Padova. Romantici e moderni, ma non impressionisti
Giovanni Segantini, “Paesaggio alpino con donna all’abbeveratoio” (particolare), 1893 circa
La città svizzera di Winterthur nel corso dell’Ottocento era un importante polo commerciale e industriale. Divenne anche un centro artistico molto significativo e internazionalmente famoso grazie all’attività di un gruppo di mercanti d’arte e di collezionisti che impiegarono le loro fortune in prestigiose raccolte. Come quella di Oskar Reinhart (1885-1965), discendente da una ricca famiglia che importava ed esportava prodotti in tutto il mondo, che dopo essersi ritirato dagli affari nel 1924, si dedicò esclusivamente alla costruzione della sua collezione d’arte, iniziata una quindicina d’anni prima e che dal 1951 è aperta al pubblico. Ispirata dalle teorie sull’arte di Julius Meier-Graefe e dalla berlinese “Jahrhundertausstellung deutscher Kunst” del 1906, che aveva riscoperto la poesia dipinta dei romantici e il sentimento per la natura dei realisti, la raccolta di Reinhart presenta delle peculiarità che la rendono unica tra le grandi collezioni svizzere nate tra Ottocento e Novecento. La principale peculiarità è senz’altro quella di essere poco rivolta all’arte dell’impressionismo francese, contrariamente all’orientamento dei maggiori collezionisti svizzeri del tempo, e di prediligere quello che Reinhart definiva «il contenuto poetico ed emozionale» al semplice virtuosismo pittorico, «la brillantezza piuttosto che l’oscurità, la semplicità piuttosto che le sofisticherie, la morbidezza piuttosto che la durezza, l’approccio sensuale piuttosto che l’espressione cerebrale ». Quadri, dunque, che rispondevano al gusto, fatto di eleganza e armonia, di Reinhart che non si era curato della modernità, ma aveva assecondato il proprio sentire. Fino in fondo, senza il timore di non essere contemporaneo abbastanza. Della collezione, composta da circa seicento quadri e sculture e settemila disegni, acquerelli e stampe di artisti tedeschi, svizzeri e austriaci operanti tra il XVIII e il XX secolo, giunge ora per la prima volta in Italia una selezione di settantacinque dipinti scelti da Marco Goldin per la mostra Dai romantici a Segantini, col bel sottotitolo Storie di lune e poi di sguardi e montagne. Capolavori dalla Fondazione Oskar Reinhart allestita a Padova al Centro San Gaetano (fino al 5 giugno).
Ferdinand Hodler, “Louise-Delphine Duchosal” (particolare), 1885 - Fondazione Oskar Reinhart / © SIK-ISEA, Zurigo / Philipp Hitz
La mostra si snoda attraverso sei sezioni tematiche la prima delle quali, partendo dai paesaggi (l’immagine della natura è centrale nella collezione) di fine settecento di Caspar Wolf che, secondo Goldin, «quasi anticipa Turner», ripercorre la storia della pittura di paesaggio in Svizzera fino agli anni Sessanta dell’Ottocento. Il percorso segnala i due ambiti linguistici della Confederazione elvetica nei quali si sviluppa la nuova descrizione della natura rispetto alle regole del classicismo: la parte francese legata principalmente all’esempio di Corot, come in Alexandre Calame e Barthélemy Menn e quella tedesca legata all’esempio di Courbet, come in Rudolf Koller e Frank Buchser. La parte dedicata alla pittura romantica in Germania, probabilmente quella di maggiore valore artistico, oltre a dipinti di Runge e Dahl, è contraddistinta dalla presenza di ben cinque opere di Capar David Friedrich tra cui il capolavoro Le bianche scogliere di Rugendove le figure che ci volgono la schiena e guardano il paesaggio fanno acquisire allo spazio una identità sacra. Anche quest’area della collezione, seguendo il tipo di sensibilità di Reinhart, è caratterizzata da dipinti più legati all’osservazione che alla fantasia e il tema della natura resta dominante pur se non mancano figure e scene di vita quotidiana come nell’Uomo che legge alla luce di una lampada di Georg Friedrich Kersting, del quale si conoscono non più di una dozzina di opere. Quindi, dopo essersi soffermata sulla figura di Böcklin, che occupa sulla scena europea della seconda metà del XIX secolo un posto molto significativo, attraverso le opere del suo periodo romano che risentono di uno sguardo profondo sulla natura ( Bambini che intagliano zufoli), è la volta di artisti quali Anker e di Hodler con le loro opere fortemente legate alla realtà nell’ambito del ritratto.
Caspar David Friedrich, “Le bianche scogliere di Rügen” (particolare), 1818 - Fondazione Oskar Reinhart / © SIK-ISEA, Zurigo / Philipp Hitz
Anker ha dipinto moltissime scene di vita quotidiana diventate occasioni per un diario sentimentale che sovente ha come protagonisti i bambini ( L’asilo), mentre Hodler è più attirato dal naturalismo acuminato di Holbein e dalle suggestioni tonali trasmesse da Degas, come si può percepire dall’opera La convalescente. Quindi è la volta della riflessione sulla situazione del realismo in Germania nella seconda metà dell’Ottocento fino alle prove di alcuni pittori, da Liebermann a Corinth, nell’ambito impressionista. Ma una delle figure più ammirate nell’intero secolo, è Adolph Menzel, colui che Degas considerava «il più grande maestro vivente», presente con alcune tra le più interessanti opere dell’intera esposizione. Infine, al centro dell’ultima sezione è il paesaggio nella pittura svizzera a cavallo tra Ottocento e Novecento con protagonisti Giovanni Segantini con il senso di sospensione cosmica, di calma e beatitudine del suo Paesaggio alpino con donna all’abbeveratoio e Ferdinand Hodler che con Sguardo verso l’infinito, come precisa Goldin, «sembra quasi sintetizzare il guardare alla conclusione della vita come a una sfuggente realtà presa ormai dall’infinito».