Una delle più frequenti accuse utilizzate dalla propaganda del Partito comunista per screditare il cristianesimo sostiene, da decenni, che esso sarebbe arrivato in Cina a braccetto dei conquistatori europei, insieme alle cannoniere delle « guerre dell’oppio » . In realtà, da tempo, studi approfonditi hanno stabilito che il Vangelo è entrato nel Regno di Mezzo all’inizio del VII secolo, vale a dire oltre settecento anni prima dell’arrivo degli spagnoli nelle Americhe. Un libro uscito da poco in Francia, Thomas fonde l’Eglise de Chine ( Editions du Jubilé), propone ora ragionevoli motivi per retrodatare ulteriormente l’arrivo della fede cristiana in Cina. I due autori - Pierre Terrier, un tecnico esperto di antichità cristiane e il sinologo Xavier Walter - arrivano a ipotizzare che il primo evangelizzatore del Celeste impero sia stato addirittura un apostolo: quello stesso san Tommaso cui una tradizione consolidata attribuisce l’inizio dell’evangelizzazione dell’India. Se si rivelassero fondate tali ipotesi, la storia del cattolicesimo cinese andrebbe riscritta daccapo. Forse è eccessivo l’entusiasmo con cui Studi Cattolici ha salutato i risultati del volume e le sue potenziali ricadute («i rapporti tra la Santa Sede e il governo di Pechino ne verrebbero necessariamente influenzati, aprendo la strada a soluzioni oggi impensabili » ); ma è senz’altro condivisibile l’idea che l’eventuale attribuzione del titolo di « apostolica » alla Chiesa cinese costituirebbe un fatto importantissimo. Alla luce di tutto ciò, si comprende come mai, nella sua recensione al volume di Terrier e Walter, la rivista France Catholique abbia parlato di esso come di una « bomba » destinata a provocare effetti devastanti nelle attuali acquisizioni scientifiche. Lo stesso Quotidiano del Popolo, testata ufficiale del governo cinese, ha predetto un « terremoto » se la cosa si rivelasse vera. Ma su cosa si fonderebbe la novità esplosiva del volume? Al cuore di tutto è l’interpretazione in senso cristiano che Pierre Terrier offre di alcuni dei bassorilievi su una parete rocciosa a Kongwang Shan, vicino al porto di Lianyangang ( nord di Shanghai), scoperti e studiati nei primi anni Ottanta da un team di ricercatori dell’università di Nanchino. Terrier, che ha compiuto una serie di sopralluoghi nella zona, propone una lettura nuova di tre figure umane le quali, a suo avviso, rappresenterebbero un apostolo con una croce, un suo discepolo a fianco con la mano alzata in segno di giuramento e una donna con un bambino in braccio. Un indizio giudicato fondamentale è un segno visibile in una scultura del bassorilievo che starebbe per il qof aramaico, tipico segno giudeo- cristiano che rimanda al bastone di Mosè nel deserto per salvare gli ebrei colpiti dai serpenti ed è anche la prima lettera di qyamtha, parola aramaica che significa « resurrezione » . La coincidenza di questi due elementi indicherebbe che la per- sona rappresentata nel bassorilievo era un cristiano che predicava in aramaico, indizio che avvalorerebbe l’identificazione con Tommaso. Sulla base di questa e altre « scoperte » gli autori del libro affermano che «un certo numero di testimonianze archeologiche implicano una possibile implantatio del cristianesimo in Cina nei primi secoli della nostra era » . Addirittura arrivano ad ipotizzare un anno preciso, il 65 d. C., nel quale San Tommaso in Cina arriverebbe dopo i suoi viaggi in India, non già tramite la celebre Via della seta ( impraticabile a causa delle guerre), ma via mare. Un indizio che avvalorerebbe tale ipotesi è il sogno dell’imperatore Mingdi ( 57- 75 d. C.), raccontato negli Annali degli Han posteriori ( 25- 220 d. C.), che allude all’arrivo di « un uomo biondo, grande, la cui testa era aureolata dalla luce, alto circa 2 metri » . Una descrizione che potrebbe più agevolmente corrispondere a un occidentale che a un indiano o a un cinese e che – azzardano gli autori – potrebbe essere intesa come una premonizione di Cristo o di Tommaso. Altri indizi archeologici – insistono Terrier e Walter – indicano presenze protocristiane in Cina: a Xuzhou – un tempo Pengcheng, capitale della provincia marittima dell’Impero – si trova una tomba collettiva datata 86 d. C. a forma di croce. Fin qui le ricerche e le ipotesi dei due autori, illustrate meticolosamente lungo le oltre 300 pagine del volume, arricchito di foto dei resti archeologici e una serie di disegni. Ma che ne dicono gli esperti, posto che sin qui le pur antiche tradizioni relative alla presenza di Tommaso in Cina erano considerate poco più che leggenda? Padre Jean Charbonnier, delle Missions etrangères de Paris, uno dei massimi esperti di storia del cristianesimo cinese, si mostra interessato alle tesi del libro. Spiega: « Il personaggio aureolato di luce che sarebbe apparso in sogno all’imperatore Han è stato fino ad oggi interprato come una visione di Buddha, ma la descrizione che egli ne fa non corrisponde alle rappresentazioni comuni di Buddha e potrebbe ugualmente essere interprato in un senso cristiano » . Ancora: «Il famoso tempio del Cavallo bianco a Luoyang è considerato come il primo santuario del buddismo in Cina, ma l’archeologia permette di rilevare la presenza anteriore di un vasto edificio che potrebbe essere una chiesa » . Perciò – concede l’anziano e autorevole studioso – « questi diversi indizi non sono in verità probanti, ma la loro convergenza rende plausibile una visita dell’apostolo Tommaso in Cina. Se alcuni buddisti venuti dall’India potevano penetrare nella Cina degli Han nel primo secolo, non è vietato pensare che qualche cristiano armeno, persiano o indiano potesse mescolarsi a loro » .