Archeologia. Un monastero che produceva: le ultime scoperte a San Vincenzo al Volturno
L'abbazia nuova di San Vincenzo al Volturno (WikiCommons)
Nuove straordinarie scoperte dal cantiere di scavo, attivo ormai da venti anni, nell'abbazia di San Vincenzo al Volturno, il monastero benedettino in provincia di Isernia la cui fondazione risale al 703. In questi giorni si è conclusa la campagna di scavo del 2019 condotta dall'Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, con il sostegno del Museo Archeologico Nazionale di Napoli ed in collaborazione con la Soprintendenza ABAP ed il Polo Museale del Molise.
L'indagine effettuata, realizzata anche con tecnologie avanzate (in particolare le immagini scattate da drone equipaggiato con fotocamera a infrarossi e termica,), ha permesso di accertare l'estensione verso Sud del complesso archeologico: non soltanto un monastero, ma un vero e proprio quartiere produttivo, dove erano conservati forni per vetri, laterizi e metalli, andava ben oltre il perimetro del chiostro centrale.
In particolare, si è capito che, nel corso della ricostruzione avvenuta tra la fine del X secolo e la prima metà del successivo, davanti ed ai piedi della basilica maggiore, fu costruito un quadriportico (forse si tratta di quello che il Chronicon Vulturnense chiama "chiostro esterno", attribuito all'azione degli abati Ilario e Giovanni V).
«Da oltre un ventennio, diverse generazioni di studenti dell'Università Suor Orsola Benincasa si sono formate professionalmente e scientificamente su questo cantiere - evidenzia Federico Marazzi, responsabile scientifico del progetto di scavo e docente di Archeologia medievale e cristiana all'Università Suor Orsola Benincasa - in alcuni casi raggiungendo poi esiti assai lusinghieri nelle loro successive carriere».
Il sito archeologico di San Vincenzo al Volturno conferma, così, la sua importanza come luogo unico in Europa per la conoscenza del patrimonio storico-artistico altomedievale, soprattutto grazie ai risultati messi in evidenza dagli scavi estensivi condotti in loco. «Il sostegno del MANN a questo importante scavo - spiega il direttore del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, Paolo Giulierini - rientra in un percorso iniziato con la mostra sui Longobardi e rivolto alla creazione, al MANN, di una sezione dedicata al Tardo antico che raccoglierà testimonianze dal V al IX secolo d.C.».