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Protagonisti. La figlia Francesca: «Rivive nei giovani mio papà Giorgio Ambrosoli»

Laura Badaracchi domenica 10 luglio 2022

Giorgio Ambrosoli con la figlia Francesca bambina

Ricordi filtrati e ricostruiti dallo sguardo di una bambina poco più che undicenne, che si chiede disperata 'perché?' quando in una notte d’estate, mentre è in vacanza a Montemarcello (La Spezia) con la madre e i due fratelli più piccoli, arriva la telefonata che li informa della tragica morte del papà, ucciso l’11 luglio 1979 a colpi di pistola da un sicario davanti alla sua casa milanese. L’avvocato 45enne Giorgio Ambrosoli, commissario liquidatore della Banca Privata Italiana del finanziere siciliano Michele Sindona, muore in ambulanza, lontano dalla sua famiglia. «Non capisco come si possa volergli male», racconta nella biografia scritta con Luisa Bove ed edita dalla San Paolo (pagine 208, euro 16,00) Francesca, primogenita, nata nel ’68 e seguita dai fratelli Filippo (scomparso quarantenne nel 2009 per un arresto cardiaco) e Umberto, classe ’71. Insegnante elementare, sposata e madre di tre figli dai 24 ai 21 anni, dal 2006 va nelle scuole di tutta Italia per parlare di «una persona perbene, onesta, rigorosa, determinata nel suo lavoro », ammazzata per la sua fedeltà allo Stato. «Il vuoto incolmabile che lasciano certe morti improvvise e premature – frutto di violenza e ingiustizia – è difficile da immaginare per chi non l’ha sperimentato. Francesca descrive quel vuoto con parole pacate e pesate... lasciate maturare a lungo nella coscienza prima di imboccare la via della scrittura», sottolinea don Luigi Ciotti nella Prefazione. Francesca ricorda quel periodo come il più faticoso della sua vita: «Ancora oggi, quando ripercorro quei momenti, mi vengono le lacrime agli occhi». Ma quella sofferenza non ha avuto l’ultima parola.

"Dolore, orgoglio, memoria" è il sottotitolo che ha scelto. Perché?

Dal dolore all’orgoglio: dopo oltre 40 anni dalla morte di papà definirei così il percorso che mi separa da lui, nel tempo e nello spazio. E poi la memoria ancora viva: a volte ci sembra quasi, come familiari, di essere invadenti e troppo presenti nel ricordarlo in tante occasioni, grazie anche al premio intitolato a lui e all’associazione civile che porta il suo nome. A me capita di parlarne nelle scuole dove sono invitata ma anche per la strada. Attraverso l’associazione 'Libera' ho condiviso momenti di memoria legati anche ad altri familiari di vittime innocenti.

Cosa l’ha spinta a scrivere una biografia di suo padre?

Mi sono sposata 25 anni fa e, quando sono nati i miei figli, ho iniziato a raccontare loro chi era nonno Giorgio, cosa gli è successo e perché lo si ricorda ancora oggi. Tengo molto anche al mio impegno pubblico per mantenere viva la sua memoria: mi piace testimoniare ai ragazzi nelle scuole, ma non solo, quello che papà ha fatto per il Paese, quali erano i valori in cui credeva e l’insegnamento che ci ha lasciato. Nel libro descrivo soprattutto ciò che ho provato: rabbia, dolore, tristezza. Sentimenti ed emozioni che mi hanno fatto crescere e maturare.

A chi è dedicato il volume?

Ai miei tre figli, chiamati a convivere con questa storia, a conoscere il nonno attraverso le mie parole e quelle di mia madre, dei miei fratelli. Hanno vissuto da vicino questa figura senza mai poterla incontrare direttamente, lui che era festaiolo e di buona compagnia, amava fare scherzi e sorprese. Il libro è dedicato anche ai ragazzi incontrati negli anni, perché hanno bisogno di conoscere storie simili e avere valori a cui ispirarsi: volevo renderli partecipi, se non protagonisti, con il loro sguardo, perché mi sorprendono spesso con il loro punto di vista e le loro sensazioni. In tanti mi confidano che aver conosciuto attra- verso di me la figura di mio padre è stato un punto di riferimento determinante negli studi o nel lavoro: parole che mi commuovono.

In che modo la fede l’ha sostenuta?

La nostra è una famiglia credente e la fede ci sostiene molto, in particolare penso all’esempio della mamma Annalori, ma anche alla nonna materna Linda, come pure a validi educatori e a don Giovanni Gola, l’assistente scout della parrocchia di San Vittore che ci è stato sempre vicino. In me non c’è mai stato alcun desiderio di vendetta e non provavo rancore: mia madre è stata determinante nel nostro modo di pensare e di credere. Ultimamente con alcuni familiari di vittime, anche loro aderenti a 'Libera', ci confrontiamo sul tema del perdono incontrando i detenuti, che raccontano le loro storie. I rei e le persone che hanno subito un reato, insieme, per vincere pregiudizi. Il perdono, come punto di partenza, fa sì che i muri non ci siano.

Nella donna che è ora, quali tratti riconosce del suo papà?

Sicuramente poter conoscere e apprezzare le persone, il bello delle relazioni. E poi lavorare con passione, impegno, dedizione, perseveranza.

Come verrà ricordato Giorgio Ambrosoli l’11 luglio?

Da anni il presidio di 'Libera Milano' dà appuntamento verso le 22 per una fiaccolata che parte poco distante per arrivare in via Morozzo della Rocca 1, nel punto in cui è stato ucciso; saranno presenti autorità del Comune e verranno letti brani del libro. Parte del ricavato delle vendite andranno all’associazione Girasole, che si occupa di detenuti.