Anniversario. Riscoprire William Henry Hudson, l'inglese della pampa
Lo scrittore e naturalista William Henry Hudson
Trattando del picchio che vive nella pampa argentina, Darwin in L’origine della specie scrisse che non frequenta gli alberi, dato che non ce ne sono. William H. Hudson, che conosceva la pampa molto meglio che casa sua, scrisse alla Royal Zoological Society che la pampa annovera una buona quantità di alberi, che il picchio li conosce tutti e che ha una predilezione per l’ombù. Quando Darwin rieditò il saggio, ricorderà le «preziose informazioni fornite da Mr Hudson, eccellente osservatore ».
“British author, naturalist and ornithologist”, scrive l’Enciclopedia Britannica di William Henry Hudson (1841-1922) il meno noto dei vittoriani, fuori e dentro Inghilterra. “British” quanto poteva esserlo uno nato a Buenos Aires da genitori del New England e vissuto in Argentina fino a 28 anni, partendone già esperto naturalista. Hudson era scrittore inglese perché scriveva in inglese, ma come lo era il polacco Conrad. E quanto è americano il russo Nabokov? Fosse o meno una battuta, per Borges – anche lui inglese per metà – era uno scrittore argentino.
La definizione della “Britannica” suggerisce una seconda riflessione. Che il naturalista e l’ornitologo hanno pregiudicato il narratore, come accade in casi simili, tra i critici prima che tra i lettori. I tanti saggi del naturalista, solidi di un’esperienza tutta sul campo, percorsi di una sensibilità per gli animali allora quasi inspiegabile, scritti come si intuisce, hanno ostacolato le opere del narratore. Si può nuocere poi anche molto inavvertitamente, e se la “Britannica” definisce i suoi libri narrativi «exotic romances», innocua e pertinente definizione e pietra tombale, cosa scriveranno le altre?
Quel che è certo è che legò al Sudamerica le sue maggiori prove di narratore: The Purple Land that England Lost (1885), Green Mansions. A Romance of the Tropical Forest (1904) e Far Away and Long Ago( 1918). (A proposito di quest’ultimo, rievocazione degli anni dell’infanzia, viene da pensare che un titolo può esser bello pur astraendosi dal significato: Un mondo lontano, come è “riassunto” in italiano, non manca di evocatività ma resta distante da quella dell’originale). Quanto al versante naturalistico della sua attività, ecco solo alcuni titoli: Argentine Ornitology (1888); The Naturalist in La Plata (1892); Idle Days in Patagonia (1893); Lost British Birds (1894); Hampshire Days (1903); The Book of a Naturalist (1919); A Traveller in Little Things (1921). Green Mansions – tradotto da noi Verdi dimore ma da Montale (traduttore d’eccezione è dire poco) La vita della foresta preferendo il sottotitolo – custodisce una della figure femminili o uno dei personaggi di fantasia più memorabili del secolo scorso: la troppo misconosciuta Rima.
Scriverà l’autore, semplificando per mirare allo scopo del momento, che nel suo romanzo ha voluto evocare la «storia di quegli uccelli e di quella antica bellezza che inevitabilmente perisce se toccata dalle mani di barbari individui, in specie di quelle dei collezionisti, luccicanti di denaro e assassine». Rima per il lettore è di più. Creatura che non può essere inventata ad alcuno scopo, anche se diventa tutto il resto. Proprio per quella gratuità può diventare il resto: simbolo della natura libera e minacciata; della libertà dell’infanzia; bambina o ragazza-uccello, che li riassume tutti... Occorreva un traduttore come Montale per percorrere tutte le variazioni e modulazioni del canto di Rima sempre irripetibile. Dei colori sempre cangianti – nella luce che penetra tra i rami e le foglie della foresta – dei capelli o della veste. Figura imprendibile che Hudson ha saputo fermare, nelle sue pagine, con la passione felice e dolorosa del naturalista e la fantasia del narratore. Di più di Rima non si può dire. Non si può che leggere.
La voce di Hudson ha presto assunto quei toni malinconici, cordiali, fondi, di una profonda onestà, che conserverà fino alle ultime prove. Toccando a tratti il pessimismo che ognuno vi riconosce, un senso del tragico – che ha il suo centro nello scontro o nell’estraneità essere umano- natura – davvero tutti suoi, attenuati da quella cordialità. La sua ispirazione è il risultato dell’incontro della cultura e della sensibilità più raffinate con la vita naturale, come a volte in Kipling o come in Conrad. Green Mansions ha un successo immediato, tanto da suggerire la riedizione di The Purple Land, celebrato ora dalle stesse riviste che l’avevano malmenato alla prima uscita vent’anni prima. Ma il successo si esaurì in un breve giro di anni, malgrado le “garanzie” dei maggiori scrittori del tempo, Lawrence e Hardy, Madox Ford, lo stesso Conrad.
La relazione dell’autore con gli editori non migliorava la situazione. Con le parole di Rossana Bonadei, erano per lui: «temutissimi esemplari da includere nel ristretto numero delle creature a lui in odio, insieme a “parassiti, ermellini, donnole e furetti”». Non aveva alcuna difficoltà nel confessare agli amici, alcuni dei quali tra gli scrittori nominati sopra, che alla loro compagnia preferiva quella degli alberi di Hyde Park. Scriverà in Hampshire Days: «Il cielo azzurro, la terra buona al di sotto, l’erba, gli alberi, gli animali, il vento e la pioggia e le stelle non mi sono estranei... Mi sento estraneo soltanto nei riguardi dei miei simili, specialmente nelle città dove gli uomini vivono in condizioni per me innaturali, a loro gradevoli».
Cosa scriveranno di Hudson le altre enciclopedie, ci chiedevamo. Non si minerà certo l’autorità della “Treccani”, osservando che la sua versione online dedica all’autore una voce non semplicemente insufficiente, aspetto forse opinabile, ma imprecisa e generica. Quanto alla “Larousse”, per ricorrere a un ultimo esempio, ha una scheda diffusa e quasi affettuosa dal taglio dell’articolo. Più precisa sul luogo di nascita (Quilmes), inverte i ruoli rispetto alla “Britannica”: «ornitologo e scrittore». E sostiene, senza errore ed equivocando a metà, che Far Away and Long Ago (“Là-bas, jadis”) «est un classique de la littérature argentine». Alla sua morte, il 18 agosto 1922 (esattamente un secolo fa), ottantunenne, Hudson lascia quasi tutto quello che possiede alla Royal Society for the Protection of Birds. Disse una volta che spesso aveva intrapreso lo studio della metafisica, ma che fu sempre «interrotto dalla felicità». E queste parole di Joseph Conrad, infine, rendono superflue tutte le voci di enciclopedia: «Scrive come l’erba cresce».