Musica. Rousset: «Il barocco? È un gioco da ragazzi»
Il maestro Christophe Rousset debutta alla Scala con "La Calisto" di Cavalli
«Il barocco è assolutamente contemporaneo e parla dell’oggi». Ne è convinto il maestro francese Christophe Rousset, direttore d’orchestra, clavicembalista e massimo esperto del barocco che ha contribuito a rilanciare col suo ensemble 'Les Talens Lyriques'. L’orchestra votata alla riscoperta di rarità compie 30 anni e festeggia con un fitto calendario internazionale il cui clou è il debutto alla Scala il 30 ottobre con l’opera La Calisto del veneziano Francesco Cavalli (mai rappresentata al Piermarini) in scena fino al 13 novembre. Si tratta della nuova produzione autunnale del teatro affidata al regista David McVicar con Chein Reiss nei panni della ninfa amata da Giove e trasformata poi nell’Orsa Maggiore. Basata sulle Metamorfosi di Ovidio, l’opera venne eseguita per la prima volta a Venezia nel 1651 su libretto di Giovanni Faustini e racconta le disavventure della ninfa Calisto, sedotta con l’inganno da Giove, e degli amanti virtuosi Diana ed Endimione. Oltre a una stagione internazionale di festeggiamenti sino a tutto il 2022 in cui si alterneranno autori dal barocco al primo 800 come Lully, Bach, Spontini, Pallavicino, Rousset e i suoi Talens continuano, come fanno da 15 anni, la loro importante attività didattica coi ragazzi difficili nelle scuole delle banlieue parigine.
Maestro Rousset, festeggiare i 30 anni dei vostri Talens alla Scala è un’emozione?
«È un onore, per me è anche il debutto alla direzione scaligera. Ringrazio il sovrintendente Dominque Meyer per avere scelto di presentare in questo tempio del belcanto il barocco di Cavalli, una cosa molto inconsueta per il pubblico milanese. La Calisto è una grande prima, un’opera bellissima con un soggetto molto attuale sulla violenza sessuale, l’abuso e l’inganno. C’è anche molta critica dell’ipocrisia del mondo veneziano dell’epoca».
Cosa si vedrà in scena? «Sono contentissimo della regia di McVicar che rispetta molto l’estetica del ’600. C’è un prologo ambientato nel 1600, ci sono riferimenti a Galileo, e nella favola c’è sempre accenno all’età barocca, anche se i costumi sono un po’ punk. Ci sono macchine, c’è il meraviglioso del teatro dell’epoca».
Perché il barocco non è molto frequentato dai grandi teatri?
«Forse in un teatro come la Scala il pubblico si aspetta la grande vocalità ottocentesca. Qui avremo cantati spettacolari di altissimo livello e invito tutti a lasciarsi sorprendere da un repertorio che offre anche arie molto affascinanti».
Lei si è definito un archeologo: i Talens hanno fatto tanto lavoro di riscoperta tra pubblicazioni e concerti.
«È vero. Ne La Calisto la mia parte archeologica è stato tornare allo spartito originale, ho voluto seguire le indicazioni di Cavalli, son contento di avere per la prima volta la distribuzione che volevo sui ruoli. Per suonarla alla Scala ho dovuto ampliare l’orchestra, integrando i nostri 20 elementi con 8 strumentisti della Scala. A Venezia l’opera era a pagamento, non si basava sul mecenatismo, quindi l’equilibrio finanziario era difficile e si risparmiava sull’orchestra. Ma la Scala ha dimensioni importanti. Ho aggiunto due viole, raddoppiato le corde da una a tre, ho aggiunto fiati cornetti e flauti dolci per avere più colori».
Il repertorio barocco cosa ci racconta in questo mondo sconvolto tra pandemia e musica sintetica?
«Il barocco conserva il suo fascino anche perché è un modo di astrarsi dalla realtà. Ci aspettiamo qualcosa di diverso, una proposta che ci fa sognare e viaggiare nel passato. Questo mi ha sempre affascinato. Io a Milano frequento spesso le gallerie d’arte per astrarmi da questa realtà a volte un po’ difficile. La bellezza dell’arte è una consolazione, un modo di trasferirsi in una dimensione umana un po’ più alta. Spesso la musica viene considerata un’arte elitaria, ma non lo è: piuttosto è una cosa che ci innalza, è un modo di edificarsi ».
Spesso i Talens incrociano il sacro: voi avete appena eseguito il concerto Le lacrime della vergine che andava da Monteverdi a Caldara.
«Nell’epoca barocca non c’era tanta differenza tra terreno e sacro, la presenza e la frequentazione di Dio erano quotidiane. Monteverdi stesso usa la stessa ouverture de I vespri della beata Vergine per l’Orfeo, si mescolava la dimensione dell’amor sacro e dell’amor profano. Oggi la dimensione spirituale è messa da parte ed è il motivo della grande crisi della nostra civiltà. Siamo perduti in un mondo di consumo, di internet, di comunicazioni facili, ma deleterie. Almeno l’arte è una maniera per tornare verso valori più alti, ma anche per ritrovare noi stessi, per concentrarci su un bisogno naturale, per capirlo e accarezzarlo. C’è qualcosa nell’arte che vive nella sfera intima».
È per questo che proponete il barocco a ragazzi che amano la trap e il rap? Non sono mondi completamente opposti?
«I ragazzi rispondono molto bene perché hanno una curiosità che noi adulti non abbiamo più, sono capaci di assorbire, sono spugne. Talens au collège è un successo e funziona molto bene. In 15 anni abbiamo seguito 2500 ragazzi. Oggi teniamo lezione a 250 allievi, supportati dal Ministero dell’Istruzione, in due licei, una scuola professionale e una scuola elementare pubbliche nelle periferie di Parigi. L’importante è rendere i ragazzi attivi, non solo ascoltatori, ma anche attori. Per cui abbiamo creato delle applicazioni scaricabli per capire l’orchestra, l’improvvisazione, l’interpretazione. Immaginate un’orchestra fatta da ragazzi che non hanno mai toccato uno strumento: è un’iniziazione, è avere un progetto insieme. E poi facciamo corsi di giornalismo, ripresa video, registrazione del suono».
I risultati?
«Questo lavoro è stato lodato dalle scuole, perché questi giovanissimi hanno tutti problemi di concentrazione, di bullismo e di violenza. Quest’anno nasce anche Le petit choeur des Talens, un piccolo coro. Lo scopo non è trovare nuove vocazioni artistiche, ma aprire la porta su un mondo che è una bellezza accessibile e non elitaria. Questo repertorio arriva ai giovani più del sinfonico e dell’opera 800, c’è un emozione semplice, un’armonia non troppo complicata dalle forme chiare».