . Sanremo resiste in quanto show televisivo nazionalpopolare, ma non ha più appeal nel telespettatore delle grandi città, resiste in provincia.
È un po’ come la campagna presidenziale di Biden e Trump, il primo è andato a cercare consensi nelle aree metropolitane, il secondo ha battuto palmo a palmo l’America del country...». Ma alla fine ha vinto Biden: «Infatti, ha vinto anche come direttore artistico – conclude Tempera – . In 15 giorni Biden ha messo su uno show pazzesco: alla Casa Bianca ha chiamato a cantare alla Bruce Spreengsteen, Lady Gaga, Jennifer Lopez, Katy Perry... Tutte superstar intonate e vestite dal meglio che passa la moda italiana... E poi hanno cantato di pomeriggio, al freddo e al gelo, a dimostrazione che anche a Sanremo si potrebbe fare un bello show all’aperto nel mese di marzo: basta cambiare gli orari e i vincoli imposti dalla tv e dagli sponsor».