Novecento. Romano Guardini “contro” Rainer Maria Rilke, poeta del vuoto
Leonid Pasternak, "Ritratto di Rainer Maria Rilke"
«Le distruzioni della slavina non cominciano appunto nelle macerie del profondo, ma là dove dei piccoli pezzi si staccano dalle belle e orgogliose vette. La ricerca sulla malattia e sulla coscienza dell’Europa non ha avuto ancora di gran lunga il coraggio di ricercare le cause del disastro dove esse propriamente si trovano» scrive Romano Guardini nel suo confronto serrato e schietto con le Elegie duinesi. Non si tratta di pagine di critica letteraria né di leziose argomentazioni filosofiche quelle confluite ora in Rainer Maria Rilke (pagine 678, euro 50), che raccoglie tutti gli interventi del filosofo italo-tedesco dedicati al poeta praghese e in appendice la recensione, critica, che Hans-Georg Gadamer dedica all’interpretazione del collega cattolico.
Il volume, che da oggi è in libreria, prosegue la pubblicazione dell’opera omnia di Guardini ad opera della casa editrice Morcelliana. Guardini contro Rilke. Così potrebbero suonare in sintesi le seicento pagine di analisi delle Elegie duinesi, il capolavoro del poeta boemo. Le parole del filosofo sono spietate a volte, perché «attraverso la problematica che era viva in Rilke trapelava qualcosa del segreto stato interiore dell’epoca» contemporanea, continua Guardini.
Come sottolinea più volte anche Lucia Mor nella preziosa introduzione, uno degli snodi cruciali del lavoro è l’indagine della spersonalizzazione dell’uomo operata e voluta da Rilke. Il pensatore nato a Verona propone una disamina dei versi del poeta assumendo il punto di vista cattolico. Rilke «va preso sul serio» per quello che è e per la Weltanschauung, come recita il nome del corso tenuto da Guardini alla Friedrich-Wilhelm-Universität di Berlino a partire dal 1923, che esprimono i suoi versi. Per Guardini Rilke sarebbe «il più coerente tra tutti gli individualisti, e con ciò noi tocchiamo il problema intimo di una figura così ricca di problemi, perché dissolve la personalità».
«Essere persona vuol dire per l’uomo essere se stesso; disporre di se stesso e rispondere di se stesso – precisa il pensatore cattolico –. Ma “se stesso” non è solo lo spirito, bensì l’uomo, unità di spirito e corpo. Il fatto che questa unità venga distrutta è un disonore sul piano ontologico ». Ed è proprio la dissoluzione dell’unità delle persona a essere cantata dal grande poeta dell’Austria infelix. «Secondo il messaggio delle Elegie duinesi, la nostra vita raggiunge il suo significato ultimo – insiste Guardini – quando diviene puro spettacolo, pura immagine; quando viene eliminato tutto ciò che si chiama vivere, volere, assumere responsabilità, tutto ciò che si manifesta come sguardo nello sguardo, Io e Tu, garantire l’uno per l’altro».
L’uomo, per Rilke, «non ha sostanza, non ha centro vitale, non ha personalità: è maschera e marionetta. E chi guarda non può egualmente essere di più, può essere soltanto il guardare, l’azione di guardare. Occhio senza nessuno che guarda». Per il poeta, dunque, «siamo puri occhi che contemplano senza una volontà di vivere e di essere, del tutto soddisfatti dal fatto che lo spettacolo abbia luogo e che lo si guardi». Ma l’uomo è occhio e marionetta non per accidente ma perché «l’Io disturba. E non solo l’Io egoistico che mira sempre ad affermare e ad evidenziare se stesso, ma l’Io in genere, la persona. La persona non appartiene all’esistenza autentica, ma deve essere superata con l’atto dell’amore perfetto, affinché questo possa passare nella dimensione astratta, priva di concretezza». Questa mancanza di concretezza serve a prendere le distanze da se stessi da parte dell’uomo. «Le sue radici psicologiche consistono in un’estrema incapacità ad attuare un vero legame personale con altri, analoga alla già citata incapacità di legarsi a un paese come a una patria».
Ma la distruzione di ogni legame e l’allontanamento da se stessi non è casuale. È la diretta conseguenza della tracotanza umana che ha voluto assumere su di sé, a partire dall’epoca moderna, responsabilità prima attribuite alla divinità. L’uomo «pretende da sé ciò che non è in grado per natura di soddisfare. Perciò un simile atteggiamento doveva implodere». Non riuscendo a fare fronte ai compiti che si era assunto l’uomo rinuncia a se stesso, alla propria personalità. Fugge, così, volontariamente da sé per evitare i gli oneri che il progetto moderno gli aveva attribuito. Spezza l’unità della persona, e attribuisce la libertà delle decisioni ad altri. «Non esiste un imporsi di forme o di volontà collettive a spese dell’individuo – scrive Guardini –, se quest’individuo non ha il desiderio di rinunciare a se stesso. L’istanza totalitaria può trionfare nella forma in cui trionfa oggi solo se il singolo vuole essere liberato da se stesso, solo se il singolo avverte come fatica e smarrimento l’impegno della dignità e della responsabilità, l’austerità del dovere e la grandezza della libertà».
Questa tendenza, Romano Guardini, la chiama «autoalienazione della persona » che «crea uno spazio vuoto, in cui possono irrompere le potenze della totalità. Di più ancora: uno spazio che chiama queste potenze. Nel mondo della vita non esiste un vuoto durevole; non appena se ne costituisce uno, agisce come un risucchio che attira l’onda. Questo vuoto che risucchia si manifesta nella poesia di Rilke».
© RIPRODUZIONE RISERVATA L’opera omnia del filosofo si arricchisce delle ampie riflessioni dedicate al poeta austriaco: «È il più coerente tra tutti gli individualisti, e con ciò noi tocchiamo il problema intimo di una figura così ricca di problemi, perché dissolve la personalità» Sceondo il pensatore italo-tedesco l’uomo così come lo concepisce il poeta «non ha sostanza, non ha centro vitale, non ha personalità: è maschera e marionetta» Romano Guardini / San Paolo