Non solo calcio. Riecco Milan-Inter, il derby che non finisce mai
Bandiere del Milan e dell'Inter appese in via Paolo Sarpi, a Milano
Un cavallo che mangia della biada davanti allo stadio di San Siro…
Vedendolo, milanisti e interisti si saranno stropicciati gli occhi, quel 2 dicembre 1973. Era la prima domenica di austerity, le auto non potevano circolare ma, pur di assistere al derby, alcuni tifosi rossoneri di Sesto San Giovanni avevano utilizzato un carro trainato da un ronzino che regalò a tutti un momento di ilarità. E, probabilmente, di nostalgia.
Il 17 giugno 1945 si giocava la prima stracittadina dopo la fine della guerra. Ed era una Milano felice, con tanta voglia di divertirsi, quella che accorse a San Siro e in cui si immerse Franco Loi, che ne L’Angel ha narrato quel «tri a vün (per il Milan) de fà tremà i curtìl». E come non pensare al clima in cui si svolse la sfida del 4 novembre 1917, con i milanesi terrorizzati da un possibile ritorno dei todèsch che avevano sfondato a Caporetto? Sul campo di via Goldoni l’Inter vinse 1-0 con un gol di Ermanno Aebi, che aveva sostituto nei cuori dei neroazzurri Virgilio Fossati, deceduto l’anno precedente a Monfalcone durante un attacco agli austriaci. Ma possiamo scommettere che i pensieri di tutti gli spettatori fossero altrove, sul fronte.
Da sempre, il derby si intreccia con la Storia e con gli avvenimenti della città che ha la fortuna di viverlo. La stracittadina non è mai solo football. È altro. Il derby è Bruno Quaresima, che lo disputa (perdendolo) per la prima e unica volta l’11 aprile del 1948: esattamente tre anni prima, il giocatore dell’Inter se ne stava rinchiuso nel campo di lavoro nazifascista di Mühldorf am Inn, vicino a Dachau. Ora, correva sul prato di San Siro. Il derby è i fratelli Baresi che, dopo un’infanzia degna de L’Albero degli zoccoli in un paesino del bresciano, dopo aver perso entrambi i genitori, si fanno fotografare all’inizio del loro primo derby a casacche invertite. È il 12 novembre 1978, e il Milan trionferà con un gol di Aldo Maldera.
Il derby è i giocatori che lo disputano, le loro storie, ma anche gli spettatori che lo vivono. Perché, come scriveva Gianni Brera: «La partita di calcio è quasi sempre un dramma completo». Basti pensare al 6-5 per l’Inter del 1949, con il Milan in vantaggio per 4-1 dopo diciannove minuti. Si narra che i giocatori rossoneri, raggiunto quel punteggio, decisero di fermarsi per non umiliare gli avversari. Ma non avevano fatto i conti con l’orgoglio dei neroazzurri, capaci di un sorpasso da urlo. Verso la fine, il Milan prese pure una traversa, altrimenti la partita sarebbe finita 6-6. Oppure, come non citare la recente doppietta di Giroud del 5 febbraio 2022. L’Inter vince 1-0 ed è assoluta padrona del campo, tanto che il suo allenatore sostituisce alcuni dei suoi uomini migliori. Quattro minuti, e la situazione si ribalta, portando il Diavolo ad aggiudicarsi la sfida e poi il tricolore. Solo la poesia, la letteratura, il cinema (o l’amore) regalano emozioni simili.
Ogni incontro di calcio è gioia o dolore, e la rivalità cittadina le eleva alla massima potenza. Ed è per questo, per ciò che significa, che i cambiamenti di maglia non possono essere tollerati. Ne sa qualcosa Fulvio Collovati che, sovrastato e umiliato da Mark Hateley nel derby del 28 ottobre 1984, è diventato il simbolo di ciò che succede quando si “tradisce”. Quell’immagine è un’icona, ma anche un avvertimento. Perfino il grande Giuseppe Meazza cadde vittima di questo codice d’onore. Regalato dall’Inter al Milan per l’occlusione di un’arteria del piede sinistro che aveva reso l’arto insensibile, con i rossoneri riprese a giocare regolarmente. E all’Arena, il 9 febbraio 1941, siglò il definitivo 2-2 nella porta “sbagliata”, quella della “sua” Inter. Un gol che non venne digerito dai tifosi interisti a cui, per anni, aveva donato enormi soddisfazioni. Dopo essere stato apostrofato per tutto l’incontro con termini poco simpatici, il Balilla fu costretto ad abbandonare l’Arena da un’uscita secondaria.
La gratitudine svanisce, se ti trasferisci da una parte all’altra del Naviglio. Solo i cinque fratelli Cevenini riuscirono a farlo senza problemi. Tutti, ma proprio tutti, passarono almeno una volta dal Milan all’Inter. Il caso più clamoroso fu quello di Luigi, il più bravo e famoso della stirpe, soprannominato Zizì (zanzara) per la sua parlantina. Dopo l’esordio in rossonero durante la stagione 1911-12, si vestì di neroazzurro per tre anni. Quindi, il ritorno alla “casa madre” dal 1915 al 1919, seguito da un terzo e definitivo cambio di maglia. Qualcosa di incredibile, di cui sarebbe interessante conoscere le dinamiche. Anche perché ai Cevenini sono legati due record della stracittadina meneghina. Tre di loro, con la casacca rossonera, giocarono nell’incontro che ha fatto registrare il massimo divario di reti, un 8-1 per il Milan nella finale spareggio della Coppa Mauro 1918. E poi, tutti e cinque, si schierarono, stavolta con la maglia dell’Inter, nella sfida del 30 gennaio 1921, finita 1-1. Cinque fratelli, in un derby di campionato, non si erano mai visti. E non si vedranno mai più…